Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19138 del 02/04/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19138 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
– MARCHIORO FRANCO, n. 5/12/1941 a PADOVA

avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di PORDENONE in data 4/11/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Paolo Canevelli, che ha concluso per l’annullamento con rinvio
dell’ordinanza impugnata;
udite, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. L. Colombaro, che ha chiesto
accogliersi il ricorso, con annullamento dell’ordinanza impugnata;

Data Udienza: 02/04/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 4/11/2013, depositata in pari data, il tribunale del riesame
di PORDENONE, rigettava l’istanza di riesame avverso il provvedimento del GIP
del medesimo tribunale del 20/09/2013, con cui era stato disposto il sequestro

dell’importo di € 689.400,00 da eseguirsi sui beni immobili e mobili, diritti e
rapporti attivi, ivi compresi i saldi dei rapporti bancari, nella concreta
disponibilità del ricorrente, indagato in ordine al reato di cui all’art. 2, d. Igs. n.
74/2000.

2. Giova preliminarmente ricordare che il MARCHIORO è indagato del delitto di
dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per
operazioni inesistenti, perché, quale legale rappresentante dalla MACA
ENGINEERING s.r.I., nonché firmatario delle dichiarazioni fiscali presentate al
fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, si avvaleva di fatture
passive per prestazioni oggettivamente inesistenti negli anni dal 2006 al 2010
con un’evasione di imposta IRES pari ad € 227.810,00 ed IVA per € 152.400,00,
trattandosi di fatture emesse dalla società MEDIA STARS s.r.l. di Milano indicate
nelle dichiarazioni annuali relative a dette imposte.

3.

Ha proposto tempestivo ricorso il MARCHIORO, a mezzo del difensore

fiduciario – procuratore speciale cassazionista, impugnando l’ordinanza predetta
e deducendo tre motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per
la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

3.1. Deduce, con il primo, articolato, motivo la violazione degli artt. 111, commi
6 e 7, Cost. e dell’art. 125, comma 3, c.p.p. in relazione all’art. 606, comma 1,
lett. c), in ordine all’omessa indicazione dei concreti elementi di fatto che
rendono maggiormente attendibile l’iniziale pretesa dell’Agenzia delle Entrate in relazione alla quale è stato ritenuto sussistente il fumus commissi delicti e
quantificato l’ammontare dell’imposta su cui commisurare il sequestro – rispetto
alla definizione del rapporto tributario per le annualità in discussione intervenuto
tra l’Agenzia delle Entrate e la società contribuente a seguito di conciliazione
giudiziale del 9 settembre 2013 per gli anni 2007, 2008 e 2009 e di autotutela
totale per l’anno 2010.

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preventivo funzionale alla confisca per equivalente, fino a concorrenza

In sintesi, si duole il ricorrente per aver i giudici di merito del tutto ignorato la
circostanza che la pretesa tributaria inizialmente fatta valere dall’Agenzia delle
Entrate ed in relazione alla quale era stata disposta la misura cautelare reale era
stata abbandonata dalla stessa Amministrazione finanziaria; in particolare, viene
sottoposta a censura la parte dell’ordinanza di riesame in cui i giudici ritengono
che, a fronte della documentazione difensiva (da cui emergeva che la pretesa

conciliativo del 9 settembre 2013, da cui emergeva che, mentre per i periodi di
imposta 2006 e 2010, il debito tributario era pari a zero, per gli altri periodi di
imposta dal 2007 al 2009, era stato rideterminato il debito tributario complessivo
in € 80.556,80), non fossero stati superati

“i rilievi circa la natura di società

“cartiera” della MEDIA STARS s.r.I., essendosi il ricorrente limitato ad affermare
che la società MACA s.r.l. era pubblicizzata perché riprodotta su veicoli impiegati
in non meglio precisate competizioni automobilistiche senza chiarire sulla base di
quali accordi contrattuali e senza allegare idonea dettagliata documentazione
contabile a sostegno delle prestazioni asseritamente rese da MEDIA STARS s.r.I.,
che è risultata priva di struttura organizzativa e conseguentemente risultavano i
costi da questi sostenuti”; sul punto, si duole la difesa per non aver i giudici del
riesame fatto coerente applicazione del principio, più volte affermato da questa
Corte, secondo cui il giudice penale può discostarsi da quanto definitivamente
accertato dall’Agenzia delle Entrate solo se risultino concreti elementi di fatto che
rendano maggiormente attendibile l’iniziale quantificazione dell’imposta dovuta;
nella specie, difetterebbe nella motivazione dei giudici del riesame l’indicazione
di tali elementi di fatto idonei a giustificare il mantenimento del sequestro,
contrastando gli elementi dell’originario PVC dell’Agenzia delle Entrate del
15/03/2012 con l’accertamento definitivo della stessa Agenzia.

