Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19133 del 02/04/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 19133 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

LUCAJ ALBERT, n. 28/03/1983 in ALBANIA

LUCAJ ALEKSANDER, n. 24/02/1975 in ALBANIA

avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di PERUGIA in data 19/11/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Paolo Canevelli, che ha concluso per l’annullamento con rinvio
dell’impugnata ordinanza, limitatamente alle esigenze cautelari;
udite per i ricorrenti le conclusioni dell’Avv. D. Paccoi, che chiesto annullarsi
l’impugnata ordinanza, in accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 02/04/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 19/11/2013, depositata in data 20/11/2013, il tribunale
della libertà di PERUGIA, in parziale accoglimento dell’istanza di riesame avverso
il provvedimento del GIP del medesimo tribunale del 16/09/2013, con cui è stata

custodia in carcere in relazione ai delitti di cui agli artt. 74, T.U. Stup. e 110, 81,
cpv. c.p. e 73 T.U. Stup., annullava parzialmente la predetta ordinanza
limitatamente ad una parte delle cessioni di stupefacente ipotizzate al capo c)
dell’imputazione cautelare, rigettando nel resto l’istanza.

2. Hanno proposto tempestivo ricorso LUCAJ ALBERT e LUCAJ ALEKSANDER, a
mezzo del difensore fiduciario cassazionista, impugnando l’ordinanza predetta e
deducendo due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per
la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con il primo, articolato, motivo la violazione dell’art. 606, lett. b),
c) ed e), c.p.p. in relazione agli artt. 74, 73, comma 1, dpr n. 309/1990, ed in
correlazione agli artt. 273 ss. c.p.p. per inosservanza e/o erronea applicazione
delle leggi penali, o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto
nell’applicazione della legge penale, nonché mancanza, contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione, in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza a carico degli indagati circa i reati contestati.
Si duole, anzitutto, parte ricorrente per aver il tribunale della libertà confermato
l’ordinanza genetica ritenendo sussistere la fattispecie associativa sub b),
riproducendone pedissequamente il contenuto, senza svolgere alcuna
valutazione critica in ordine alla tesi accusatoria, aderendovi quale “mero atto di
fede”; i giudici sarebbero incorsi nel medesimo errore del giudice delle indagini
preliminari, sia quanto alla sussistenza del delitto di cui all’art. 74 TU Stup. che
quanto ai reati fine, interpretando i fatti sulla base di un teorema astratto, senza
riscontri oggettivi e in difetto di un apprezzamento coerente delle risultanze
investigative; si censura la valutazione dei giudici perugini che avrebbero
attribuito esclusiva valenza agli esiti delle intercettazioni telefoniche, costituenti
l’unico compendio accusatorio nei confronti dei ricorrenti, senza però che ne sia
stata operata quella valutazione critica richiesta in base all’insegnamento della
Suprema Corte (necessità di accertare che il significato delle conversazioni
risponda ai requisiti di decifrabilità dei significati, chiarezza, assenza di
2

disposta nei confronti dei ricorrenti l’applicazione della misura cautelare della

ambiguità, ricostruzione indubbia del loro tenore in ordine al significato
complessivo del colloquio), tenuto conto della incompletezza delle registrazioni o
della cattiva qualità dell’intercettazione per la criticità del linguaggio utilizzato
dagli interlocutori o per la insicura decifrabilità del loro contenuto, ditalchè si
renderebbe necessario acquisire altri elementi di conferma atti a consentire la
comprensione del linguaggio ed eliminare i ragionevoli dubbi esistenti; nel caso

