Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19111 del 22/02/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19111 Anno 2018
Presidente: MOGINI STEFANO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
Hernandez Cabrera Denis Josue’, nato il 13/07/1984 in El Salvador
Chang Shenan Miguel, nato il 13/03/1994 in Ecuador
Martinez Landaverde Juan Carlos, nato il 12/01/1977 in El Salvador

avverso la sentenza del 21/01/2017 della Corte d’appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandra Bassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Perelli
Simone, che ha concluso chiedendo che i ricorsi siano dichiarati inammissibili;
uditi i difensori, Avv. Antonio Lucio Abbondanza per Chang Shenan Miguel
nonché quale sostituto dell’avv. Enrico Mario Belloli per Hernandez Cabrera Denis
Josuè, e Avv. Ercole Forgione, in difesa di Martinez Landaverde Juan Carlos, i
quali hanno insistito per l’accoglimenti dei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 18 maggio 2016, il Tribunale di Milano ha affermato la
penale responsabilità, tra gli altri, di Denis Josue’ Hernandez Cabrera, Miguel
Shenan Chang e Juan Carlos Martinez Landaverde per i reati loro rispettivamente
ascritti nell’ambito del procedimento concernente il delitto di associazione per

Data Udienza: 22/02/2018

delinquere sub capo A) e diversi reati-fine commessi da taluni dei partecipi alla
consorteria criminale, oggetto delle contestazioni sub capi da B) ad F).
1.1. La contestazione associativa (ascritta a Hernandez Cabrera e Chang)
riguarda il gruppo criminale denominato “Barrio 18” avente le caratteristiche
delle maras sudamericane e caratterizzato da violenza e sopraffazione nei
confronti degli stessi aderenti, concretizzatesi nella imposizione di punizioni
corporali e violenze morali in caso di disobbedienza, nonché nella costrizione al
versamento di somme di denaro destinate ad una cassa comune (alimentata

al capo F) ed utilizzata sia per le esigenze del gruppo, sia per il mantenimento in
carcere dei compagni detenuti. L’organizzazione era volta alla commissione di un
numero indeterminato di reati contro la persona, anche con l’uso della violenza
(risse, lesioni personali, tentati omicidi), mediante l’utilizzo di armi (pistole,
coltelli, machete ed altri oggetti contundenti), e contro il patrimonio (rapine,
furto, spaccio di stupefacenti), reati posti in essere nell’ambito degli scontri con
bande rivali e/o al fine di procurarsi i profitti per il sostentamento del gruppo.
Quanto all’organigramma della societas, a Hernandez Cabrera è contestato il
ruolo di capo, promotore ed organizzatore, mentre a Chang è ascritto il ruolo di
mero partecipe. Risultano contestate le circostanze aggravanti della scorreria con
armi nella pubblica via e della disponibilità di armi per la commissione dei reati
fine e per le aggressioni ai danni di associati a bande rivali.
1.2. Con riguardo alle ulteriori imputazioni, sono contestati sub:

capo A-bis), a Hernandez Cabrera, il reato di cui agli artt. 110, 81,
comma secondo, cod. pen., 2 e 4 I. 2 ottobre 1967, n. 895, ed I. 18 aprile
1975, n. 110;

capo B), a Hernandez Cabrera, Landaverde e Chang, il reato di cui agli
artt. 56, 582, 585 cod. pen., così riqualificato dalla sentenza di primo
grado in quello di cui agli artt. 110, 56, 575, 577 primo comma n. 3 cod.
pen., in danno di Lopez Trivino Jackson Jahir;

capo B-bis) al Landaverde, il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 4 I. 18
aprile 1975, n. 110;

capo C), a Chang e Landaverde, il reato di cui agli artt. 110, 112 alinea n.
4, 628, comma primo e terzo n. 1, cod. pen., in danno di Vinci Elisabetta
e Kamal Kamhawi Mohamed Karam Kami;

capo C-bis), a Chang e Landaverde, il reato di cui agli artt. 110, 582, 585,
576, 61 n. 2 cod. pen., in danno di Kamal Kamhawi Mohamed Karam
Kami;

capo E), a Chang, il reato di cui agli artt. 110 e 648 cod. pen., avente ad
oggetto un’autovettura TOYOTA RAV provento di furto;
2

anche con i profitti derivanti dall’attività di spaccio di sostanze stupefacenti di cui