3.2. Deduce, con il secondo, articolato, motivo la violazione degli artt. 526,
comma 1, 191, comma 1 e 125, comma 3 c.p.p. in relazione all’art. 606, comma
1, lett. c), c.p.p., con particolare riferimento al travisamento della prova da parte
del Tribunale del riesame e sulla motivazione apparente in punto di

fumus

commissi delicti.
L’ordinanza impugnata sarebbe, poi, affetta dal predetto vizio, in quanto le
affermazioni di cui sopra circa il mancato superamento, da parte della difesa, dei
rilievi in ordine alla natura di cartiera della società MEDIA STARS s.r.I., sarebbero
palesemente contrarie alle prove documentali acquisite:
a) anzitutto, quanto alla pretesa mancanza degli accordi contrattuali in forza dei
quali sarebbero state rese le prestazioni pubblicitarie a MACA s.r.l. (i contratti
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dell’Amministrazione era stata totalmente ridimensionata a seguito dell’accordo

pubblicitari conclusi tra MACA s.r.l. e MEDIA STARS s.r.l. relativi agli anni
2007/2010, risultano allegati al PVC, in quanto acquisiti dai funzionari
dell’Agenzia delle Entrate all’esito della verifica fiscale);
b)

in secondo luogo, quanto alla presunta assenza di idonea dettagliata

documentazione contabile a sostegno delle prestazioni asseritamente rese da
MEDIA STARS s.r.l. (diversamente, dallo stesso PVC del 15/03/2012, risulta che
la MACA s.r.l. ha esibito tutti i libri, scritture e documenti richiesti; che ha

istituito, tenuto e conservato nei termini di legge, i libri, i registri e gli altro
documenti richiesti in visione dai funzionari; ancora, al medesimo PVC risultano
allegate tutte le fatture emesse da MEDIA STARS s.r.l. a MACA s.r.l. e
debitamente registrate da quest’ultima sul registro IVA acquisti, con i relativi
mastrini in cui vengono rilevati i debiti conseguenti alle fatture emesse da MEDIA
STARS s.r.l. ed i conseguenti pagamenti effettuati a mezzo di bonifico bancario
sul conto della società committente acceso presso UNICREDIT Banca);
c) infine, quanto alla circostanza secondo cui il ricorrente si sarebbe limitato ad
affermare che la società MACA era pubblicizzata poiché riprodotta su veicoli
impiegati nell’ambito di non meglio precisate competizioni automobilistiche
(diversamente, la difesa rileva di aver prodotto documentazione relativa a
specifiche e individuate gare oggetto di sponsorizzazione, costituita da estratti di
giornali e riviste a tiratura nazionale aventi data certa con fotografia delle
vetture su cui risulta raffigurato anche il marchio MACA, che comprovano lo
svolgimento di specifiche gare oggetto die contratti pubblicitari, oltre a foto e
video in DVD che rappresentano la partecipazione dell’autovettura Ferrari 430
con il marchio MACA e gare automobilistiche ben individuate, elenco delle gare
che viene riportato nel ricorso alle pagg. 14/16.
In conclusione, quindi, l’impugnata ordinanza sarebbe viziata, avendo mantenuto
un sequestro sulla base di un PVC redatto da funzionari di quella stessa Agenzia
delle Entrate che, successivamente, ha abbandonato la pretesa tributaria iniziale,
perdipiù fondandosi la motivazione del provvedimento impugnato su dati
contrastati dalle prove documentali.

3.3. Deduce, infine, con il terzo motivo l’inosservanza, erronea applicazione della
legge penale, in relazione all’art. 606, lett. b), c.p.p.; violazione del disposto di
cui all’art. 322-ter c.p., artt. 1 e 5 d. Igs. n. 471/1997 e art. 12, commi 1 e 2, d.
Igs. n. 472/97 nonché dell’art. 48, comma 6, d. Igs. n. 546/1992.
Infine, l’ordinanza impugnata sarebbe viziata in quanto, a fronte della doglianza
sollevata davanti ai giudici del riesame, con cui il ricorrente si doleva per avere il
GIP erroneamente parametrato l’entità del sequestro ad importo del tutto
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perequato rispetto a quanto dovuto – non essendosi tenuto conto, nella
determinazione del

quantum

sequestrabile, del debito tributario quale

definitivamente accertato dall’Agenzia delle Entrate e, comunque, del fatto che il
profitto correlato alla sanzione amministrativa che sarebbe dovuta al fisco, non
avrebbe potuto eccedere l’importo di quella concretamente irrogata dall’Agenzia
delle Entrate di Pordenone – il tribunale del riesame avrebbe replicato, ritenendo
che la conciliazione giudiziale non rileverebbe sotto il profilo penale e non