traffici illeciti dovrebbe trarsi sulla base di una chiave di lettura inequivoca,
tenendo conto del fatto che i soggetti coinvolti si conoscevano tutti
vicendevolmente per ragioni di lavoro, ciò che non sarebbe sufficiente a
dimostrare l’esistenza del vincolo associativo, difettando l’esistenza di ruoli o
gerarchie all’interno di tale ipotizzato gruppo criminoso, né risorse economiche
comuni come auto, immobili o luoghi di deposito posti per definizione a
disposizione di un consesso criminoso; né potrebbe sostenersi che il vincolo
associativo sia insito nel ripetersi delle operazioni di approvvigionamento su
piazza, fondata sulla stabile utilizzazione di acquirenti, circostanza smentita dal
tribunale, essendo emerso che i diversi indagati disponevano all’occorrenza di
vari canali, non essendo tenuti ad avvalersi dell’uno o dell’altro, come
emergerebbe dalle dichiarazioni dei soggetti sentiti in sede di indagini difensive,
che – pur non risultando espressamente dall’ordinanza impugnata – sarebbero
state tenute presenti dal tribunale nell’annullare l’ordinanza del GIP con
riferimento alle presunte cessioni eseguite nei confronti di ventidue acquirenti,
ciò che si riverbera anche sull’esistenza del sodalizio; a tal proposito, si censura
la motivazione dell’ordinanza sotto il profilo, per quanto pare desumersi dalla
doglianza, della manifesta illogicità per aver ritenuto sussistere il sodalizio
criminoso, non riuscendosi a comprendere le ragioni per le quali i due fratelli
Lucaj possano essere ritenuti compartecipi dell’associazione (peraltro
l’Aleksander quale promotore) considerata l’esistenza di un unico rapporto
intrattenuto con i presunti fornitori (il riferimento è all’episodio del 16/06/2011,
relativo all’acquisto di stupefacente da parte dell’Aleksander da tali Cinaj Mezim
e Cinaj Fiori) e l’assenza totale di ulteriori episodi di cessione di stupefacente
riscontrati direttamente dalla PG; né si comprenderebbe logicamente come
l’Aleksander, qualificato come capo indiscusso dell’associazione, siasi poi
prestato a compiere di persona l’attività di trasporto dello stupefacente, tanto da
essere arrestato in flagranza il 16 giugno 2011.
Difetterebbe, poi, la motivazione in ordine alla stessa configurabilità del reato
associativo, indicandosi nell’ordinanza elementi insufficienti, anche solo per
ritenere configurabile la semplice fattispecie concorsuale di cui all’art. 110 c.p.;
3

di specie, il convincimento che ogni singola conversazione abbia ad oggetto

tenuto conto dei principi più volte affermati dalla giurisprudenza di legittimità, la
difesa censura l’ordinanza ritenendo non ravvisabile il reato associativo,
difettando la prova dell’esistenza di un programma di commercio di droga che si
esplichi attraverso un’attività a carattere permanente, volta al perseguimento di
finalità illecite e tale configurare detto reato; in sintesi, posto che può ritenersi
configurabile il reato di detenzione e cessione si stupefacente limitatamente

sarebbe dimostrativa dell’appartenenza dei fratelli Lucaj al sodalizio né della
consapevolezza degli stessi di farne parte, finalizzata allo spaccio e del relativo
contributo causale conferito al sodalizio medesimo; il difetto di tale prova, infatti,
non può rendere il semplice associato automaticamente responsabile di ogni
delitto compiuto dagli altri membri del sodalizio, essendo esclusa
dall’ordinamento la configurazione di una responsabilità “di posizione”;
espressione di tale illogicità sarebbe, secondo i ricorrenti, ricavabile
dall’ordinanza impugnata nella parte in cui, nel descrivere i ruoli svolti dai due
ricorrenti, si fa riferimento a condotte riferibili all’unico episodio del 16 giugno
2011, senza richiamare ulteriori attività da cui sia possibile evincere
un’interazione tra i sodali; gli ulteriori episodi riferiti nell’impugnata ordinanza,
riguardano soggetti diversi dai ricorrenti, rispetto ai quali i fratelli Lucaj non sono
stati ritenuti compartecipi, a conforto della tesi secondo cui non sussisterebbero
elementi idonei a configurare la fattispecie associativa.
Si censura, ancora, quella parte dell’ordinanza in cui i giudici valorizzano i
rapporti con tale De Santi, da cui risulterebbe la sua partecipazione quale
gregario addetto alla consegna al minuto dello stupefacente; il riferimento è al
contenuto di una conversazione intercettata intercorsa tra questi e tale De Nardi
in cui quest’ultimo contratta il prezzo per l’acquisto dello stupefacente per €
65,00, chiedendone conferma al Lucaj Albert, ricevendone risposta affermativa;
tale elemento, a giudizio della difesa, dimostrerebbe inequivocabilmente come il
De Santi non partecipasse all’associazione inesistente, tanto da non sapere
nemmeno il prezzo dello stupefacente; chiaro sarebbe dunque che, venendo
meno il De Santi, gli altri soggetti sono tra loro tutti in rapporti di parentela, tutti
fratelli, non certo legati da vincolo associativo; inoltre, nel caso dei fratelli Lucaj,
le condotte sarebbero riferibili a rapporti lavorativi, dunque leciti, che
renderebbero incompatibile l’ipotesi di un comune disegno attuati dagli associati
tramite una stabile organizzazione, richiesta dall’art. 74 TU Stup.; in particolare,
si sottolinea nel ricorso, i rapporti tra i fratelli Cinaj ed i fratelli Lucaj, in
particolare il solo Aleksander, sarebbero limitati a pochissimi contatti telefonici
non seguiti da riscontri, ciò che renderebbe del tutto illogico ritenere esistente
4

