Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19137 del 16/12/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19137 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ESPOSITO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BLANCO VINCENZO N. IL 19/07/1979
avverso l’ordinanza n. 133/2014 TRIBUNALE di PATTI, del
16/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO ESPOSITO;

Data Udienza: 16/12/2016

RILEVATO IN FATTO

Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di I4ftza, quale giudice
ell’esecuzione, rigettava la richiesta avanzata da Bianco Vincenzo, finalizzata a
ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione ai sensi dell’art. 671
cod. proc. pen., in relazione a varie sentenze presupposte (meglio specificate nel
provvedimento), ritenendo l’ampiezza dell’arco temporale di commissione delle
condotte illecite contestate al condannato e l’eterogeneità delle modalità
esecutive ostative all’applicazione della continuazione invocata.

Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione al
ristretto arco temporale di consumazione di alcuni tra i reati per i quali si
richiedeva la continuazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile, risultando fondato su motivi manifestamente
infondati.
Il ricorso, più che individuare singoli aspetti del provvedimento impugnato
da sottoporre a censura giurisdizionale, tende a provocare una nuova, non
consentita, valutazione di merito delle circostanze di fatto già correttamente
vagliate.
L’ordinanza impugnata, peraltro, correttamente valutava il contenuto delle
condotte illecite presupposte, escludendo l’unitarietà del programma sottostante
a tali reati (da non confondere con la sussistenza di una concezione di vita
improntata al crimine).
Invero, le attività illecite di cui si assumeva la continuazione non risultavano
tra loro omogenee sul piano esecutivo e non erano riconducibili, neppure
astrattamente, a una preordinazione criminosa, tenuto conto dell’ampiezza
dell’arco temporale oggetto di valutazione e della loro estemporaneità nei termini
motivazionali correttamente esplicitati nel provvedimento impugnato.
Inoltre, la reiterazione della condotta criminosa non può essere espressione
di un programma di vita improntata al crimine e che dal crimine intende trarre
sostentamento, venendo sanzionata da istituti quali la recidiva, l’abitualità, la
professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso e
opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione,
preordinato al favor rei (cfr. Sez. 5, 12/01/2012 n. 10917, Abbassi, Rv. 252950).

ct

2

Avverso questa ordinanza il condannato ricorreva personalmente per

A fronte della predetta motivazione, il ricorrente non indicava gli elementi a
suo dire sintomatici della sussistenza del vincolo della continuazione in relazione
ai singoli reati contestati, limitandosi a censure di carattere generico.
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle
ammende, determinabile in 2.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 2.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 13 dicembre 2016.

P.Q.M.

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