Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19038 del 13/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19038 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

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sul ricorso proposto da:
DI LILLO RAFFAELLO N. IL 16/04/1950
DI LILLO ANTONIO N. IL 16/04/1950
avverso l’ordinanza n. 371/2010 TRIB. LIBERTA’ di SANTA MARIA
CAPUA VETERE, del 14/10/2010
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
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1t/sentite le conclusioni del PG Dott. Sikvd.g S o-

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Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 13/12/2012

RITENUTO IN FATTO
1. – Di Lillo Raffaello ricorre per cassazione contro l’ordinanza del Tribunale di
Santa Maria Capua Vetere 14 ottobre 2010, n. 371, con la quale era stata rigettata
l’istanza di riesame avverso il decreto di convalida di sequestro probatorio emesso dal
pubblico ministero, in relazione ad una imputazione di emissione e utilizzazione di
fatture per operazioni inesistenti.
Deduce il ricorrente : 1) la violazione di legge, per l’errata indicazione del
avrebbe proceduto alla correzione manuale del nominativo senza data e firma del
pubblico ministero; 2) la carenza di motivazione del decreto e dell’ordinanza
impugnata, con riferimento alle esigenze probatorie; 3) la mancanza di indizi di reato,
perché la Guardia di Finanza avrebbe ipotizzato la falsità delle sole fatture attive e
passive riferite a Di Lillo Antonio, padre del ricorrente, e non avrebbe considerato che
la società facenti capo a tale ultimo soggetto erano realmente operative e non delle
mere “cartiere”.
2. – Di Lillo Antonio ricorre per cassazione contro l’ordinanza del Tribunale di
Santa Maria Capua Vetere 28 ottobre 2010, n. 410, con la quale era stata rigettata
l’istanza di riesame avverso il decreto di convalida di sequestro probatorio emesso dal
pubblico ministero nei confronti di Di Lillo Raffaello, in relazione ad una imputazione di
emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti.
Lamenta, in particolare, il ricorrente che il Tribunale avrebbe trascurato di
considerare che anch’egli è indagato, con Di Lillo Raffaello nell’ambito dello stesso
procedimento e per gli stessi reati e che il provvedimento di sequestro era stato
notificato al difensore d’ufficio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3.

– I ricorsi sono inammissibili, perché contengono rilievi in parte

manifestamente infondati e in parte non riconducibili a una specifica critica alle
motivazioni dei provvedimenti impugnati.
3.1. – Quanto all’ordinanza del 14 ottobre 2010, impugnata da Di Lillo Raffaello,
è sufficiente qui osservare che la stessa ha dichiarato inammissibile la richiesta di
riesame sul rilievo che il provvedimento di sequestro era stato comunque
correttamente notificato all’odierno ricorrente, dopo la correzione di un errore
materiale assolutamente marginale, relativo all’indicazione del nominativo del
destinatario; nominativo già facilmente evincibile dal contesto del provvedimento. Né
il ricorrente, il quale ha proposto richiesta di riesame a circa 3 anni dall’emissione del

2/

destinatario del decreto di convalida del sequestro, perché la Guardia di Finanza

provvedimento impugnato, ha allegato elementi utili a fissare la data di conoscenza
del sequestro nel periodo più recente, laddove dagli atti emerge, anzi, che il ricorrente
conosceva ampiamente il procedimento in questione fin dall’origine, per aver
impugnato altri atti, per essere stato sottoposto agli arresti domiciliari, per avere
ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini (pagine 4 e 5 dell’ordinanza impugnata).
Tali assorbenti considerazioni inducono a ritenere manifestamente infondato il
primo motivo di ricorso ed escludono in radice qualsiasi rilevanza degli ulteriori motivi,
3.2. – Quanto all’ordinanza del 28 ottobre 2010, impugnata da Di Lilla Antonio,
è sufficiente osservare che il Tribunale ha rilevato l’inammissibilità della richiesta di
riesame per carenza di interesse all’impugnazione. Con iter logico pienamente
coerente, i giudici hanno evidenziato che il destinatario del provvedimento del
sequestro non era Di Lilla Antonio, ma invece Di Lilla Raffaello, essendo stato il
nominativo del primo indicato per mero errore in una prima formulazione del
provvedimento, poi prontamente corretta prima della sua notificazione.
Ne derivano la manifesta infondatezza delle doglianze e la conseguente
inammissibilità del ricorso di Di Lillo Antonio.
4. – I ricorsi, conseguentemente, devono essere dichiarati inammissibili. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità»,
alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod.
proc, pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della
somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2012.

esclusivamente riferiti alla sussistenza del reato.

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