Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19097 del 03/07/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19097 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MINCONE GIANNI N. IL 23/01/1970
avverso la sentenza n. 1632/2012 GIP TRIBUNALE di CHIETI, del
22/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;
Data Udienza: 03/07/2013
n.188 MINCONE Gianni
Motivi della decisione
L’imputato ricorre per cassazione a mezzo del difensore contro la
sentenza di applicazione concordata della pena in epigrafe indicata, quale
di detenzione illecita di sostanze stupefacenti tipo cocaina, commesso in Tollo e
Pescara il 16 luglio 2012.
Denunzia
vizi di
difetto della motivazione
in relazione alla mancata
applicazione dell’art.129 cod.proc.pen.
Il ricorso è inammissibile, ex art. 606, comma 3, cod.proc.pen., perché proposto
per motivi manifestamente infondati.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis
S.U. 27
settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di
applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della
medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché
succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti
(la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del
fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la
congruità della pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena
ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che
non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129
cod.proc.pen.).
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo,
proporre questioni in ordine alla mancata applicazione dell’art. 129 cod.proc.pen.
senza precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto
responsabile del delitto di cui all’art. 73, comma 1 e 1-bis d.P.R. n. 309/1990,
essere applicata nel momento del giudizio. Nella concreta fattispecie il Primo
Giudice ha peraltro dato atto della ricorrenza dei presupposti escludenti una
pronunzia di proscioglimento, atteso il contenuto dell’informativa di reato del 16
luglio 2012.
Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 in
favore della cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, trattandosi di
causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente
stesso (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13 giugno 2000 ).
PQM
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< Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma,lì 3 luglio 2013.