Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1904 del 13/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 1904 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FERRANTE BENEDETTO N. IL 03/05/1965
avverso l’ordinanza n. 104/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del
21/10/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;
‘1J211
1ette/v:8,14e le co lusioni del PG Dott. /….5-1-01-^ C

7«e d2<-32-' "Ct- t, Data Udienza: 13/12/2013 Uditi difensor Avv.; PI CL La Corte di Appello di Palermo, con ordinanza resa all'udienza camerale del giorno 21.10.2011 rigettava l'istanza di riparazione presentata da Ferrante Benedetto per ingiusta detenzione in regime di custodia in carcere dal 29/09/08 al 16/10/08 e da tale data fino al 10.03.2010 agli arresti domiciliari perché sospettato del reato di cui all'art.73 d.PR. 309/90, reato da cui era stato assolto in primo grado con sentenza emessa dal Tribunale di Palermo in data 10.03.10 perché il fatto non sussiste, sentenza divenuta irrevocabile il 4.01.2011. Ferrante Benedetto,a mezzo del suo difensore, proponeva quindi ricorso per cassazione avverso l'ordinanza di cui sopra e concludeva chiedendone l'annullamento. Il ricorrente censurava l'ordinanza impugnata per violazione ed erronea applicazione degli articoli 314 e 315 cod.proc.pen. e per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 comma l lett.b) ed e) cod.proc.pen., in particolare nella parte in cui la Corte di appello rimproverava in termini di colpa grave condotte insuscettibili di essere riguardate alla stregua di macroscopica negligenza e trascuratezza. Pertanto, ad avviso del ricorrente, non sussisterebbe la colpa grave, impeditiva del riconoscimento del diritto all'equa riparazione. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. Osserva la Corte che il diritto a equa riparazione per l'ingiusta detenzione, regolato dagli artt. 314 e seguenti c.p.p., trova fondamento nella condizione soggettiva della persona sottoposta a detenzione immeritata e in tal senso ingiusta. Il quadro sistematico di riferimento è un quadro di diritto civile ma non è quello dell'art. 2043 c.c. che appresta sanzioni contro chi produce per dolo o colpa un danno ingiusto ad altri. Il principio regolatore è piuttosto quello della riparazione legata ad eventi che producono il sorgere, quali conseguenze di principi di solidarietà e di giustizia distributiva, di responsabilità da atto lecito ( la distinzione tra responsabilità per danno ingiusto ex art. 2043 c.c. e responsabilità per atto lecito è ben chiarita da Cass. SS.UU. civ. 11/6/2003 n. 9341). E' ben Ritenuto in fatto C' fermo, in materia, l'assetto delle regole generalissime che disciplinano l'onere della prova civile ex art. 2697 c.c. posto che il procedimento relativo alla riparazione per l'ingiusta detenzione, quantunque si riferisca ad un rapporto obbligatorio di diritto pubblico e comporti perciò il rafforzamento dei poteri officiosi del giudice, e' tuttavia ispirato ai principi del processo civile, con la conseguenza che l'istante ha l'onere di provare i fatti costitutivi della domanda, la custodia cautelare subita e la successiva assoluzione ( Corte Cass. Sez. 4 sent. n. 23630 02/04/2004 - 20/05/2004 ). Peraltro il sorgere del diritto è condizionato alla esistenza di una condotta del richiedente che al tempo del processo in nulla abbia dato causa o concorso a dare causa a quella ingiusta detenzione. L'operazione intesa a cogliere tali condizioni deve scandagliare solo l'eventuale efficienza causale delle condotte dell'imputato che possano aver indotto, anche nel concorso dell'altrui errore, secondo una valutazione ragionevole e non congetturale il giudice a stabilire la misura della detenzione (Cass. SSUU 13/12/95 n. 43, Sez IV 10/3/2000 n. 1705) . Il giudice,pertanto, deve fondare la sua decisione su fatti concreti e precisi e non su mere supposizioni, esaminando la condotta del richiedente, sia prima e sia dopo la perdita della libertà personale, indipendentemente dall'eventuale conoscenza che quest'ultimo abbia avuto dell'attività di indagine, al fine di stabilire, con valutazione ex ante, non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stato il presupposto che ha ingenerato, ancorchè in presenza di errore dell'autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurazione come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto (cfr. Cass. Sezioni Unite, Sent. n.34559/2002; Cass., Sez.4, Sent. n.17552 del 2009) Tanto premesso si osserva che la Corte di Appello di Palermo, con motivazione adeguata, ha enucleato, con congrua verifica degli accertati elementi di riferimento, la condotta del richiedente ostativa all'accoglimento dell'istanza di equa riparazione. In primo luogo ha posto in rilievo che dalle effettuate intercettazioni telefoniche erano emersi costanti contatti tra l'istante ed i coimputati, in particolare con Morrocco Nunzio. In tali conversazioni il Ferrante utilizzava un linguaggio criptico, analogo a quello del Morrocco e degli altri coimputati. La Corte territoriale evidenziava inoltre il contenuto di alcune conversazioni dettagliatamente t indicate nell'ordinanza emessa dal Tribunale di Palermo in data 17.10.2008, che aveva sostituito la misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, aventi apparentemente ad oggetto la consegna di un qualcosa non meglio precisato e l'indicazione del relativo prezzo. La Corte di appello ha poi evidenziato che il Ferrante non aveva fornito spiegazioni in merito a tali conversazioni, tenendo quindi un atteggiamento che è stato correttamente valutato a suo carico poiché "in tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, il silenzio, la reticenza e il mendacio dell'indagato in sede di interrogatorio, pur costituendo esercizio del diritto di difesa, possono rilevare sotto il profilo del dolo o della colpa grave nel caso in cui egli sia in grado di indicare specifiche circostanze, non note all'organo inquirente, idonee a prospettare una logica spiegazione al fine di escludere o caducare il valore indiziante degli elementi acquisiti in sede investigativa, che determinarono l'emissione del provvedimento cautelare (cfr Cass., Sez.4, sent. n.4159 del 9.12.2008, Lafranceschina, Rv.242760). Questo essendo il quadro accusatorio, il motivo proposto dall'odierno ricorrente non può essere accolto. Il provvedimento impugnato, che definisce il per riparazione procedimento la dell'ingiusta detenzione, supera quindi il vaglio di questa Corte che è limitato alla correttezza del procedimento logico giuridico con cui il Giudice è pervenuto ad accertare o negare i presupposti per l'ottenimento del beneficio indicato. Resta invece nelle esclusive attribuzioni del giudice di merito, che è tenuto a logicamente il suo motivare adeguatamente e convincimento, la valutazione sull'esistenza e la gravità della colpa e sull'esistenza del dolo. non ha infatti riconosciuto Il legislatore incondizionatamente il diritto all'equa riparazione, ma l'ha esplicitamente escluso allorquando il come appunto nella comportamento dell'indagato, fattispecie de qua, abbia indotto in errore il giudice circa l'esistenza dei gravi indizi di colpevolezza a suo carico. Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. PQM Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. ri Così deciso in Roma il 13.12.2013

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