- capo F), a Hernandez Cabrera e Chang, il reato di cui agli artt. 110, 81,
comma secondo, cod. pen. e 73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Nei confronti di Chang Shenan è contestata la recidiva specifica reiterata ed
infraquinquennale.
1.3. Il Tribunale, riqualificato il reato di cui al capo B) nei termini già
precisati (da tentato omicidio in tentate lesioni aggravate), unificati tutti i reati
sotto il vincolo della continuazione e concesse le circostanze attenuanti generiche
equivalenti alle contestate aggravanti ed alla ritenuta recidiva, ha condannato

pena di anni otto e mesi nove di reclusione e 1650 euro di multa e Martinez
Landaverde alla pena di anni quattro e mesi quattro di reclusione euro novecento
di multa.
Come dato conto nella sentenza d’appello, il Tribunale di Milano ha
fondato il giudizio di penale responsabilità per l’imputazione associativa e per le
ulteriori contestazioni sugli esiti delle intercettazioni telefoniche disposte nel
corso delle indagini (stante il consenso delle parti all’acquisizione delle
trascrizioni compiute dalla polizia giudiziaria, i c.d. brogliacci), sul contenuto
delle annotazioni di RG. relative ai servizi di osservazione, pedinamento e
controllo e di sequestro delle armi, nonché sulle dichiarazioni rese dalle persone
offese e informate dei fatti.
Quanto alle captazioni – che costituiscono l’ossatura del quadro d’accusa
-, il Collegio ha evidenziato come le interlocuzioni debbano ritenersi genuine
perché fatte da persone inconsapevoli di essere intercettate, le quali parlavano
liberamente, specificando numerosi dettagli relativi alla vita dell’associazione ed
al programma criminoso, con sporadici riferimenti alla necessità di fare
attenzione alle dichiarazioni fatte al telefono e tentativi maldestri di utilizzare un
linguaggio in codice, smentiti subito dopo dall’utilizzo di termini del tutto espliciti
(quali “pistole” o “droga”). I giudici della cognizione hanno escluso che le
conversazioni contengano rappresentazioni esagerate della realtà o mera
millanteria, là dove gli interlocutori assumevano un tono serio quando si trattava
di aspetti fondamentali del funzionamento dell’associazione e delle attività illecite
svolte nell’ambito del programma criminoso, rimarcando come – ad ogni modo le emergenze delle captazioni risultino corroborate da ulteriori elementi di prova.
In relazione a specifici episodi criminosi, il Collegio ha fatto richiamo alle
dichiarazioni rese dalle persone offese o informate dei fatti, stimate attendibili ed
utilizzabili.

2. Con la sentenza in epigrafe, la Corte d’appello di Milano, in parziale
riforma dell’appellata sentenza di primo grado, qualificato il fatto di cui al capo F)
3

Hernadez Cabrera Denis alla pena di anni nove di reclusione, Chang Shenan alla

ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ha rideterminato la
pena inflitta a Hernandez Cabrera Denis in anni sette e mesi sei di reclusione e a
Chang Shenan in anni sette e mesi tre di reclusione e 1350 euro di multa,
mentre ha confermato la condanna di Martinez Landaverde.

