Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19139 del 08/04/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19139 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: FRANCO AMEDEO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Kharbouche Abdelmajid, nato a Beni Mellal
(Marocco) il 5.8.1979;
avverso la sentenza emessa il 19 luglio 2013 dal giudice del tribunale di
Milano;
udita nella udienza in camera di consiglio dell’8 aprile 2014 la relazione
fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
lette le conclusioni del Procuratore generale, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso;
Svolgimento de/processo
Con sentenza emessa il 19 luglio 2013 ai sensi dell’art. 444 cod. proc.
pen., il giudice del tribunale di Teramo applicò a Kharbouche Abdelmajid, in
relazione al reato di cui all’art. 73, quinto comma, d.p.R. 309 del 1990, per avere detenuto a fini di spaccio sostanze stupefacenti di tipo hashish ed eroina, la
pena, concordata tra le parti, di anni 2 e mesi 4 di reclusione ed € 6.000 di multa
ciascuno, con esclusione della contestata recidiva (p.b. anni 3 e mesi di reclusione ed € 9.000 di multa, ridotta ex art. 444).
L’imputato propone personalmente ricorso per cassazione deducendo violazione di legge ed omessa motivazione in ordine alla mancata pronuncia di
proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Motivi della decisione
Il ricorso è inammissibile.
Ed invero, nel caso di sentenza di applicazione della pena su richiesta delle
parti, l’obbligo di motivazione non può non essere conformato alla particolare
natura giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non
potendo ridursi il compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto

Data Udienza: 08/04/2014

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del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione; ne
consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui
all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano
concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione — anche implicita — che è stata compiuta la verifica
richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. Un., 27 settembre 1995, Serafino,
m. 202.270), il che nella specie si è appunto verificato, avendo la sentenza impugnata escluso la sussistenza dei presupposti per l’applicabilità dell’art. 129
cod. proc. pen.
Il motivo è anche generico perché non è stata nemmeno indicata la causa
di proscioglimento che non sarebbe stata presa in considerazione.
Non vi sono ragioni per rilevare la illegalità della pena.
In applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in
€ 1.500,00.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, 1’8
aprile 2014.

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