Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19091 del 03/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19091 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PROCEDA DAVIDE N. IL 26/11/1974
CASTIGLIONE GABRIELE N. IL 08/11/1973
avverso la sentenza n. 23002/2012 GIP TRIBUNALE di TORINO, del
08/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 03/07/2013

n.154 PROCEDA Davide – CASTIGLIONE Gabriele

Motivi della decisione

Gli imputati ricorrono per cassazione, per tramite dei rispettivi difensori,
avverso la sentenza di cui in epigrafe, di applicazione concordata della pena,sul
presupposto della riconosciuta responsabilità degli stessi in ordine a plurime

commesse in Nichelino fino al 7 maggio 2011. Lamentano vizi motivazionali e
di violazione di legge in punto alla disposta confisca del danaro ( il Proceda ) ed
in punto alla mancata applicazione della speciale attenuante prevista dall’art. 73,
comma V° d.P.R. n. 309/1990 ed al trattamento sanzionatorio irrogato ( il
Castiglione ).
I ricorsi vanno giudicati inammissibili, ex art. 606, comma 3, cod.proc.pen.,
perché proposti entrambi per motivi manifestamente infondati.
Quanto alle doglianze concernenti la confisca della somma di danaro,disposta
&sensi degli artt. 240, comma primo cod. pen. e 12-sexies
del 1992 (come peraltro consentito dall’art. 445, comma

della legge n. 356

10 cod. proc. pen. )

deve escludersi che il Giudice di prime cure sia incorso nel denunziato vizio,
avendo invece fatto corretta applicazione della citata disposizione di
legge,congruamente evidenziando, alla stregua di elementi concreti e specifici,
che trattavasi di provento del reato di spaccio di sostanza stupefacente, posto
che l’imputato Procida non ne aveva giustificato la provenienza né era risultato
svolgesse attività lavorativa od economica tali da rendere legittimamente
plausibile la disponibilità di 1890,00 euro in contanti. Nè avrebbe potuto a tale
scopo sopperire l’attribuzione all’imputato, dell’importo di euro 2000,00, inviato
con vaglia postale dalla madre convivente,ben potendo costei fungere da
prestanome.
Per ciò che attiene alle ulteriori censure dedotte dall’imputato Castiglione, è
opportuno ricordare che nel “patteggiamento”, una volta che il giudice abbia
ratificato l’accordo, non è più consentito alle parti prospettare, in sede di
legittimità,

questioni con riferimento – non solo alla sussistenza ed alla

qualificazione giuridica

del fatto, alla sua attribuzione soggettiva, alla

applicazione e comparazione delle circostanze – ma anche alla entità e modalità
di applicazione della pena,salvo che non si versi in ipotesi di pena illegale (
cfr.,ex muitis: Sezione VII, 21 dicembre 2009, El Hanana). Ciò che qui deve
escludersi risultando compresa entro i limiti edittali massimo e minimo, la pena
applicata sull’accordo delle parti, di anni 3, mesi 10 di reclusione ed euro
12.600,00 di multa.

i

violazioni – loro rispettivamente ascritte – dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990,

Segue quindi, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento, a favore della cassa
delle ammende, della somma di euro 1.500,00, ciascuno a titolo di sanzione
pecuniaria, trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e
quindi a colpa, degli stessi (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13
giugno 2000).

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al
pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di euro
1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2013
Il Cons. est.

PQM

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