Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19121 del 19/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19121 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : La Rosa Salvatore, n. a Siderno il 05/02/1984;

avverso la ordinanza del G.i.p. presso il Tribunale di Livorno in data 26/06/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale V. Geraci, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. La Rosa Salvatore propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del
G.i.p. presso il Tribunale di Livorno di applicazione della pena di anni tre di
reclusione ed euro 3.000 di multa, previo riconoscimento dell’attenuante di cui
all’art. 73, comma 5, prevalente sulla contestata recidiva, per il reato di cui
all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 in relazione alla detenzione, in concorso con
terzi, di tre panetti di hashish del peso di gr. 311,83 grammi, di gr. 1,95 di
cocaina, e di ulteriori gr. 2,23 di hashish.

Data Udienza: 19/03/2014

2.

Lamenta con un unico motivo la violazione di legge e la mancanza di

motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi probatori a fondamento
della sentenza.

2.1. In data 04/03/2014 il ricorrente ha depositato memoria con cui evoca, a
conforto del ricorso, la sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale

n. 272 del 2005, convertito in I. n. 49 del 2006, di modifica dell’art. 73 del d.P.R.
n. 309 del 1990.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.
Va ricordato che, per costante indirizzo di questa Corte (cfr., da ultimo, Sez. 4,
n. del 26/06/2013, Mazza, Rv. 256401), l’obbligo della motivazione della
sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla particolare
natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto,
ancorché succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi
positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione
giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di
bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione
condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e
di quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento
a norma dell’art. 129 c.p.p.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di
cui all’art. 129 c.p.p., deve essere accompagnato da una specifica motivazione
soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo,
invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente
nell’enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla
legge e che non ricorrono le condizioni per una pronuncia di proscioglimento ai
sensi della disposizione citata.
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo,
proporre questioni in ordine alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., senza
precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto essere
applicata nel momento del giudizio.

2

dichiarativa della illegittimità costituzionale degli artt. 4 bis e 4 vicies ter del d.l.

2. Escluso poi, nella specie, ogni effetto favorevole derivante dalla sentenza n.
32 del 2014 della Corte costituzionale (l’addebito riguarda infatti anche la
detenzione di droghe cosiddette “pesanti”), non potrebbe neppure rilevare
l’intervenuta successiva riduzione dei massimi edittali (da sei a cinque anni) della
pena della reclusione prevista per la fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R.
9 ottobre 1990 n. 309, ad opera dell’art. 2 del d.l. 23/12/2013, n. 146 convertito

officio, in presenza di ricorso inammissibile per le già considerate ragioni, la
circostanza che la pena base detentiva sia stata individuata in quella di anni
quattro e mesi quattro di reclusione, ovvero in misura assai prossima all’odierno
limite edittale massimo, il ricorso sarebbe, sotto tale aspetto, carente di
interesse; infatti, una volta annullata la presente sentenza, riacquisterebbe
inevitabilmente rilievo, a fronte della mutata configurazione della fattispecie del
comma 5 dell’art. 73, ad opera del predetto d.l. n. 146 del 2013, da circostanza
attenuante a fattispecie di reato autonomo (cfr. Sez. 6, n. 2295 del 15/10/2013,
Ayari, Rv. 257767), la contestata recidiva, non più “neutralizzabile” per effetto
del giudizio di bilanciamento, con conseguente, più sfavorevole, trattamento
sanzionatorio.
3.

L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al

pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500 in favore della
cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 19 marzo 2014

Il C

igli e est.

Il Presidente

in legge n. 10 del 2014, posto che, anche a volere valorizzare favorevolmente ex

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