Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19113 del 12/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19113 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
– SEBLAOUI TAREK, n. 16/08/1987 in TUNISIA

avverso l’ordinanza del tribunale della libertà di BOLOGNA in data 1/10/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Mario Fraticelli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udite, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. L. Bertoluzza – non comparso;

t,

Data Udienza: 12/03/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 1/10/2013, depositata in pari data, il tribunale della libertà
di BOLOGNA rigettava l’istanza di riesame proposta dal ricorrente avverso
l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, emessa in data

agli artt. 81 c.p., 73, comma primo, d.P.R. n. 309/1990, perché, con più azioni
esecutive del medesimo disegno criminoso, senza l’autorizzazione di cui all’art.
17, e fuori dalle ipotesi previste dall’art. 75, cedeva in più occasioni a persone
allo stato ignoti quantitativi imprecisati di sostanza stupefacente del tipo cocaina
(in Bologna, in epoca anteriore e prossima al 26 luglio 2013).

2. Ha proposto tempestivo ricorso il SEBLAOUI, a mezzo del difensore fiduciario
cassazionista, impugnando l’ordinanza predetta e deducendo due motivi, di
seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173
disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, in particolare, con il primo motivo, la violazione di legge e il vizio di
motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza
a carico dell’indagato.
Si duole il ricorrente per non aver il tribunale del riesame esplicitato le ragioni
per le quali la persona informata sui fatti, dalle generalità non rivelate dall’A.G.,
sia inattendibile rispetto ai coindagati Manai e Lamer (per cui si è proceduto
separatamente) e, dall’altro, invece, attendibile quanto alle contestazioni mosse
al Seblaoui; tali dichiarazioni avrebbero un carattere vago e sarebbero smentite
dagli atti; indica, a titolo esemplificativo alcuni elementi di contraddittorietà
emersi, che denoterebbero come l’ordinanza impugnata non abbia sottoposto a
vaglio sufficientemente critico le dichiarazioni dell’ignota persona informata sui
fatti.

2.2. Deduce, con il secondo motivo, la violazione di legge e la carenza di
motivazione con riguardo alla mancata riforma dell’ordinanza impugnata, con il
riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma quinto, T.U.
Stupefacenti.
Si duole il ricorrente in quanto l’ordinanza del tribunale non avrebbe motivato
circa la mancata configurazione dell’attenuante (all’epoca in cui il fatto venne
commesso) di cui al comma quinto dell’art. 73 T.U. Stup.; attesa la natura
2

2/08/2013 dal GIP del medesimo tribunale, in quanto indagato per il reato di cui

integralmente devolutiva dell’impugnazione in sede di riesame, il tribunale della
libertà avrebbe dovuto valutare ex officio la sussistenza dell’attenuante; in fatto,
peraltro, al ricorrente è stato addebitato di aver ceduto alla persona le cui
generalità sono state secretate modesti quantitativi di stupefacente di tipo
cocaina o, in ogni caso, non quantificabili perché oggetto di dichiarazioni; il
tribunale avrebbe dovuto – nell’impossibilità di analizzare la sostanza ceduta, di

qualificazione del reato, con particolare riferimento alla sussumibilità dello stesso
nell’ipotesi del comma quinto; versandosi, peraltro, in un’ipotesi di reato
continuato, avrebbero dovuto essere valutati i singoli episodi, allo stesso non
specificati, di cessione di cocaina, ma nessuna valutazione in tal senso risulta
dall’ordinanza impugnata; peraltro, conclude, la pluralità di cessioni non è
ostativa al riconoscimento dell’ipotesi invocata.

3. Con nota pervenuta presso la cancelleria di questa Corte a mezzo fax in data
12/02/2014, il tribunale del riesame di BOLOGNA ha, peraltro, comunicato che il
ricorrente è stato rimesso in libertà dallo stesso tribunale con ordinanza
19/12/2013, allegata alla nota di trasmissione, a seguito di dichiarazione
d’inefficacia della misura per effetto del riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art.
73, comma quinto, T.U. Stup., ordinanza resa a seguito di appello cautelare
proposto avverso una successiva ordinanza del GIP presso il tribunale del
29/11/2013.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.

5.

Ed infatti, dall’ordinanza trasmessa a questa Corte dalla cancelleria del

tribunale del riesame di Bologna, risulta che il ricorrente è stato rimesso in
libertà, avendo ritenuto i giudici della cautela che la condotta ascrittagli dovesse
essere qualificata come “di lieve entità” ai sensi dell’art. 73, comma quinto, T.U.
Stup.; conseguentemente, preso atto che il termine di durata massima della
custodia cautelare, per la fase di competenza, era decorso alla data del
29/10/2013, ha dichiarato l’inefficacia della misura e ha disposto l’immediata
liberazione del ricorrente, se non detenuto per altra causa.

6.

E’ pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, come del resto

autorevolmente affermato dalle Sezioni Unite, che in tema di ricorso avverso il
3

verificarne l’effetto drogante ed il principio attivo -, esprimersi in merito alla

provvedimento applicativo di una misura cautelare custodiale nelle more
revocata o divenuta inefficace, perché possa ritenersi comunque sussistente
l’interesse del ricorrente a coltivare l’impugnazione in riferimento a una futura
utilizzazione dell’eventuale pronunzia favorevole ai fini del riconoscimento della
riparazione per ingiusta detenzione, è necessario che la circostanza formi
oggetto di specifica e motivata deduzione, idonea a evidenziare in termini

formulata personalmente dall’interessato (Sez. U, n. 7931 del 16/12/2010 – dep.
01/03/2011, Testini, Rv. 249002).
Nel caso in esame, alla data dell’udienza davanti a questa Corte non è pervenuta
alcuna richiesta che manifesti, da parte del ricorrente, l’effettiva intenzione di
servirsi della pronuncia richiesta in vista dell’esperimento dell’azione di
riparazione per l’ingiusta detenzione.

7. Il ricorso dev’essere, pertanto, dichiarato inammissibile per sopravvenuta
carenza di interesse con riferimento ai motivi dedotti, per i quali non risulta
alcuna manifestazione di volontà diretta ad utilizzare la decisione al fine di
proporre l’azione di riparazione ex art. 314 c.p.p.
Il venir meno dell’interesse, sopraggiunto alla proposizione del ricorso, non
configura un’ipotesi di soccombenza e pertanto si ritiene che il ricorrente non
debba essere condannato ne’ alle spese processuali ne’ al pagamento della
sanzione in favore della cassa delle ammende (Sez. U, n. 7 del 25/06/1997 dep. 18/07/1997, Chiappetta ed altro, Rv. 208166).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Così deciso in Roma, il 12 marzo 2014

DEPOSITATA !N CANCELLERIA

concreti il pregiudizio che deriverebbe dal mancato conseguimento della stessa,

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