Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19057 del 03/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19057 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALAFLEUR ROSA N. IL 27/10/1958
avverso la sentenza n. 83/2012 TRIBUNALE di VERONA, del
18/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 03/07/2013

/K

n.3 ALAFLEUR Rosa

Motivi della decisione

L’imputata ricorre personalmente per cassazione avverso la sentenza di
applicazione concordata della pena, in epigrafe indicata, quale responsabile del
delitto di cui agli artt.56, 624-bis, 625 n. 2 cod.pen, commesso in Villafranca di

di difetto di motivazione in ordine all’omessa applicazione dell’art. 129 cod.
proc. pen., all’esatta qualificazione del fatto. Alla correttezza della valutazione
delle circostanze ed all’adeguatezza della pena.
Il ricorso è inammissibile, ex art. 606, comma 3, cod.proc.pen., perché proposto
per motivi manifestamente infondati e privi del requisito della specificità.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis

S.U. 27

settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di
applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della
medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché
succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti
(la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del
fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la
congruità della pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena
ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che
non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129
cod.proc.pen.).
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo,
proporre questioni in ordine alla mancata applicazione dell’art. 129 cod.proc.pen.
senza precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto
essere applicata nel momento del giudizio.
Nella concreta fattispecie il Primo Giudice ha peraltro espressamente motivato
l’insussistenza dei presupposti legittimanti l’applicazione dell’art. 129 cod.
proc.pen. facendo diretto richiamo alla notitia criminis, al verbale d’arresto ed
alle indagini effettuate.
Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 a
titolo di sanzione pecuniaria,in favore della cassa delle ammende, trattandosi di
causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, della
ricorrente stessa (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13 giugno
2000).
PQM
i

Verona il 17 gennaio 2012. Denunzia, in termini generici ed assertivi, il vizio

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma,lì 3 luglio 2013.

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