apparirebbe decisiva al fine di rideterminare l’ammontare del profitto del reato
tributario, alla luce degli accertamenti della GDF che non sarebbero stati superati
da analitiche prove documentali da parte del ricorrente quanto all’ammontare
dell’imposta evasa e degli interessi e sanzioni conseguenti dovuti all’Erario.
Detta motivazione, a giudizio della difesa, violerebbe anzitutto, l’art. 322 – ter
c.p., in quanto il richiamo all’inesistenza di una pregiudiziale tributaria ed
all’autonomia del giudice penale nell’accertare l’imposta evasa, si riferirebbero
alla questione afferente il superamento della soglia di punibilità e l’accertamento
o la sussistenza del reato, non invece all’importo da assoggettare a sequestro
per equivalente; in sostanza, secondo il ricorrente, il giudice penale non sarebbe
vincolato alla diversa conclusione cui il giudice tributario è pervenuto né all’esito
delle procedure di accertamento con adesione o di conciliazione giudiziale, ma, al
diverso fine di determinare l’importo sequestrabile per equivalente, deve
comunque tener conto dell’estinzione o della riduzione del debito tributario

medio tempore intervenuta, tenuto conto della giurisprudenza di questa Corte
che evidenzia come il principio dell’espropriazione definitiva di un bene non può
essere superiore al profitto derivato.
In secondo luogo, l’ordinanza violerebbe le ulteriori norme sostanziali richiamate
(d. Igs. 471/97; d. Igs. 472/97 d. Igs. 546/92), omettendo qualsivoglia
motivazione, nemmeno per relationem, sulle ragioni per le quali il GIP avrebbe
individuato la sanzione amministrativa nell’importo di C 344.700,00 (pari alle
imposte ritenute evase nell’originaria pretesa dell’Agenzia delle Entrate), né sulla
disapplicazione da parte del GIP del cumulo giuridico ex art. 12 d. Igs. n. 472/97
nonché sulla rilevanza, ai fini dell’individuazione dell’importo sequestrabile, della
sanzione amministrativa concretamente e definitivamente irrogata dall’Agenzia
delle Entrate di Pordenone in relazione ai fatti oggetto di contestazione penale.
In sintesi, alla luce dei criteri di calcolo richiamati dalla difesa, la corretta
applicazione delle disposizioni di cui sopra, avrebbe dovuto indurre la riduzione
dell’importo sequestrabile alla somma massima di C 351.155,01, tenuto conto
della somma di poco più di 20.000,00 euro già pagata in forza della conciliazione
conclusa.
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k

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito esposte.

4.

Deve, preliminarmente, ricordarsi che, in sede di ricorso per cassazione

ammette il sindacato di legittimità solo per motivi attinenti alla violazione di
legge. Nella nozione di “violazione di legge” rientrano, in particolare, la
mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente
apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma
non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità
soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e)
dell’art. 606 stesso codice (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep.
13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc.Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del
28/05/2003 – dep. 10/06/2003, Pellegrino S., Rv. 224611).

5. Tanto premesso sui limiti del sindacato di questa Corte, ritiene il Collegio che,
a fronte delle puntuali argomentazioni svolte dalla parte ricorrente, questo
Collegio non può che convenire in ordine alla fondatezza delle censure mosse.
Ed invero la motivazione del provvedimento impugnato appare assolutamente
inadeguata a soddisfare quel minimo di valutazione critica richiesta al giudice del
riesame in ordine alle deduzioni difensive sollevate davanti al giudice della
cautela. Ora, questa Corte ha recentemente affermato, sia pure con riferimento
al reato di dichiarazione infedele, che, pur non essendo il giudice vincolato, nella
determinazione dell’imposta evasa da ritenersi rilevante onde reputare accertato
o meno il superamento della soglia di punibilità, all’imposta risultante a seguito
dell’accertamento con adesione o del concordato fiscale tra Amministrazione
finanziaria e contribuente, è tuttavia necessario che, onde potersi discostare dal
dato quantitativo convenzionalmente accertato e tenere, invece, conto
dell’iniziale pretesa tributaria dell’Erario, risultino concreti elementi di fatto che
rendano maggiormente attendibile l’iniziale quantificazione dell’imposta dovuta
(Sez. 3, n. 5640 del 02/12/2011 – dep. 14/02/2012, P.M. in proc. Manco, Rv.
251892; v. anche, Sez. 3, sentenza n. 37954 del 2012, ric. Lacirignola, non
massimata).
Nella specie, la stessa ordinanza impugnata da atto dell’intervenuto
accertamento con adesione o, comunque, di un concordato in forza del quale
l’importo, inizialmente ammontante ad € 689.400,00, è stato poi ridotto – nella
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proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod. proc. pen.