all’unico episodio del 16 giugno 2011, tuttavia tale circostanza, di per sé, non

un vincolo associativo, tenuto conto del limitato numero di contatti, del
contenuto delle conversazioni e del fatto che i due nuclei parentali risiedevano in
luoghi diversi, ciò che esclude la circostanza di poter utilizzare mezzi diversi di
comunicazione.

2.2. Deduce, con il secondo, articolato, motivo la violazione dell’art. 606, lett.

correlazione agli artt. 274 ss. c.p.p. per inosservanza e/o erronea applicazione
delle leggi penali, o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto
nell’applicazione della legge penale, nonché mancanza, contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione, in ordine alla ritenuta sussistenza delle
esigenze cautelari.
L’ordinanza impugnata sarebbe, altresì, priva di motivazione ed illogica quanto
alla sussistenza delle esigenze cautelari; difetterebbe l’indicazione di quale delle
tre esigenze indicate dall’art. 274 c.p.p. la misura tenda a salvaguardare,
limitandosi i giudici perugini a condividere quanto affermato dal GIP circa la
sussistenza di esigenze di prevenzione speciale; diversamente, secondo la
prospettazione difensiva, difetterebbero sia il pericolo di fuga, sia il pericolo di
recidiva che quello di inquinamento probatorio, attesa l’emissione contestuale
all’atto della notifica dell’ordinanza custodiale, anche dell’avviso ex art. 415 bis
c.p.p. che ha cristallizzato le fonti di prova in relazione ad illeciti risalenti a due
anni prima.
Si duole, ancora, la difesa, per non aver il tribunale della libertà esaminato la
censura contenuta nei motivi di riesame relativa alla posizione dell’Aleksander in
ordine all’acquisto di kg. 1 di cocaina dai fratelli Cinaj indiscutibilmente da
ricollegarsi alle altre contestazioni mosse; l’ordinanza sarebbe, sul punto,
contraddittoria quando all’affermazione della possibilità di concedere gli arresti
domiciliari, in quanto inidonei a garantire che i ricorrenti non approfittino dei
margini di libertà connaturali alla misura attenuata; sul punto, rileva la difesa, il
Lucaj, dopo l’arresto in flagranza del 16/06/2011, dopo il decorso di 11 mesi di
restrizione carceraria ha dapprima ottenuto gli arresti domiciliari (9/05/2012),
ulteriormente attenuati in epoca successiva (30/07/2012) con l’autorizzazione a
svolgere attività lavorativa all’interno dei cantieri siti nel comune di Foligno ed
alle dipendenze dell’impresa del fratello Pllumb; sia l’Aleksander che l’Albert,
quindi, hanno potuto riprendere il regolare svolgimento dell’attività lavorativa,
ottenendo quindi all’esito della procedura incidentale di appello cautelare la
misura dell’obbligo di presentazione alla PG (ordinanza 12/04/2013); il relativo
procedimento si è concluso il 26/06/2013 con condanna alla pena di anni 3 e
5

