Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19143 del 16/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19143 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: MACCHIA ALBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PIROVANO PIER FRANCO N. IL 28/06/1944
avverso la sentenza n. 4486/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
03/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
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R.

Data Udienza: 16/04/2013

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.
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Con sentenza del 3 aprile 2012, la Corte di appello di Milano in parziale
riforma della sentenza emessa il 30 novembre 2009 dal Tribunale della medesima
città nei confronti di PIROVANO Pier Franco, ha dichiarato non doversi procedere
nei confronti del predetto per essere il reato di truffa al medesimo ascritto estinto per
intervenuta prescrizione, confermando le statuizioni civili al risarcimento del danno
in favore della parte civile Losi Matteo.
Propone ricorso per cassazione il difensore il quale lamenta, nel primo motivo,
la mancata applicazione del capoverso dell’art. 129 cod. proc. pen. pur in presenza di
una prova contraddittoria o insufficiente. Si lamenta, poi, vizio di motivazione in
ordine alla ritenuta superfluità della perizia richiesta. Dalle deposizioni in atti, infatti,
sarebbe emerso che dopo l’incendio l’abitazione era stata ripristinata nella condizione
antecedente, con la conseguenza che la parte offesa non avrebbe subito alcun danno.
La Corte avrebbe errato in quanto si sarebbe riferita alle condizioni dell’appartamento
subito dopo l’incendio, senza considerare l’intervento di ripristino. Non risulterebbe
dunque provato che l’appartamento avesse subito un danno strutturale. Mancherebbe
poi motivazione in ordine alla condotta truffaldina addebitata all’imputato, non
avendo il medesimo partecipato alla fase della consegna dell’immobile ed alla stipula
del rogito o che avesse impartito disposizioni per tenere la parte offesa all’oscuro dei
fatti. Non sussisterebbe poi la prova dell’ingiusto profitto in quanto i danni sarebbero
stati integralmente riparati, nè sussisterebbe prova alcuna in ordine alla sussistenza
dell’elemento psicologico, riproducendosi, al riguardo, ampi stralci delle
dichiarazioni rese in dibattimento dall’imputato. Da tali dichiarazioni emergerebbe, in
particolare, che l’imputato ha agito nella convinzione di vendere un immobile in
condizioni identiche a quelle originarie, a seguito delle opere di ripristino compiute.
Il ricorso è palesemente privo di giuridica consistenza. A proposito, infatti,
della insistita doglianza relativa al mancato espletamento di una perizia volta ad
accertare i danni patiti dall’immobile a seguito dell’incendio, va ribadito che la
perizia, per il suo carattere “neutro” sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso
alla discrezionalità del giudice, non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva:
ne consegue che il relativo provvedimento di diniego non è sanzionabile ai sensi
dell’art.606 comma primo lett. d) cod. proc. pen., in quanto giudizio di fatto che se
sorretto da adeguata motivazione è insindacabile in cassazione. (ex plurimis, Sez. 4,
n. 14130 del 22/01/2007 – dep. 05/04/2007, Pastorelli e altro, Rv. 236191). Ben
possono le parti introdurre il tema della prova tecnica anche attraverso proprie
consulenze, sulle quali — e a fronte delle quali — si introduce il contraddittorio e
l’esaustivo sviluppo del relativo tema. Nella specie, i giudici del merito hanno
reputato congruo, agli effetti del decidere, il materiale già acquisito, offrendo sul
punto una motivazione del tutto esauriente e logica sulla natura e l’entità dei danni
subiti dal manufatto e sulla tipologia degli interventi solo in parte ripristinatori dello
status quo ante, palesemente e callidamente sottaciuti alla parte acquirente, per diretta/4

OSSERVA

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 aprile 2013
Il Co

l ere estensore

Il Preside/ne

e personale iniziativa dell’imputato. Sussistono, dunque, i presupposti tutti per la
declaratoria di prescrizione e per la conferma delle statuizioni civili, posto che i
rilievi del ricorrente risultano orientati, pressochè integralmente, a rievocare
tematiche di merito, il cui scrutinio ed il cui apprezzamento — esaurientemente
condotto nei pertinenti gradi di giudizio — si sottrae palesemente all’odierno sindacato
di legittimità.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di
una somma che si stima equo determinare in euro 1.000,00 alla luce dei principi
affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

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