3. Denis Josuè Hernandez Cabrera, nel ricorso a firma del difensore di
fiducia Avv. Enrico Mario Belloli, chiede che la sentenza resa nei suoi confronti
sia cassata per mancanza e contraddittorietà della motivazione e travisamento

di cui al capo A) ed al ruolo contestatogli; sia alla stimata integrazione del delitto
di cui al capo A-bis), con riguardo alla pistola nonché alle armi utilizzate per
commettere i reati di cui ai capo B) e C).
A sostegno di tali deduzioni (sunteggiate ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod.
proc. pen.), il ricorrente rileva che la Corte distrettuale si è limitata a richiamare
la motivazione della sentenza di primo grado senza rispondere alle doglianze
difensive; ha fondato la conferma del giudizio di responsabilità sulla base delle
intercettazioni travisandone il contenuto; ha svalutato — quanto al ruolo apicale
contestato all’Hernandez – la circostanza che Aquino Alvarado abbia rifiutato la
richiesta di mettere a disposizione la propria autovettura per la spedizione
punitiva di cui al capo B), prendendovi comunque parte; ha confermato la
ritenuta presenza di armi, nonostante nessuna pistola sia stata rinvenuta nella
disponibilità degli imputati, per di più ritenendo sussistente l’aggravante
dell’associazione armata a carico di tutti gli associati sebbene il reato sub capo
A-bis) sia ascritto a due soli imputati.

4. Miguel Chang Shenan, nel ricorso proposto dal difensore di fiducia Avv.
Antonio Lucio Abbondanza, chiede l’annullamento della sentenza per i seguenti
motivi.
4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione di legge penale in
relazione agli artt. 125, 192, 530 e 546, lett. e), cod. proc. pen. e art. 416 cod.
pen. (capo A) ed il vizio di motivazione, per avere la Corte d’appello confermato
il giudizio di penale responsabilità in ordine al reato associativo omettendo di
dare risposta in ordine alla contestata sussistenza dell’associazione ed alla
confutata partecipazione del ricorrente, non potendo questa evincersi dalla breve
frequentazione della banda, né dal versamento della somma di 20 euro, né dal
contenuto delle intercettazioni.
4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente eccepisce la violazione di legge
penale in relazione agli artt. 125, 192, 530 e 546, lett. e), cod. proc. pen. e artt.
110, 56, 582 e 585 cod. pen. (capo B) ed il vizio di motivazione, per avere la
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della prova in ordine sia alla ritenuta sussistenza dell’associazione per delinquere

Corte confermato il giudizio di penale responsabilità in ordine al reato in oggetto,
omettendo di dare risposta alla contestata presenza dell’imputato nel gruppo di
persone che partecipava alla tentata aggressione.
4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione di legge penale in
relazione agli artt. 125, 192, 530 e 546, lett. e), cod. proc. pen. e artt. 110, 628,
582, 585 e 576 cod. pen. (capi C e C-bis) ed il vizio di motivazione, per avere la
Corte confermato il giudizio di penale responsabilità dell’imputato in ordine al
reato in oggetto, omettendo di rispondere alla sollecitata diversa qualificazione

dalle persone offese Kamal e Vinci.
4.4. Con il quarto motivo, il ricorrente eccepisce la violazione di legge penale
in relazione agli artt. 125, 192, 530 e 546, lett. e), cod. proc. pen. e artt. 110
cod. pen. e 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo F) ed il vizio di motivazione,
per avere la Corte confermato il giudizio di penale responsabilità in ordine al
reato in oggetto, omettendo di dare risposta alla deduzione mossa nell’appello
con riguardo alla condizione di tossicodipendenza del ricorrente ed alla
conseguente destinazione della sostanza detenuta ed acquistata all’uso
personale.

5. Juan Carlos Martinez Landaverde, nel ricorso presentato dal difensore di
fiducia Avv. Nicola Caputo, chiede che la sentenza della Corte lombarda sia
annullata muovendo i rilievi di seguito sunteggiati.
5.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce l’erroneità ed il “travisamento
dei fatti”, nonché il vizio di motivazione e la violazione di legge in relazione
all’art. 110 cod. pen. quanto al capo B), per avere la Corte d’appello
apoditticamente ritenuto provato che il gruppo avesse deciso di procurare delle
lesioni nei confronti di Lopez Trivino (facente parte della pandilla avversaria) e
non semplicemente di spaventarlo; per avere altresì stimato provato il concorso
di Landaverde nel fatto sebbene si tratti di soggetto incensurato, dedito ad uno
stabile e redditizio lavoro e con una famiglia regolare, di nazionalità ecuadoregna
come i componenti della pandilla avversaria e, pertanto, estraneo al Barrio 18.
Ad avviso del ricorrente, non può ritenersi provato neanche un contributo di
natura morale nel fatto del 26 gennaio 2014, versandosi in un’ipotesi di
connivenza non punibile.
5.2. Con il secondo motivo, Landaverde deduce l’erroneità ed il
“travisamento dei fatti” nonchè il vizio di motivazione e la violazione di legge in
relazione all’art. 110 cod. pen. quanto al capo B-bis), per avere il Collegio del
gravame ritenuto provato che il gruppo si fosse munito di armi al fine di
realizzare la spedizione, con considerazioni contrastanti con la logica e comunque
5

