Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 191 del 02/12/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 191 Anno 2017
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: DI PISA FABIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Zampella Umberto, nato a Caserta il 12/03/1994

avverso la sentenza del 18/12/2014 della Corte di Appello di Napoli

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabio Di Pisa;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Perla Lori, che ha
concluso chiedendo dichiararsi l’ inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza del 18/12/2014, la Corte di Appello di Napoli confermava la sentenza del
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in forza della quale Umberto Zampella era stato ritenuto
responsabile dei reati di concorso in rapina e resistenza a pubblico ufficiale e
alla pena di giustizia.

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El/ condanna4í

Data Udienza: 02/12/2016

2. Avverso la suddetta sentenza l’imputato, a mezzo del proprio difensore, propone ricorso per
cassazione deducendo:- nullità della sentenza per violazione di legge nonché per omissione e
contraddittorietà della motivazione quanto alla omessa derubricazione del reato di rapina
impropria consumata in tentato furto; nullità della sentenza per violazione di legge nonché per
omissione e contraddittorietà della motivazione quanto alla omessa derubricazione del reato di
rapina impropria consumata in rapina impropria tentata; omessa motivazione in ordine al
trattamento sanzionatorio in concreto anche quanto alli aumento per la continuazione ed al

contestate circostanze aggravanti.

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

4.

Le censure riproposte con il presente ricorso vanno ritenute null’altro che un modo

surrettizio di introdurre, in questa sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi
fattuali già ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con motivazione logica, e
del tutto coerente con gli indicati elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi
difensiva confermando la corretta qualificazione dei fatti contestati operata dal primo giudice.
4.1. Premesso che in tema di rapina, ai fini della minaccia costitutiva del reato, è sufficiente
qualunque condotta, con parole ovvero atti avente forza coercitiva e idoneità a rappresentare il
pericolo in vista del quale è impedita la libera determinazione della volontà della vittima, va
osservato che la corte di appello, con ragionamento congruo e corretto, ha condannato lo
Zampella in ordine al reato contestato avendo accertato che l’ odierno imputato aveva fatto
uso di violenza fisica nei confronti dei Carabinieri intervenuti, per guadagnarsi l’ impunità,
spintonandoli.
4.2. Il reato deve, poi, ritenersi consumato, come affermato dai giudici di merito, in quanto,
secondo quanto pacificamente ricostruito, lo Zampella aveva la disponibilità dei beni
allorquando sono intervenuti militari.
4.3. Invero in tema di rapina impropria, il reato di cui all’art. 628 cod. pen. può dirsi
consumato nell’ipotesi in cui la cosa venga sottratta al possessore e l’agente se ne sia
impossessato, anche per brevissimo tempo, sfuggendo alla cerchia di vigilanza del titolare,
essendo irrilevante che la refurtiva sia stata abbandonata immediatamente dopo la
sottrazione, per l’intervento del tutto aleatorio di un terzo. (In applicazione di tale principio, la
Corte ha ritenuto configurabile il reato di rapina impropria consumata e non tentata in
relazione alla condotta dell’imputata, che, dopo aver conseguito, anche se per breve tempo, il
possesso della refurtiva, la abbandonava sulla via della fuga). (Sez. 2, n. 22098 del
19/05/2015 – dep. 27/05/2015, P. Si è pure precisato che integra il reato di rapina, e non
quello di tentata rapina, la condotta di chi si impossessa della refurtiva, acquisendone
l’autonoma disponibilità, pur se l’impossessamento sia avvenuto sotto il controllo, anche
costante, delle Forze dell’Ordine, laddove queste siano intervenute solo dopo la sottrazione, in
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difetto di un giudizio di prevalenza della circostante attenuanti generiche rispetto alle

quanto il delitto previsto dall’art. 628 cod. pen. si consuma nel momento e nel luogo in cui si
verificano l’ingiusto profitto e l’altrui danno patrimoniale, a nulla rilevando, invece, la mera
temporaneità del possesso conseguito. (Sez. 2, n. 5663 del 20/11/2012 – dep. 05/02/2013,
Alexa Catalin e altro, Rv. 25469101)G. e Gavezzoli, Rv. 26399601).

5. I motivi di ricorso di Umberto Zampella relativi al trattamento sanzionatorio sono tutti
manifestamente infondati, a fronte delle argomentazioni corrette dal punto di vista logico e

c.p., comma 2, n. 2, fa riferimento ai detti fini alla gravità dei fatti, ponendo l’ accenek) sul
calcolo della pena ad opera del primo giudice in misura prossima ai minid ittali.

6. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla
declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al pagamento in favore
della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal
ricorso, si determina equitativamente in euro millecinquecento.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro millecinquecento a favore della Cassa delle Ammende.
Sentenza a motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 2 Dicembre 2016

II consigliere estensore

II presidente

giuridico esposte dalla sentenza impugnata, che, in conformità a quanto previsto dall’art. 133

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