Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19096 del 03/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19096 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
EL GHAZALI AHMED N. IL 25/05/1985
MOUNIN ADNAN N. IL 15/09/1983
avverso la sentenza n. 2637/2012 TRIBUNALE di PRATO, del
23/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 03/07/2013

n.185 EL GHAZALI AHMED – MOUNIN ADNAN

Motivi della decisione

Gli imputati

in epigrafe ricorrono personalmente per cassazione

avverso la sentenza di cui in epigrafe recante applicazione della pena ai sensi
dell’art. 444 cod. proc. pen. sul presupposto della riconosciuta responsabilità

309/1990,di detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente tipo cocaina,
commessi in Prato il 19 ottobre 2010.
Entrambi i ricorsi sono manifestamente infondati e quindi vanno giudicati
inammissibili.
Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio secondo il quale l’obbligo
della motivazione della sentenza di patteggiamento non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della stessa: lo sviluppo delle linee
argonientative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con
cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione. Ciò implica, tra l’altro, che il giudizio negativo circa la
ricorrenza di una delle ipotesi di cui al richiamato art. 129 cod.proc.pen. deve
essere accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti
o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile
applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in
caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione , anche implicita,
che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le
condizioni per la pronunzia di proscioglimento ex art. 129 (S.U. 27 marzo 1992,
Di Benedetto ; S.U. 27 dicembre 1995, Serafino).
Né l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione
censurandola come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento
che la statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del
giudicabile. D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena
pattuita rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue,
come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato. Va detto che il Giudice di prime cure ha opportunamente,
all’uopo richiamato il contenuto della comunicazione del verbale di arresto in
flagranza dei prevenuti nonché di quelli di perquisizione e di sequestro.
E’ opportuno ancora ricordare, in relazione alla censura dedotta dal MOUNIN
ADNAN, che nel “patteggiamento”, una volta che il giudice abbia ratificato
l’accordo, non è più consentito alle parti prospettare, in sede di legittimità,

degli stessi in ordine a due distinti reati di cui all’art. 73,comma V° d.P.R. n.

questioni con riferimento – non solo alla sussistenza ed alla qualificazione
giuridica del fatto, alla sua attribuzione soggettiva, alla applicazione e
comparazione delle circostanze – ma anche alla entità ed alle modalità di
applicazione della pena,salvo che non si versi in un caso di pena illegale: ipotesi
neppure prospettata dal ricorrente ( cfr.,ex mu/tis: Sezione VII, 21 dicembre
2009, El Hanana).
Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00,

trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a
colpa, dei ricorrenti stessi (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13
giugno 2000).

PQM

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al
pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di euro
1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2013
Il Cons. est.

Il Presidente

ciascuno in favore della cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria,

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