Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19126 del 14/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19126 Anno 2018
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Contorno Giuseppe, nato a Palermo il 10/07/1948

avverso l’ordinanza del 15/12/2017 del Tribunale di Palermo

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandra Bassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Simone
Perelli, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
uditi i difensori, avv. Marco Clementi e avv. Debora Speciale, che hanno concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, Tribunale di Palermo, sezione
specializzata per il riesame, ha confermato l’ordinanza del 14 novembre 2017,
con cui il Gip presso il Tribunale di Palermo ha applicato la misura della custodia
in carcere nei confronti di Contorno Giuseppe in relazione alla incolpazione
provvisoria di cui agli art. 416-bis cod. pen., per avere fatto parte della famiglia
di Santa Maria di Gesù in qualità di capo decina.

Data Udienza: 14/03/2018

1.1. Preliminarmente, il Collegio ha rigettato l’eccezione di nullità
dell’ordinanza impugnata per difetto dell'”autonoma valutazione”, evidenziando
come il Gip – pur riportando testualmente parti della richiesta del pubblico
ministero — abbia compiuto una valutazione autonoma degli elementi stimati
dimostrativi dell’attuale partecipazione, con ruolo operativo, del Contorno
all’interno della famiglia mafiosa.
1.2. Tanto premesso, il Collegio della cautela ha ritenuto sussistenti i gravi
indizi di colpevolezza quanto all’attuale partecipazione del Contorno

raccolti nell’ambito del presente procedimento (frequentazioni con associati,
partecipazione a summit mafiosi nell’agosto e settembre 2015, emergenze delle
conversazioni intercettate, coinvolgimento in attività estorsive).
Il Tribunale ha infine stimato pienamente operante della presunzione di cui
all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., confermando il provvedimento applicativo
della misura di maggior rigore.

2. Nel ricorso proposto nell’interesse di Contorno, la difesa chiede
l’annullamento della decisione per violazione di legge in relazione agli artt. 416bis cod. pen. e 292, lett. c), cod. proc. pen. ed illogicità della motivazione. Il
ricorrente rileva che, contrariamente a quanto concluso dal Tribunale di Palermo,
il provvedimento applicativo della misura cautelare risulta motivato con mero
richiamo alla richiesta di applicazione di misura cautelare senza una “autonoma
valutazione”.
2.1. Nella memoria depositata in cancelleria, il patrono del Contorno ha
dedotto motivi nuovi, con cui ha denunciato l’illogicità della motivazione,
evidenziando, da un lato, che il Tribunale ha indicato a carico dell’indagato
un’intercettazione disposta nell’ambito di altro procedimento in relazione al quale
la posizione del Contorno è stata archiviata; dall’altro lato, che il Collegio ha
desunto l’intraneità dell’indagato nella consorteria mafiosa dalla sua
partecipazione al pranzo presso Villa Albanese, là dove l’adesione al

pactum

sceleris non può evincersi dalla mera frequentazione di soggetti componenti
un’organizzazione mafiosa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

2. Il ricorso, da un lato, si appalesa generico, là dove si limita a denunciare
la violazione della prescrizione dell'”autonoma valutazione” da parte del giudice
2

all’associazione mafiosa Cosa Nostra, sulla scorta degli elementi di indagine

del provvedimento coercitivo, ma non offre elementi obbiettivi dimostrativi
dell’effettiva riproduzione in termini pedissequi della richiesta del P.M.
2.1. Dall’altro lato, costituisce reiterazione di doglianze già sottoposte al
vaglio del Tribunale della cautela senza alcun confronto con le argomentazioni
date in risposta dal Collegio palermitano, là dove ha espressamente argomentato
in ordine alla autonomia ed indipendenza delle valutazioni espresse dal Gip a
corredo delle risultanze obbiettive delle indagini riportate nella richiesta di cui
all’art. 291 cod. proc. pen.