prospettazione difensiva – sino ad C 351.155,01, per di più comprensivo, a quel
risulta, anche delle sanzioni.
È quindi ben possibile che la pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria
venga ridimensionata o addirittura invalidata nel giudizio innanzi al giudice
tributario, senza che ciò possa vincolare il giudice penale e senza che possa
quindi escludersi che quest’ultimo pervenga – sulla base di elementi di fatto in

ovvio però che di tale diverso convincimento occorre dare specifica e congrua
motivazione.
Con la precisazione, peraltro, che i possibili esiti del giudizio tributario, che può
definirsi anche con una pronuncia meramente in rito, costituiscono un dato ben
distinto dalla pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria.
L’accertamento con adesione e ogni forma di concordato fiscale si collocano sul
crinale della distinzione appena tracciata: c’è un’iniziale pretesa tributaria che poi
viene ridimensionata non già dal giudice tributario, ma da un atto negoziale
concordato tra le parti del rapporto. Anche in tal caso, dunque, il giudice penale
non è vincolato all’imposta così “accertata”; ma per discostarsi dal dato
quantitativo risultante dall’accertamento con adesione o dal concordato fiscale
per tener conto invece dell’iniziale pretesa tributaria dell’amministrazione
finanziaria, occorre che risultino concreti elementi di fatto che rendano
maggiormente attendibile l’iniziale quantificazione dell’imposta dovuta.

5.1. Nella specie, a fronte della documentata esistenza, per gli anni di imposta
2007, 2008 e 2009 (nonché, per l’anno 2006 e l’anno 2010, di un debito
tributario pari a zero) di una conciliazione giudiziale con l’Agenzia delle entrate
chiaramente indicante una rideterminazione della imposta evasa in misura
nettamente inferiore a quella indicata in imputazione, il Tribunale ha omesso
ogni valutazione degli elementi da essa emergenti, giustificando il proprio
convincimento della sussistenza, anche sotto tale preliminare profilo, del fumus

commissi delicti, con l’affermazione secondo la quale la conciliazione giudiziale
non rileverebbe sotto il profilo penale e non apparirebbe decisiva al fine di
rideterminare l’ammontare del profitto del reato tributario: affermazione
evidentemente apodittica, che non tiene conto del ben diverso criterio di calcolo
seguito dall’amministrazione finanziaria e della relativa determinazione finale
(che pure, come detto, costituisce invece dato dal quale il giudice penale non
può prescindere).

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ipotesi non considerati dal giudice tributario – ad un convincimento diverso: è

5.2. Inoltre, in tal senso condividendo le richieste del Procuratore Generale di
udienza, pare evidente come il tribunale abbia sbrigativamente affermato che la
produzione documentale del ricorrente non fosse idonea a superare i rilievi della
natura di società cartiera della MEDIA STARS, alla luce dell’ampia produzione
documentale difensiva allegata ai giudici del riesame finalizzata a contrastare: a)
la pretesa mancanza degli accordi contrattuali in forza dei quali sarebbero state

dettagliata documentazione contabile a sostegno delle prestazioni asseritamente
rese da MEDIA STARS s.r.I.; c) l’esistenza di specifiche e individuate gare
oggetto di sponsorizzazione (documentata con estratti di giornali e riviste a
tiratura nazionale aventi data certa con fotografie delle vetture su cui risulta
raffigurato anche il marchio MACA, nonché foto e video in DVD che
rappresentano la partecipazione dell’autovettura Ferrari 430 con il marchio MACA
e gare automobilistiche ben individuate).
Sul punto, merita qui ricordare che il tribunale del riesame deve limitare il suo
sindacato alle deduzioni difensive che abbiano un’oggettiva incidenza sul “fumus

commissi delicti”, senza pronunciarsi su qualsiasi allegazione che si risolva in una
mera negazione degli addebiti o in una diversa lettura degli elementi probatori
già acquisiti (Sez. 3, n. 13038 del 28/02/2013 – dep. 21/03/2013, P.M. in proc.
Lapadula e altro, Rv. 255114); nel caso in esame, è evidente che la
documentazione difensiva aveva, diversamente, la funzione di superare rilievi in
ordine alla natura di cartiera della società MEDIA STARS s.r.I., con conseguente
obbligo del tribunale del riesame di motivarne adeguatamente la rilevanza o
meno.

6.

l’accoglimento dei primi due motivi di ricorso, esime questo Collegio

dall’esame del terzo motivo, essendo ad esso preliminare la rivalutazione da
parte del giudice del riesame degli elementi documentali difensivi ai fini della
valutazione del fumus delicti.

7. L’impugnata ordinanza dev’essere, pertanto, annullata con rinvio al tribunale
di Pordenone per nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Pordenone.
Così deciso in Roma, il 2 aprile 2014

rese le prestazioni pubblicitarie a MACA s.r.I.; b) la presunta assenza di idonea

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