Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19140 del 16/04/2013
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19140 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: MACCHIA ALBERTO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SPINELLI MARCO N. IL 01/05/1958
avverso la sentenza n. 629/2010 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
16/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IQ 21(4A-t/ft; ‘.
che ha concluso per e;utitA,Iu{7, ,k,444,„A 2-4=-vrk
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Data Udienza: 16/04/2013
Con sentenza del 16 dicembre 2011, la Corte di appello di Bologna, giudicando
in sede di rinvio a seguito dell’annullamento pronunciato da questa Corte con
sentenza del 20 aprile 2010, in riforma della sentenza emessa il 24 marzo 1999 dal
tribunale di Ferrara, ha dichiarato SPINELLI Marco colpevole del delitto di cui
all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 al medesimo ascritto e, ritenuta la continuazione
tra i fatti di cui al presente procedimento e quelli giudicati con sentenza della Corte di
appello di Bologna del 26 giugno 2000 e dal Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Bologna del 30 aprile 2004, ritenuto più grave il reato giudicato con la
prima sentenza, ha determinato l’aumento per la continuazione in anni due di
reclusione ed euro 10.000 di multa, così determinando la pena complessiva finale in
anni sette e mesi uno di reclusione ed curo 44.333.333 di multa.
Propone ricorso per cassazione il difensore il quale deduce che i giudici del
rinvio avrebbero omesso di rispettare i dicta promananti dalla sentenza di
annullamento di questa Corte, in quanto la Corte di rinvio avrebbe motivato solo in
apparenza sulle risultanze probatorie, laddove non si sarebbe adeguatamente misurata
con gli opposti argomenti posti a base della decisione assolutoria assunta in primo
grado. Si richiamano in particolare le dichiarazioni rese da Cimicchi Paola e da
Barolini Davide e viene prospettata la inverosimiglianza delle dichiarazioni
accusatorie. Si contesta poi l’assunto sulla cui base il giudice del rinvio è giunto a
ritenere intrinsecamente attendibile il Cirielli, avuto riguardo al sentimento di rivalsa
che lo animava; non senza sottolineare le numerose accuse mosse nei confronti di
terze persone e le reticenze e falsità che avrebbero costellato le sue dichiarazioni. La
Corte non avrebbe poi motivato circa la eccezione di divieto di bis in idem rispetto ai
fatti giudicati dalla Corte di appello di Bologna con sentenza del 26 giugno 2000 e
non avrebbe valutato le dichiarazioni rese dalla convivente dello SPINELLI,
Zambonati Patrizia, da Cimicchi Paola e da Bartolini Davide. Si lamenta, poi, la
mancata concessione delle attenuanti generiche e si deduce la erroneità della pena
pecuniaria complessiva indicata in euro 44.333.333, in quanto la condanna alla pena
pecuniaria comminata dalla Corte di appello di Bologna con la sentenza del 26
giugno 2 000 era espressa in lire e non in euro.
Il motivo di ricorso sulla pena è fondato, in quanto erroneamente è stata
determinata la pena pecuniaria complessiva partendo dalla sanzione determinata con
la prima sentenza ma espressa in lire e non in euro. La pena pecuniaria deve pertanto
essere rideterminata in euro 28.215.
I restanti motivi di ricorso sono inammissibili in quanto gli stessi risultano solo
formalmente evocativi dei prospettati vizi di legittimità, ma in concreto sono
articolati esclusivamente sulla base di rilievi di merito, tendenti ad una rivalutazione
delle relative statuizioni adottate dalla Corte territoriale. Statuizioni, per di più,
sviluppate sulla base di un esauriente corredo argomentativo, proprio sui punti in
relazione ai quali il ricorrente ha svolto le proprie censure, evidentemente tese ad un
improprio riesame del fatto, estraneo al perimetro entro il quale può svolgersi il
OSSERVA
sindacato riservato a questa Corte. Per altro verso, si tratta di censure tutte
ampiamente riproduttive di questioni già agitate in sede di merito: il che rende le
stesse prive di sostanziale specificità. Quanto alla eccezione relativa alla pretesa
violazione del divieto di bis in idem, si tratta di doglianza generica prospettata solo in
sede di conclusioni rassegnate nel corso della discussione, così come aspecifiche
sono le censure espresse in punto di attenuanti generiche.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena pecuniaria che
ridetermina in euro 28.215. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2013
Il Consi
estensore
Il Presidente
P. Q. M.