Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19063 del 03/07/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19063 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CAPIROLA ANTONIO N. IL 29/01/1960
avverso la sentenza n. 695/2012 TRIBUNALE di LECCE, del
24/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;
Data Udienza: 03/07/2013
n.28 CAPIROLA Antonio
Motivi della decisione
L’imputato
ricorre personalmente per la cassazione della sentenza di cui
in epigrafe, emessa dal Tribunale di Lecce, ex art. 444 cod. proc. pen. nei di lui
confronti quale responsabile del delitto di cui agli artt. 110,81 cpv., 624, 625
n.2 cod. pen., commesso in Torre Chianca – Lecce il 22 aprile 2012, lamentando
vizi di violazione di legge e di difetto della motivazione in relazione alla
mancata applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen. ed al calcolo della pena
Il ricorso è manifestamente infondato.
Sul punto, è opportuno ricordare che nel “patteggiamento”, una volta che il
giudice abbia ratificato l’accordo, non è più consentito alle parti prospettare, in
sede di legittimità, questioni con riferimento – non solo alla sussistenza ed alla
qualificazione giuridica del fatto, alla sua attribuzione soggettiva, alla
applicazione e comparazione delle circostanze – ma anche alla entità ed alle
modalità di applicazione della pena,salvo che non si versi in ipotesi di pena
illegale ( cfr.ex muitis: Sez. VII, 21 dicembre 2009, El Hanana). Ciò che, nel
caso di specie,neppure viene prospettato a differenza di un insussistente errore
di calcolo della pena finale, in verità risultata esattamente conforme a quella
oggetto della pattuizione intervenuta tra le parti.
Deve altresì rilevarsi che neppure è consentito all’imputato, dopo l’intervenuto e
ratificato accordo, proporre questioni in ordine alla mancata applicazione
dell’articolo 129 cod.proc.pen. senza precisare per quali specifiche ragioni detta
disposizione avrebbe dovuto essere applicata nel momento del giudizio, a fronte
peraltro, nel caso di specie, della motivata insussistenza dei presupposti
legittimanti l’applicazione della succitata disposizione normativa.
Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa
delle ammende della somma di euro 1.500,00 a titolo di sanzione pecuniaria,
trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa,
dello stesso (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13 giugno 2000 ).
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 a favore della cassa delle
ammende
-C.,Qaj deciso in Roma,lì 3 luglio 2013.
applicata.