Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19133 del 05/04/2013
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19133 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Zocchi Giuseppe, nato il 21.3.1975
avverso la sentenza della Corte di appello di Trento, del 30.3.2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio.
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale Aldo Policastro, il
quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Trento ha rigettato
l’appello proposto da Giuseppe Zocchi contro la sentenza emessa dal
Tribunale della medesima città, di condanna dell’imputato per il delitto di
danneggiamento.
2. Ricorre, assistito da difensore, l’imputato lamentando:
Data Udienza: 05/04/2013
- violazione di legge (in relazione all’art. 500, comma 2, c.p.p.) per avere la
Corte di appello ritenuto utilizzabili le dichiarazioni fornite da un teste il
quale, in dibattimento, si è limitato a confermare quanto già dichiarato in
sede di indagini preliminari e poi dimenticato, ma lettogli dal PM;
– violazione di legge per avere la Corte applicato la sospensione
condizionale della pena anziché il trattamento più favorevole dell’indulto,
pur ricorrendone i presupposti di legge.
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
Quanto al primo motivo, giacché – come emerge dallo stesso ricorso – il
teste si è limitato ad ascoltare le proprie dichiarazioni precedentemente rese
a soli fini di memoria; inoltre, il tutto è avvenuto nella sede dibattimentale
con piena garanzia del principio del contraddittorio; cosicché del tutto
inappropriato è il richiamo all’art. 500, comma 2, c.p.p. (riferito al caso,
diverso da quello di specie, delle dichiarazioni lette per contestazione).
Quanto al secondo motivo, in quanto questa Corte ha affermato che
l’indulto non può concorrere con la sospensione condizionale della pena,
prevalendo sul primo quest’ultimo beneficio. Infatti, l’applicazione del
beneficio della sospensione condizionale realizza una “fattispecie a
formazione progressiva”, che determina l’effetto immediato del differimento
dell’inizio dell’esecuzione della pena e l’ulteriore effetto futuro ed eventuale
dell’estinzione del reato: effetti che, però, sono tra loro strettamente
collegati e da subito contemplati nonostante la loro diversa concreta
operatività temporale. Proprio tale meccanismo, con gli effetti che ne
derivano, osta all’applicabilità dell’indulto, per la ragione che tale istituto
può riguardare solo pene suscettibili in concreto di esecuzione, tanto è vero
che esso viene a ripartirsi su tutte le pene cumulate (si veda art. 174
comma 2 c.p.), dopo che dal cumulo sono state escluse le pene già
eseguite, quelle estinte e quelle non eseguibili per qualsiasi causa: l’effetto
sospensivo dell’inizio dell’esecuzione della pena prodotto dalla sospensione
condizionale della pena è, quindi, inconciliabile con l’applicazione
dell’indulto, che risulterebbe non operativo perché avente a oggetto una
pena in quel momento non suscettibile di esecuzione. Il condannato, del
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resto, non ha alcun interesse alla simultanea applicazione dei due benefici,
giacché questi, anche laddove, decorso il periodo di prova previsto dall’art.
CONSIDERATO IN DIRITTO
163 c.p. (quinquennale, se la condanna è per delitto; biennale, se la
condanna è per contravvenzione), non si verificasse la definitiva estinzione
del reato, avrebbe pur sempre la possibilità di richiedere in qualsiasi
momento l’applicazione del provvedimento indulgenziale con lo strumento
dell’incidente di esecuzione ai sensi dell’art. 672 c.p.p. (Cass. sez. un.
15.7.2010, n. 36837).
2. Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle ammende
della somma di € 1.000,00.
Roma, 5.4.2013
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in