Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19120 del 10/11/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19120 Anno 2018
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Paviglianiti Natale, nato il 23709/1970 a San Lorenzo (RC)
avverso l’ordinanza del 14/01/2017 emessa dal Tribunale di Reggio Calabria;
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Giorgio Fidelbo;
udito il Pubblico Ministero, nella persona dell’Avvocato Generale Francesco
Iacoviello, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito l’avvocato Antonino Curatola, che ha insistito per l’accoglimento del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Reggio Calabria, in
sede di riesame, ha confermato l’ordinanza con cui il G.i.p. del Tribunale di

Data Udienza: 10/11/2017

Reggio Calabria ha disposto la misura della custodia in carcere nei confronti di
Natale Paviglianiti, in ordine al reato di cui agli artt. 110, 629, commi primo e
secondo, cod. pen.. La contestazione riguarda un episodio di estorsione posto
in essere, in concorso con Angelo Paviglianiti e con altri soggetti non
identificati, ai danni di Carmelo e Francesco Tuscano, imprenditori impegnati
nei lavori di ristrutturazione della nuova sede della ASED s.r.I., costretti con

appartenenti alla cosca Paviglianiti che si trovavano in stato di detenzione,
con le aggravanti di cui ali artt. 628, comma terzo, n. 3, cod. pen. e 7 legge
n. 203 del 1991, in relazione alla condotta posta in essere da appartenenti ad
associazione mafiosa e avvalendosi di modalità mafiose.

2. Il Paviglianiti, tramite i suoi difensori di fiducia, ha proposto ricorso per
cassazione, con i motivi che di seguito si riassumono ai sensi dell’art. 173,
comma 1, disp. att. cod. proc. pen..
Con il primo motivo si deduce vizio di motivazione e violazione dell’art.
297, comma 3, cod. proc. pen., lamentando che l’ordinanza impugnata non si
è affatto pronunciata sulla censura fatta valere in relazione alla violazione
dell’art. 297, comma 3, cit..
Con il secondo motivo si censura il provvedimento impugnato per aver
ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza.
Il terzo motivo censura la ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari di
cui alle lettere a) e c) dell’art. 274 cod. proc. pen..
Con l’ultimo motivo si lamenta l’avvenuto riconoscimento della
sussistenza delle due aggravanti.

3. I motivi dedotti sono manifestamente infondati.

3.1. Il primo motivo è da ritenere inammissibile in quanto la questione
relativa alla retrodatazione della decorrenza del termine di custodia cautelare
può essere dedotta nel procedimento di riesame solo se ricorrono,
congiuntamente, le seguenti condizioni: a) che il termine sia interamente
scaduto, per effetto della retrodatazione, al momento del secondo
provvedimento cautelare; b) che siano desumibili dall’ordinanza applicativa
della misura coercitiva tutti gli elementi idonei a giustificare la successiva

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minacce allusive a corrispondere la somma di euro 4.000 in favore degli

ordinanza (Sez. U, n. 45246 del 19/07/2012, Polcino, Rv. 253549). Nel caso
di specie tali condizioni non solo non ricorrono, ma non sono neppure prese in
considerazione nel ricorso.

3.2. Manifestamente infondati e, soprattutto, generici sono i motivi con
cui si censura l’ordinanza in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di

con la motivazione, logica e coerente, offerta dal Tribunale, che individua
come principali e gravi fonti indiziarie le stesse persone offese, Carmelo e
Francesco Tuscano, che nelle conversazioni intercettate con Azzarà hanno
riferito di aver subito le richieste estorsive dall’indagato.

3.3. Generici sono pure i motivi sulle esigenze cautelari e sulle
aggravanti. Anche in questo caso il ricorso non si confronta con le puntuali e
articolate giustificazioni offerte dall’ordinanza impugnata (v. pag. 12- 16).

4. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa
delle ammende, che si ritiene equo determinare in euro 2.000,00.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma

I-

ter, disp. att. cod. proc. pen..
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 1 comma Iter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso il 10/11/2017

colpevolezza e alla identificazione dell’indagato, in quanto non si confrontano

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