Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19125 del 01/03/2018
Penale Sent. Sez. 6 Num. 19125 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: RICCIARELLI MASSIMO
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Anastaso Matteo, nato il 02/08/1979 a San Severo
avverso l’ordinanza del 06/12/2017 del Tribunale di Foggia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Massimo Ricciarelli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Antonietta Picardi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con ordinanza 6/12/2017 il Tribunale di Foggia ha confermato in sede di
riesame il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. del Tribunale di
Foggia in data 7/11/2017 nei confronti di Anastaso Matteo ed avente ad oggetto
veicoli o beni o somme di denaro di corrispondente valore, in relazione al reato
di cui agli artt. 80 e 76, comma 7, d.lgs. 159 del 2011.
2. Ha proposto ricorso l’Anastasio tramite il suo difensore.
Data Udienza: 01/03/2018
Deduce mancanza o vizio di motivazione in relazione all’omessa valutazione
di prove allegate al fascicolo, segnalando come in merito al
fumus dovesse
considerarsi che il decreto con cui era stata applicata al ricorrente la misura di
prevenzione non prevedeva gli adempimenti, la cui omissione era stata posta a
fondamento della misura, e che comunque non si sarebbe potuta pretendere la
conoscenza del relativo obbligo derivante da disposizione di legge, tenendo conto
che la legge 1423 del 1956 non contemplava nessuna disposizione al riguardo e
3. Il ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato.
Il motivo si incentra sull’assenza del
fumus,
con specifico riguardo
all’elemento soggettivo del reato.
Va tuttavia rimarcato che in materia di misure cautelari reali la mancanza
dell’elemento soggettivo può essere rilevata solo quando la stessa emerga «ictu
oculi» (Cass. Sez. 2, n. 18331 del 22/4/2016, Iommi, rv. 266896; Cass. Sez. 6,
n. 16153 del 6/2/2014, Di Salvo, rv. 259337; Cass. Sez. 4, n. 23944 del
21/5/2008, Di Fulvio, rv. 240521).
D’altro canto nel caso di specie si prospetta un errore derivante dalla
mancata conoscenza del precetto, in assenza di comunicazione al ricorrente
dell’obbligo su di lui gravante.
In realtà, non essendo previsto che tale comunicazione dovesse essere
fornita, l’assunto finisce per fondarsi su un’inescusabile ignorantia legis, peraltro
solo genericamente addotta, a fronte del fatto che il ricorrente rivestiva la qualità
di destinatario di misura di prevenzione.
Va aggiunto che non può parlarsi di assoluta oscurità del testo normativo e
che non sono stati forniti specifici elementi, quali rassicurazioni fornite dalla
pubblica autorità, sulla cui base il ricorrente potesse legittimamente formarsi un
diverso convincimento, da ritenersi a quel punto frutto di ignoranza scusabile agli
effetti dell’art. 5 cod. pen., letto alla luce di Corte cost. n. 364 del 1988.
4. All’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa
dell’inammissibilità, a quello della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
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che la sopravvenuta normativa era stata a sua volta sottoposta a modifiche.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 1/3/2018