b), c) ed e), c.p.p. in relazione agli artt. 74 e 73 dpr n. 309/1990, ed in

mesi 6 di reclusione, a seguito di sentenze emesse dal GUP di Perugia il
26/06/2012 e dalla Corte d’appello di Perugia il 26/04/2013; ciò dimostrerebbe,
secondo la difesa, che l’Aleksander abbia preso le distanze da ambienti a rischio
di recidivanza, come manifestato subito in sede di interrogatorio di convalida
dell’arresto, rivelando il nome della persona che gli aveva fornito lo stupefacente,
corrispondente a quella individuata dalla PG; risulterebbe, quindi, illogico che i

altri giudici avevano ritenuto invece non sussistere.
Analogo vizio motivazionale, inficerebbe l’ordinanza quanto al coindagato Albert
Lucaj, tenuto conto del ruolo marginale di quest’ultimo nell’ambito della
medesima vicenda, totalmente omesso nella generica e generale valutazione
operata dai giudici del riesame; i due indagati, peraltro, avrebbero tra loro
legami affettivi e lavorativi da oltre venti anni in Italia, ciò che li accomunerebbe
al De Santi che, invece ha beneficiato degli arresti domiciliari, sicchè, anche per
tale aspetto l’ordinanza sarebbe illogica per aver loro negato tale regime
attenuato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è parzialmente fondato nei limiti di cui si dirà oltre.

4. Deve premettersi che le valutazioni compiute dal giudice ai fini dell’adozione
di una misura cautelare personale devono essere fondate, secondo le linee
direttive della Costituzione, con il massimo di prudenza su un incisivo giudizio
prognostico di “elevata probabilità di colpevolezza”, tanto lontano da una
sommaria delibazione e tanto prossimo a un giudizio di colpevolezza, sia pure
presuntivo, poiché di tipo “statico” e condotto, allo stato degli atti, sui soli
elementi già acquisiti dal pubblico ministero, e non su prove, ma su indizi (Corte
Cost., sent. n. 121 del 2009, ord. n. 314 del 1996, sent. n. 131 del 1996, sent.
n. 71 del 1996, sent. n. 432 del 1995).
La specifica valutazione prevista in merito all’elevata valenza indiziante degli
elementi a carico dell’accusato, che devono tradursi in un giudizio probabilistico
di segno positivo in ordine alla sua colpevolezza, mira, infatti, a offrire maggiori
garanzie per la libertà personale e a sottolineare l’eccezionalità delle misure
restrittive della stessa.
Il contenuto del giudizio da farsi da parte del giudice della cautela è evidenziato
anche dagli adempimenti previsti per l’adozione dell’ordinanza cautelare.

6

giudici perugini abbiano potuto ritenere come attuali delle esigenze cautelari che

L’art. 292 c.p.p., come modificato dalla L. n. 332 del 1995, prevedendo per detta
ordinanza uno schema di motivazione vicino a quello prescritto per la sentenza di
merito dall’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), impone, invero, al giudice della
cautela sia di esporre gli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, di
indicare gli elementi di fatto da cui sono desunti e di giustificare l’esito positivo
della valutazione compiuta sugli stessi elementi a carico, sia di esporre le ragioni

a favore dell’accusato (comma 2, lett. c) e c bis).

5. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di misure
cautelari personali, per “gravi indizi di colpevolezza” devono intendersi tutti
quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, che – contenendo in

nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova non valgono di per sé a dimostrare, oltre ogni dubbio, la responsabilità
dell’indagato e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che,
attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a
dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità
di colpevolezza (Sez. U, n. 11 del 21/04/1995, dep. 01/08/1995, Costantino e
altro, Rv. 202002, e, tra le successive conformi, Sez. 2, n. 3777 del 10/09/1995,
dep. 22/11/1995, Tomasello, Rv. 203118; Sez. 6, n. 863 del 10/03/1999, dep.
15/04/1999, Capriati e altro, Rv. 212998; Sez. 6, n. 2641 del 07/06/2000, dep.
03/07/2000, Dascola, Rv. 217541; Sez. 2, n. 5043 del 15/01/2004, dep.
09/02/2004, Acanfora, Rv. 227511).
A norma dell’art. 273 c.p.p., comma 1 bis, nella valutazione dei gravi indizi di
colpevolezza per l’adozione di una misura cautelare personale si applicano, tra le
altre, le disposizioni contenute nell’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, (Sez. F, n.
31992 del 28/08/2002, dep. 26/09/2002, Desogus, Rv. 222377; Sez. 1, n.
29403 del 24/04/2003, dep. 11/07/2003, Esposito, Rv. 226191; Sez. 6, n.
36767 del 04/06/2003, dep. 25/09/2003, Grasso Rv. 226799; Sez. 6, n. 45441
del 07/10/2004, dep. 24/11/2004, Fanara, Rv. 230755; Sez. 1, n. 19867 del
04/05/2005, dep. 25/05/2005, Cricchio, Rv. 232601). Si è, al riguardo,
affermato che, se la qualifica di gravità che deve caratterizzare gli indizi di
colpevolezza attiene al quantum di “prova” idoneo a integrare la condizione
minima per l’esercizio, sulla base di un giudizio prognostico di responsabilità, del
potere cautelare, e si riferisce al grado di conferma, allo stato degli atti,
dell’ipotesi accusatoria, è problema diverso quello delle regole da seguire, in
sede di apprezzamento della gravità indiziaria ex art. 273 c.p.p., per la
valutazione dei dati conoscitivi e, in particolare, della chiamata di correo (Sez. U,
7

per le quali ritiene non rilevanti i dati conoscitivi forniti dalla difesa, e comunque

n. 36267 del 30/05/2006, dep. 31/10/2006, P.G. in proc. Spennato, Rv.
234598).
Relativamente alle regole da seguire, questo Collegio ritiene che, alla stregua del
condivisibile orientamento espresso da questa Corte, dell’art. 273 c.p.p., comma
1 bis, nel delineare i confini del libero convincimento del giudice cautelare con il
richiamo alle regole di valutazione di cui all’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, pone un

6. Si è, inoltre, osservato che, in tema di misure cautelari personali, quando sia
denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento
emesso dal Tribunale del riesame riguardo alla consistenza dei gravi indizi di
colpevolezza, il controllo di legittimità è limitato, in relazione alla peculiare
natura del giudizio e ai limiti che ad esso ineriscono, all’esame del contenuto
dell’atto impugnato e alla verifica dell’adeguatezza e della congruenza del
tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti
rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano
l’apprezzamento delle risultanze probatorie (tra

le altre, Sez. 4, n. 2050 del

17/08/1996, dep. 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104; Sez. 6, n. 3529 del
12/11/1998, dep. 01/02/1999, Sabatini G., Rv. 212565; Sez. U, n.
22/03/2000,

dep.

02/05/2000,

Audino,

Rv.

215828;

Sez.

2,

n.

11 del

9532 del

22/01/2002, dep. 08/03/2002, Borragine e altri, Rv. 221001; Sez. 4, n. 22500
del 03/05/2007, dep. 08/06/2007, Terranova, Rv. 237012), senza che possa
integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il
ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (tra le altre,
Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, De Lorenzo, Rv. 199391; Sez.
1, n. 1496 del 11/03/1998, dep. 04/07/1998, Marrazzo, Rv. 211027; Sez. 1, n.
6972 del 07/12/1999, dep. 08/02/2000, Alberti, Rv. 215331).