giuridica del fatto oggetto di contestazione, sulla scorta delle dichiarazioni rese

disancorate dalle emergenze probatorie, risultando ad ogni modo, indimostrato
che Landaverde fosse a conoscenza del fatto che il borsone portato sul posto dal
gruppo fosse pieno d’armi.
5.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce l’erroneità ed il “travisamento
dei fatti”, nonché il vizio di motivazione e la violazione di legge in relazione
all’art. 110 cod. pen. quanto ai capi C) e C-bis), per avere la Corte confermato il
giudizio di penale responsabilità a carico del ricorrente in ordine all’aggressione
in danno di Kamhawi Mohamed Karam Kami Kannel e Elisabetta Vinci nonostante

ipotesi di mera connivenza non punibile.
5.4. Infine, con l’ultimo motivo, il ricorrente si duole dell’eccessiva gravosità
della pena inflitta, in quanto di gran lunga superiore al minimo edittale, e del
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con mero giudizio di
equivalenza sulle contestate aggravanti sebbene Landaverde si sia tutt’al più
limitato a dare un contributo morale ai fatti, sia un soggetto incensurato, dedito
ad un’occupazione lavorativa a tempo indeterminato, con una famiglia ed una
stabile dimora.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Le doglianze mosse dai ricorrenti in merito alla ricostruzione in fatto delle
vicende oggetto di contestazione non sfuggono ad una preliminare ed assorbente
censura di inammissibilità.
1.1. Per un verso, i ricorrenti ripropongono rilievi già dedotti in appello e non
si confrontano con la compiuta e lineare motivazione svolta dai Giudici della
cognizione e, dunque, omettono di assolvere la tipica funzione di una critica
argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 20377 del
11/03/2009, Arnone e altri, Rv. 243838).
1.2. Per altro verso, sollecitano una rilettura delle emergenze processuali,
non consentita in questa Sede, dovendo la Corte di legittimità limitarsi a
ripercorrere l’iter argomentativo svolto dal giudice di merito per verificare la
completezza e l’insussistenza di vizi logici ictu oculi percepibili, senza possibilità
di valutare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali

(ex

plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).
1.3. A ciò si aggiunga che, ferma restando l’impossibilità di dedurre dinanzi
col ricorso per cassazione il “travisamento di fatto”, a fronte della duplice
condanna in primo ed in secondo grado (c.d. doppia conforme), il “travisamento
della prova” (come desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri
atti del processo purché specificamente indicati dal ricorrente) non può essere

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l’assenza di una prova certa del suo diretto coinvolgimento, versandosi in un

coltivato dinanzi a questa Corte di legittimità, se non nel caso in cui il giudice di
appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia
richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice ovvero quando
entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle
risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta
evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non
corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al
compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 44765

