Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19087 del 03/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19087 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FUCITO FABIO N. IL 06/12/1989
avverso la sentenza n. 998/2009 TRIBUNALE di REGGIO EMILIA,
del 02/07/2009
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 03/07/2013

n.54 FUCITO Fabio

Motivi della decisione

L’imputato ricorre personalmente per cassazione avverso la sentenza di cui
in epigrafe, recante applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.

di cui agli artt. 110,56, 624 , 625 n. 2,61 n. 5 cod. pen.,commesso in Reggio
Emilia il 19 settembre 2009, lamentando vizi motivazionali in ordine alla ritenuta
sussistenza delle aggravanti contestate;alla quantificazione della pena; al
mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. e della
sospensione condizionale della pena.
Il gravame è manifestamente infondato.
Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio secondo il quale l’obbligo
della motivazione della sentenza di patteggiamento non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della stessa: lo sviluppo delle linee
argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con
cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione. Quanto detto rileva in particolare circa la qualificazione
giuridica del fatto,ivi incluse le ritenute aggravanti e l’esclusione delle attenuanti
– oggetto delle proposte censure – nonchè quanto alla misura pattuita della
pena. La costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco delle enunciazioni
delle Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può ben essere sintetica ed
a struttura enunciativa, purché risulti che il giudice abbia compiuto le pertinenti
valutazioni. Né l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta
motivazione censurandola come insufficiente e sollecitandone una più analitica,
dal momento che la statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà
pattizia del giudicabile. D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede
la pena pattuita rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne
consegue, come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, che
l’imputato non può prospettare con il ricorso per cassazione censure che
coinvolgono il patto dal medesimo accettato. Nel caso di specie il giudice dà
conto che, sulla base degli atti, nulla consente di disattendere l’accordo
intervenuto tra le parti.
Né il giudice ha il potere di modificare l’accordo concluso dalle parti. Non può,
pertanto, concedere la sospensione condizionale della pena qualora la efficacia
della richiesta non sia stata subordinata a tale concessione ovvero qualora la
relativa domanda non abbia formato oggetto della pattuizione intervenuta tra le

i

sul presupposto della riconosciuta responsabilità dello stesso in ordine al delitto

parti (cfr. ex plurimis

Cass. S.U. 11 maggio 1993, Iovine, rv 193417 e, da

ultimo, Sez.IV, 22 ottobre 2008, rv. 241371),come verificatosi nel caso di
specie. Resta quindi del tutto precluso ogni sindacato sull’esercizio di una potestà
discrezionale rimessa dalla legge all’esclusiva iniziativa del giudice.
Il ricorso è quindi inammissibile.
Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa
delle ammende della somma di euro 1.500,00 a titolo di sanzione pecuniaria,

colpa, del ricorrente stesso (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13
giugno 2000).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma,lì 3 luglio 2013.

trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a

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