7. Il detto limite del sindacato di legittimità in ordine alla gravità degli indizi
riguarda anche il quadro delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed
esclusivo del giudice della cautela valutare “in concreto” la sussistenza delle
stesse e rendere un’adeguata e logica motivazione (Sez. 1, n. 1083 del
20/02/1998, dep. 14/03/1998, Martorana, Rv. 210019).
Peraltro, secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, in
tema di misure cautelari, “l’ordinanza del tribunale del riesame che conferma il
provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte, il contenuto di tale
provvedimento, di tal che l’ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo
di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze
8

espresso limite legale alla valutazione dei “gravi indizi”.

motivazionali di un provvedimento possono essere sanate con le argomentazioni
addotte a sostegno dell’altro” (Sez. 2, n. 774 del 28/11/2007, dep. 09/01/2008,
Beato, Rv. 238903; Sez. 6, n. 3678 del 17/11/1998, dep. 15/12/1998,
Panebianco R., Rv. 212685).

8. Premesso quanto sopra ritiene il Collegio che l’impugnazione, quanto al primo

con il ricorso, i due indagati, più che prospettare un vizio di motivazione o di
violazione di legge, chiedono a questa Corte di operare una lettura del materiale
indiziario in senso più favorevole alla difesa, operazione non consentita in questa
sede.
Diversamente, il giudice del riesame ha sottoposto a valutazione quegli elementi
su cui i ricorrenti fondano l’impugnazione legittimità, ritenendo che agli stessi
potesse essere attribuita quella rilevanza necessaria per il superamento della
soglia di gravità indiziaria prevista dalla legge per l’emissione dell’ordinanza
custodiale.

8.1. Sul punto, è sufficiente rilevare che gli elementi valutati dal tribunale del
riesame con motivazione condivisibile ed immune da vizi logici, hanno consentito
di appurare l’esistenza di un vincolo associativo tra due diversi gruppi criminali,
entrati in affari tra loro, realizzando condotte finalizzate all’immissione di
sostanze stupefacenti nel circuito distributivo nazionale.
L’ordinanza, sul punto, risulta adeguatamente motivata, facendo buon governo
dei principi giurisprudenziali sul punto. Ed invero, è stato già affermato da
questa Corte, in tema di associazione per delinquere finalizzata a narcotraffici,
che il vincolo associativo può essere ravvisato anche tra soggetti che si pongono
in posizioni contrattuali contrapposte nella catena del traffico di stupefacenti
(come i fornitori all’ingrosso e i compratori dediti alla distribuzione), ed anche tra
soggetti che agiscono in gruppi separati, eventualmente in concorrenza tra loro,
a condizione che i fatti costituiscano espressione di un progetto indeterminato
volto al fine comune del conseguimento del lucro da essi derivante, e che gli
interessati siano consapevoli del ruolo svolto nell’economia del fenomeno
associativo (Sez. 6, n. 2851 del 16/12/2003 – dep. 27/01/2004, Chicco ed altri,
Rv. 229510; Sez. 6, n. 20069 del 11/02/2008 – dep. 20/05/2008, Oidih e altro,
Rv. 239643).
Né rileva la circostanza che gli associati facciano parte del medesimo
nucleo familiare, come dedotto dalla difesa, atteso che tale elemento rende più
pericoloso l’operare del sodalizio. E’ stato già affermato da questa Corte che, in
9

motivo, debba dichiararsi inammissibile per manifesta infondatezza in quanto,

tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze
stupefacenti, una volta verificata la sussistenza dei requisiti inerenti alla
continuità e sistematicità dello spaccio ed alla predisposizione di una struttura
operativa stabile, la costituzione del sodalizio criminoso non è esclusa per il fatto
che lo stesso sia per lo più imperniato attorno a componenti dello stesso nucleo
familiare, poiché, al contrario, i rapporti parentali o coniugali, sommandosi al

