Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19093 del 03/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19093 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ERMINI GAVARINI ERIKA N. IL 25/04/1989
OTAY LOTFI N. IL 10/01/1979
RABY SALAH MOHAMED N. IL 20/03/1982
M’BARKI HAYET N. IL 09/08/1981
CICCARELLO CICCHINO LEONARDO N. IL 01/02/1983
JANDOUBI FAOUZI N. IL 20/02/1971
avverso la sentenza n. 5596/2012 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di PARMA, del 07/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 03/07/2013

n.173 ERMINI GAVARINI Erika + 6

Motivi della decisione

Gli imputati di cui in epigrafe propongono distinti ricorsi per cassazione
contro la sentenza di applicazione concordata della pena, emessa ex art.444 cod.

confronti quali responsabili di plurime violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990
nonché del delitto di cui agli artt. 81 cpv.,110,624,625 nn. 4 e 5 cod. pen. ( capo
52) – come agli stessi rispettivamente ascritte in rubrica – commesse in Parma,
Modena,Milano,Mezzani,Torrile e Reggio nell’Emilia fino al 10 aprile 2011,
lamentando vizi motivazionali in punto alla mancata applicazione dell’art. 129
cod.proc.pen. nonché in punto alla quantificazione della pena.
I ricorsi sono inammissibili per manifesta infondatezza.
Per ciò che attiene al dedotto difetto di motivazione in punto al diniego
dell’applicazione dell’art. 129 cpv. cod. proc. pen, deve rilevarsi che questa Corte
ha ripetutamente affermato il principio secondo cui l’obbligo della motivazione
non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di
patteggiamento: lo sviluppo delle linee argomentative è necessariamente
correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa
dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ciò implica, tra l’altro, che il
giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui al richiamato art.
129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una specifica motivazione solo
nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi
circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi
sufficiente, in caso contrario, una motivazione che enunci, anche implicitamente,
che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le
condizioni per la pronunzia di proscioglimento ex art. 129 (S.U. 27 marzo 1992,
Di Benedetto; S.U. 27 dicembre 1995, Serafino). Nel caso di specie, il GIP ha
invero escluso la sussistenza di evidenze probatorie a conforto della pronunzia di
proscioglimento degli imputati, atteso l’esito delle indagini svolte dai Carabinieri
in uno con le eseguite intercettazioni, con i sequestri dello stupefacente e con gli
accertamenti peritali espletati, tenuto conto delle dichiarazioni rese dagli
imputati in sede di interrogatorio.
Né l’imputato può avere interesse a dolersi di siffatta motivazione censurandola
come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento che la
statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del
giudicabile. Sicchè, una volta che il giudice abbia ratificato l’accordo, non è più

i

proc. pen. in data 7 novembre 2012, dal GIP del Tribunale di Parma nei loro

consentito alle parti prospettare, in sede di legittimità, questioni con riferimento
– non solo alla sussistenza ed alla qualificazione giuridica del fatto, alla sua
attribuzione soggettiva, alla applicazione e comparazione delle circostanze – ma
anche alla entità ed alle modalità di applicazione della pena,salvo che non si
versi in un caso di pena illegale (ex multis: Sezione VII, 21 dicembre 2009, El
Hanana): ipotesi neppure prospettabile in questa sede né comunque
prospettata.
Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna di tutti i

inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, dei ricorrenti
stessi:cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13 giugno 2000 ) al
versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene
equo e congruo determinare in euro 1.500,00, ciascuno.

PQM

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al
pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di euro
1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2013
Il Cons. est.

residente

ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché ( trattandosi di causa di

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