dep. 2014, Capuzzi, Rv. 258438).
1.4. Sempre in linea generale, occorre chiarire come, secondo i consolidati
principi espressi da questa Corte regolatrice, gli indizi raccolti nel corso di
conversazioni telefoniche intercettate, a cui non abbia partecipato l’imputato,
possano certamente costituire fonte diretta di prova, senza necessità di reperire
riscontri esterni, qualora siano gravi, precisi e concordanti e cioè allorchè: a) il
contenuto della conversazione sia chiaro; b) non vi sia dubbio che gli
interlocutori si riferiscano all’imputato; c) per il ruolo ricoperto dagli interlocutori
nell’ambito dell’associazione di cui fanno parte, non vi sia motivo per ritenere
che parlino non seriamente degli affari illeciti trattati; d) non vi sia alcuna
ragione per ritenere che un interlocutore riferisca il falso all’altro (Sez. 6, n.
8211 del 11/02/2016, Ferrante e altri, Rv. 266509; Sez. 1, n. 40006 del
11/04/2013, Vetro, Rv. 257398). Si tratta dunque di prove dirette soggette al
generale criterio valutativo del libero convincimento razionalmente motivato,
previsto dall’art. 192, comma 1, cod. proc. pen., rispetto alle quali non è
necessario reperire dati di riscontro esterno e, tuttavia, qualora tali elementi
abbiano natura soltanto indiziaria, essi potranno essere utilizzati ai fini del
giudizio alla stregua della regola codificata all’art. 192, comma 2, cod. proc. pen.
e dovranno, pertanto, essere valutati alla luce di altri elementi così da
conseguire gravità, precisione e concordanza (Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014,
Amaniera ed altri Rv. 260842).
1.5. Tanto premesso in linea generale, la decisione è comunque immune dai
vizi denunciati dai singoli ricorrenti, là dove la motivazione svolta dalla Corte
lombarda – come integrata dal già esaustivo e puntuale apparato argomentativo
svolto dal primo giudice – offre risposta a tutte le deduzioni mosse negli atti
d’appello sulla base di una plausibile ricostruzione della vicenda, con
considerazioni aderenti alle emergenze dell’incartamento processuale, scevre da
illogicità manifesta e corrette in diritto, pertanto non scrutinabili col ricorso ex
art. 606 cod. proc. pen.

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del 22/10/2013, Buonfine e altri, Rv. 256837; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013 –

2. Con specifico riguardo al ricorso di Denis Josuè Hernandez Cabrera, dopo
avere riportato gli stralci più rilevanti della motivazione del Tribunale (v. pagine
9 – 96 della sentenza) e dato conto dei motivi d’appello (v. pagine 96 – 104
della sentenza), la Corte ha circostanziato gli elementi fattuali che consentono di
ritenere provata la sussistenza della

societas sceleris ed il ruolo di vertice

ascritto al ricorrente (v. pagine 106 e seguenti).
2.1. In particolare, la Corte territoriale ha posto in evidenza come la vita di
gruppo degli affiliati al “Barrio 13” fosse caratterizzata dal ricorso alla violenza

traduceva in concrete azioni delittuose compiute dagli aderenti al gruppo – fra cui
la brutale rapina di cui al capo C) della rubrica e la spedizione punitiva nei
confronti di Lopez Trivino sub capo B) -, nonchè in vere e proprie scorrerie con
armi; come l’associazione esercitasse un vero e proprio controllo del territorio (“il

parco è nostro”), che marcava fisicamente apponendo il numero 18 nelle zone
della città sottoposte alla propria supremazia; come l’affiliazione
all’organizzazione prevedesse il superamento di un rito d’iniziazione (consistente
in un pestaggio da quattro associati per la durata di 18 secondi), dunque
postulasse il coraggio fisico quale elemento determinante per l’inserimento
nell’organizzazione ed imponesse un dovere di fedeltà, la cui violazione
comportava l’assoggettamento a punizioni; come la compagine fosse organizzata
secondo una struttura piramidale che vedeva al vertice lo stesso Hernandez
Cabrera Denis; come i componenti del gruppo si incontrassero in riunioni
periodiche (due delle quali venivano monitorate dagli inquirenti durante le
indagini) e fossero tenuti al versamento di quote associative ed
all’autofinanziamento, allo scopo sia di sostenere gli affiliati ristretti in carcere,
sia di approvvigionarsi delle armi, sia di investire nel traffico di stupefacenti per
rimpinguare le casse della societas; come l’organizzazione fosse costituita allo
scopo di dare attuazione ad un programma criminoso generico ed indeterminato,
volto alla commissione di reati contro la persona ed il patrimonio, così da
realizzare il fine di prevalere sulla pandilla avversaria “MS13”; come il sodalizio
criminale disponesse di armi, alcune delle quali sottoposte a sequestro.
2.2. Sulla scorta di tali evidenze di fatto, ineccepibile è la conclusione cui è
pervenuta la Corte d’appello lombarda nel ritenere integrato il reato di
associazione per delinquere, là dove, in linea con la lezione ermeneutica di
questa Corte regolatrice, ha valorizzato elementi inequivocabilmente dimostrativi
sia della stabilità e tendenziale permanenza del vincolo associativo, trascendente
la commissione dei singoli reati-fine (quali il rito di affiliazione,
l’assoggettamento a dovere di fedeltà al gruppo ed a punizioni in caso di
inosservanza ad esso, l’obbligo di versare la quota associativa e di partecipare
8