14/06/2011 – dep. 04/10/2011, De Witt e altri, Rv. 250773).
Né, ancora, rileva la doglianza difensiva che si appunta sul significato
attribuito alle conversazioni intercettate, atteso che l’interpretazione del
linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto,
rimessa alla valutazione del giudice di merito, che si sottrae al sindacato di
legittimità se motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di
esperienza, come avvenuto nel caso in esame (Sez. 6, n. 11794 del 11/02/2013
– dep. 12/03/2013, Melfi, Rv. 254439).
Infine, rileva ancora la circostanza che la partecipazione (con riferimento
alla posizione di Lucaj Albert), si sia estrinsecata secondo le modalità descritte
nell’ordinanza impugnata, non essendo stata desunta unicamente dalla
partecipazione ai reati fine. E’ evidente, infatti, che, in materia di associazione
finalizzata al traffico di stupefacenti, la partecipazione dell’imputato al sodalizio
criminoso può essere desunta anche dalla commissione di singoli episodi
criminosi, purché siffatte condotte, per le loro connotazioni, siano in grado di
attestare, al di là di ogni ragionevole dubbio e secondo massime di comune
esperienza, un ruolo specifico della persona, funzionale all’associazione e alle sue
dinamiche operative e di crescita criminale, e le stesse siano espressione non
occasionale della adesione al sodalizio criminoso e alle sue sorti, con
l’immanente coscienza e volontà dell’autore di farne parte e di contribuire al suo
illecito sviluppo (Sez. 6, n. 44102 del 21/10/2008 – dep. 26/11/2008, Cannizzo e
altri, Rv. 242397).
E di ciò l’ordinanza impugnata si è fatta puntualmente carico, con
motivazione condivisibile, non emergendo peraltro alcuno dei vizi denunciati
dalla difesa di parte ricorrente, avendo individuato gli elementi che consentono di
evidenziare il coinvolgimento dei due indagati nella fitta rete distributiva degli
stupefacenti e lo stretto rapporto intercorrente con i vertici dell’altro sodalizio,
facente capo a Qoku Helidon (il riferimento è, in particolare, alle modalità degli
incontri ed alla ripartizione dei ruoli dei due indagati, anche in occasione delle
cessioni – descritti alle pagg. 3 ss. dell’impugnata ordinanza -, da cui emerge
non solo la sussistenza di una struttura operativa facente capo al Lucaj
10

vincolo associativo, lo rendono ancora più pericoloso (Sez. 1, n. 35992 del

Aleksander, avente centro operativo nella zona del perugino, ma anche il chiaro
ruolo ricoperto dai due indagati – v. pag. 8 dell’impugnata ordinanza -,
rivestendo l’Aleksander il ruolo di capo e promotore e l’Albert quello di suo
stretto collaboratore e di esecutore materiale degli illeciti accordi, dotato anche
di una certa autonomia decisionale.
Deve ricordarsi che, condizione generale per l’emissione di qualsiasi

qualitativamente valutati nella loro essenza e nella loro coordinazione logica,
resistano a interpretazioni alternative e conducano a ritenere in modo altamente
probabile, pur senza raggiungere la certezza propria del giudizio di cognizione,
che il reato per cui si indaga sia attribuibile all’imputato (Sez. 1, n. 4117 del
06/07/1995 – dep. 21/09/1995, Franzese e altro, Rv. 202435): nella specie, gli
elementi valutati dal tribunale, secondo una valutazione prognostica tipicamente
di merito, risultavano idonei a superare la soglia di gravità indiziaria richiesta
dall’art. 273 cod. proc. pen. per la conferma della misura custodiale.
Va, poi, ribadito, ancora una volta, che la valutazione del peso probatorio
degli indizi è compito del giudice di merito e, in sede di legittimità, tale
valutazione può essere contestata soltanto sotto il profilo della manifesta
illogicità della motivazione (Sez. 1, n. 3017 del 17/05/1995 – dep. 22/06/1995,
Modafferi, Rv. 201732), tale dovendosi intendere quella frattura logica evidente
tra una premessa, o più premesse nel caso di sillogismo, e le conseguenze che
se ne traggono, vizio non rilevabile quanto all’impugnata ordinanza del tribunale
di PERUGIA (v., tra le tante: Sez. 1, n. 9539 del 12/05/1999 – dep. 23/07/1999,
Commisso ed altri, Rv. 215132).