Corte che, in diverse occasioni, ha avuto modo di chiarire come, anche a seguito
della novella del 2015, l’ordinanza cautelare possa (ancora) essere
legittimamente motivata per relationem rispetto ad altro atto del procedimento
ed, in particolare, alla richiesta del pubblico ministero. In tale caso, tuttavia,
l’onere di cognizione e di autonoma valutazione può ritenersi legittimamente
assolto a condizione che il giudice procedente non si limiti a motivare sulla base
della mera autoevidenza dell’atto richiamato con l’aggiunta di clausole di stile o
frasi apodittiche, ma, adempiendo in modo effettivo al ruolo di controllo che gli
compete, evidenzi, con considerazioni proprie, le ragioni per le quali il contenuto
dell’atto richiamato sia corretto e condivisibile.
In particolare, si è affermato che l’ordinanza applicativa della custodia
cautelare in carcere, in cui sia stata trasfusa integralmente e alla lettera la
richiesta del pubblico ministero, non può essere considerata nulla per mancanza
assoluta di motivazione, se risulta che il giudice abbia preso cognizione del
contenuto delle ragioni dell’atto richiamato, ritenendole coerenti alla sua
decisione e sia possibile instaurare, nel procedimento incidentale, un effettivo e
trasparente contraddittorio tra le parti, assicurando concretamente all’indagato il
diritto di difesa e permettendo al giudice sovraordinato di controllare la
rilevanza, la pertinenza e la concludenza degli elementi posti a base del giudizio
di probabile reità e l’iter logico attraverso il quale si perviene alla decisione (Sez.
6, n. 26050 del 14/04/2016, Rechichi, Rv. 266970). In altri termini, il mero
rinvio o la testuale riproduzione di altro atto del procedimento non costituisce
un’operazione di per sé vietata o comunque suscettibile di dare luogo ad una
nullità insanabile dal Tribunale del riesame, a condizione che il provvedimento
non si limiti alla semplice riedizione del compendio investigativo, ma sia
supportato da considerazioni critiche proprie del giudice della cautela, autonome
rispetto all’atto richiamato.

3. I motivi nuovi depositati in Cancelleria sono all’evidenza destituiti di
fondamento.

3

2.2. La decisione in verifica si appalesa conforme all’insegnamento di questa

3.1. Quanto al primo rilievo, va osservato come il giudizio di gravità
indiziaria possa fondarsi sulla base di una pluralità di elementi a carico, di natura
logica o rappresentativa che, seppure di per sé non idonei a provare oltre ogni
dubbio la penale responsabilità, consentono – sulla scorta di valutazione globale
ed unitaria – di fondare un giudizio di qualificata probabilità di colpevolezza. In
forza dei principi di non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento,
gli indizi valutabili ai fini dell’art. 273 cod. proc. pen. possono essere tratti da
tutti gli elementi raccolti in sede di indagini, purchè non affetti da inutilizzabilità

In ossequio ai principi testè rammentati, nessun vizio può farsi discendere
dall’avere il Tribunale palermitano indicato a corredo del quadro indiziario a
carico dell’indagato un’intercettazione disposta nell’ambito di altro procedimento
in relazione al quale la posizione del Contorno è stata archiviata.
3.2. Quanto al secondo rilievo, occorre notare come, contrariamente
all’assunto difensivo, i giudici della cautelare abbiano poggiato la gravità
indiziaria non soltanto sulla sua acclarata partecipazione al pranzo presso Villa
Albanese, ma sulla base di una pluralità di emergenze processuali, stimate
congruamente convergenti in senso accusatorio. A fondamento del requisito di
cui all’art. 273 cod. proc. pen., il Collegio ha difatti richiamato: la frequentazione
dell’indagato della marmeria di Di Marco Francesco e Di Marco Gaetano, gli
incontri con il predetto Di Marco Gaetano e con Marchese Mariano, elemento di
vertice della famiglia di Villagrazia; gli incontri con altri esponenti mafiosi 1’11
aprile 2013 e, soprattutto, la partecipazione del Contorno (oltre che al summit
mafioso presso “Villa Albanese” del 10 settembre 2015), anche al summit presso
il ristorante “Na Za Nunzia” del 27 agosto 2015, nonché – e soprattutto – il
contenuto di diverse conversazioni intercettate. A ciò si aggiungono gli elementi
valorizzati dal Tribunale a dimostrazione del coinvolgimento del medesimo
Contorno nelle attività della consorteria nel settore delle estorsioni, sempre
evinti dalle intercettazioni.

4. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento
delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene
congruo determinare in duemila euro.

c.d. patologica (Sez. U n. 16/2000 ric. Tammaro, Rv. 216246).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.
att. cod. proc. pen.

Il consigliere estensore
Alessandra Bassi

Il Presidente
Vincenzo Ro ndo

M

to

Così deciso in Roma il 14 marzo 2018

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