come filo conduttore, violenza non solo verbale ma anche materiale, che si

all’autofinanziamento); sia dell’esistenza di una struttura organizzata, di uomini
e di mezzi, tutt’altro che rudimentale, impostata piramidalmente con ben
individuate linee di comando (al cui vertice si poneva appunto il ricorrente
Hernandez Cabrera Denis); sia dell’indeterminatezza del programma criminoso,
che appunto segna la distinzione con il concorso di persone, e del susseguirsi
ininterrotto, per un apprezzabile lasso di tempo, delle condotte integranti reati
connotati dall’uso di violenza, contro il patrimonio ed in materia di stupefacenti,
ad opera degli aderenti alla societas sceleris.

compendio argomentativo svolto a sostegno del ritenuto ruolo apicale contestato
al ricorrente, congruamente argomentato dai giudici della cognizione sulla base
del contenuto – stimato convincentemente inequivoco – delle intercettazioni (v.
pagine 123 e seguenti della sentenza), in ossequio ai principi generali in materia
sopra ricordati nel paragrafo 1.4 del ritenuto in diritto.

3. Analoghe considerazioni valgono quanto al ricorso proposto da Miguel
Chang Shenan.
3.1. Ribadita la completezza e linearità del discorso giustificativo svolto dalla
Corte a sostegno della ritenuta sussistenza dell’associazione (richiamate le
considerazioni testè svolte nei paragrafi 2.1 e 2.2), la Corte ha
incensurabilmente motivato la ritenuta partecipazione di Chang Shenan alla

societas e le ulteriori contestazioni al medesimo elevate, passando in rassegna le
emergenze dell’intercettazione del 28 maggio 2014, da cui si evince l’affiliazione
del Chang Shenan (v. pagina 109 della sentenza), e della telefonata del 9
settembre 2014, nella quale Chang dava istruzioni a Hernandez Penate Rebeca
per il trasporto delle armi bianche poi sequestratele (v. pagina 118 della
sentenza).
La Corte ha quindi dato conto degli elementi dimostrativi della
partecipazione del ricorrente alle vicende di cui ai capi B), C) e C-bis), oggetto
del programma associativo, e non si è sottratta dall’affrontare la doglianza
concernente la contestazione in materia di stupefacenti sub capo F), là dove ha
evidenziato – con puntuali riferimenti alle emergenze degli atti e con un
ragionamento conforme a logica – come sia da escludere che la sostanza trattata
dal ricorrente e dai correi fosse finalizzata all’esclusivo uso personale.
Conclusione che trova solido ancoraggio nell’icastica interlocuzione fra Martinez
Rodriguez e Hernandez Cabrera Denis – intercettata il 24 giugno 2014 – affinchè
fossero date istruzioni a Chang Shenan di acquistare sostanza che si vendeva più
velocemente “l’importante è venderla subito, lui conosce le persone giuste” (v.
pagina 121 della sentenza).
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2.3. Non presta il fianco a censure coltivabili in questa sede neanche il

4. Quanto, infine, al ricorso di Juan Carlos Martinez Landaverde, va
innanzitutto ribadito che il “travisamento del fatto” costituisce vizio non
coltivabile dinanzi alla Corte di cassazione e che il “travisamento della prova” può
essere denunciato negli stretti limiti sopra rilevato nel paragrafo 1.3 del
considerato in diritto.
4.1. Tanto premesso, la motivazione svolta dalla Corte milanese a conferma
della condanna di Martinez Landaverde detto Chacal ai delitti al medesimo

dedotte nel ricorso.
Il Giudice a quo ha ben spiegato che la presenza di Martinez Landaverde nei
luoghi teatro dei reati fine sub B) e C) non era in alcun modo casuale e che sebbene all’epoca non fosse ancora entrato a comporre la

societas sceleris

“Barrio 18” (giusta le chiarissime parole di Hernandez Cabrera Denis Josue in
merito al fatto che Landaverde non si era ancora determinato a sottoporsi alla
procedura di affiliazione del pestaggio rituale) – il ricorrente era in tutto e per
tutto parificato ai componenti del gruppo, là dove partecipava alla riunione
preliminare alla spedizione punitiva in danno di Lopez Trivino presso la discoteca
“SET Club” e quindi alla spedizione stessa, con le armi affidate ad Hernandez
Cabrera Jayro (richiamando a sostegno di tali conclusioni: il contenuto delle
intercettazioni, gli esiti dei servizi di appostamento ed osservazione predisposti
dalla squadra mobile di Milano in Via Sannmartini n. 33 il 25 gennaio 2014 allo
scopo di scongiurare l’omicidio del Trivino, le dichiarazioni del testimone
Campari, i rilievi fotografici tratti dalle riprese delle telecamere di sorveglianza).
4.2. Ineccepibilmente la Corte territoriale ha stimato il ricorrente
responsabile del tentativo di lesioni aggravate e del possesso delle armi (solo)
materialmente detenute da Hernandez Cabreras Jayro, al pari di tutti gli altri
partecipi alla spedizione punitiva.
La conclusione del Collegio milanese poggia invero su di un ragionamento
solidamente ancorato alle emergenze processuali, connotato da scansioni
motivazionali scevre da illogicità manifesta e, soprattutto, perfettamente
conforme alla consolidata giurisprudenza in tema di connivenza non punibile,
istituto configurabile soltanto qualora la presenza di un soggetto al fatto
delittuoso si appalesi come meramente accidentale, e non intenzionale, e sia soprattutto — passiva, cioè non assicuri nessun contributo di carattere materiale
né morale alla perpetrazione del fatto, dunque non sia tale da integrare una
forma di cooperazione morale al delitto il rafforzamento del proposito dell’autore
materiale e il potenziamento della sua capacità di intimidazione e di offesa (Sez.
5, n. 2805 del 22/03/2013 – dep. 21/01/2014, Grosu, Rv. 258953). Situazione di
10

C=n–

ascritti (v. pagine 147 e seguenti della sentenza) non presta il fianco alle censure

occasionalità e di passività del contributo assicurato all’azione criminosa che
certamente non è ravvisabile nell’agire del Landaverde.
4.3. Altrettanto incensurabilmente la Corte distrettuale ha stimato
comprovato il pieno e consapevole coinvolgimento di Martinez Landaverde anche
alla rapina in danno del Kamal e della Vinci sub capo C), rimarcando come – nel
proporre l’analoga doglianza in appello – la difesa avesse trascurato di
considerare come il ricorrente fosse stato riconosciuto da entrambe le persone
offese con certezza non solo fra i componenti del gruppo che si era

parte alla aggressione nei loro confronti. Conclusione d’altronde convalidata dalle
dichiarazioni accusatorie rese dal correo Chang Shenan.

5. Dalla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti, oltre che al pagamento delle
spese del procedimento, ciascuno anche a versare una somma, che si ritiene
congruo determinare in duemila euro.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di euro duemila in favore
della cassa delle ammende.

Così deciso il 22 febbraio 2018

minacciosamente avvicinato, ma anche fra coloro che avevano direttamente reso

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