9. In definitiva, quindi, con il primo motivo di ricorso, gli indagati chiedono a
questa Corte di operare una lettura del materiale indiziario in senso più
favorevole alla difesa, non considerando, invece, che l’indagine di legittimità sul
discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il
sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa
volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato
argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di
verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è
avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle
acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di Cassazione quello
di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui
valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa
integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il
11

provvedimento cautelare è la sussistenza di gravi indizi che, quantitativamente e

ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali, come ad
esempio, quando richiama il rinvenimento di apparati radio, ciò che
implicherebbe una valutazione di fatto non consentita in questa sede (Sez. U, n.
6402 del 30/04/1997 – dep. 02/07/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944).

10. A diversa conclusione deve pervenirsi, invece, con riferimento al secondo
motivo di ricorso.

Ed invero, può convenirsi sul punto anche con le osservazioni del Procuratore
Generale di udienza; se non può, invero, dubitarsi che l’esigenza cautelare su cui
riposa la misura applicata è quella indicata dalla lett. c), dell’art. 274 c.p.p.,
l’ordinanza tuttavia non risponde ai requisiti minimi di rispetto della norma
generale sull’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, atteso che
la sinteticità del suo apparato motivazionale circa la valutazione dell’adeguatezza
della misura in atto applicata ai ricorrenti, rispetto alla richiesta sostituzione con
quella degli arresti domiciliari. Sul punto, con riferimento alla posizione
dell’Aleksander, deve rilevarsi come il medesimo abbia effettivamente goduto di
un regime cautelare progressivamente attenuato in reazione all’episodio per il
quale ebbe a verificarsi l’arresto in flagranza del 16/06/2011, sicchè la
valutazione dell’adeguatezza della misura attualmente applicatagli per l’art. 74
T.U. Stup. (rispetto al quale l’episodio del giugno 2011 costituisce uno dei reati
fine del sodalizio), richiede un più stringente e rigoroso onere motivazionale al
fine di giustificare il mantenimento della massima misura custodiate e ritenere,
per converso, inidonea quella degli arresti domiciliari. Non va, sul punto,
dimenticato che l’apprezzamento della pericolosità del ricorrente sottoposto alla
misura coercitiva della custodia cautelare in carcere ai fini della concessione degli
arresti domiciliari, è riservato al giudice di merito ed è incensurabile nel giudizio
di legittimità solo se congruamente e logicamente motivato (v., sull’argomento:
Sez. 6, n. 2852 del 02/10/1998 – dep. 30/10/1998, Lamsadeq H, Rv. 211755).
Sul punto, l’ordinanza impugnata si limita ad affermare che la misure degli
arresti domiciliari non apparirebbe idonea ad assicurare l’esigenza cautelare
posta a fondamento della misura, in particolare ad evitare che entrambi i
ricorrenti non approfittino dei margini di libertà connaturali alla misura attenuata
per proseguire l’illecita attività o per non disperdere i contatti necessari per
portela riprendere in tempi migliori, affermazione, questa, che per l’Aleksander,
non tiene conto della progressiva attenuazione del regime cautelare quanto
all’episodio dell’art. 73 T.U. Stup. e, per l’Albert, in quanto mero compartecipe,
richiedere un ancora più stringente obbligo motivazionale, tenuto conto che la
condotta di partecipazione ad una associazione per delinquere non consiste della
12

k


sola “affectio societatis”, ma occorre la prova della permanenza di un contributo
oggettivamente apprezzabile alla vita ed all’organizzazione del gruppo stesso,
anche se a carattere solo morale, il che evidentemente si riverbera anche
sull’adeguatezza della misura in relazione alla tipologia di contributo apportato
dal ricorrente.

di Perugia, al fine di meglio assolvere all’onere motivazionale relativo
all’adeguatezza o meno della misura in atto applicata ai ricorrenti.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Perugia, limitatamente
all’adeguatezza della misura applicata.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al
Direttore dell’Istituto Penitenziario competente a norma dell’art. 94, comma 1
ter, disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma, il 2 aprile 2014

Il Consigliere est.

Il Presidente

11. L’impugnata ordinanza dev’essere, pertanto, annullata con rinvio al tribunale

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA