Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19030 del 01/12/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 19030 Anno 2017
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BARATELLI ROBERTO N. IL 14/05/1968
avverso la sentenza n. 2510/2015 CORTE APPELLO di MILANO, del
02/07/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/12/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Lk
che ha concluso per

Udito, per la p e civile, l’Avv
Uditii MifensotrAvv.

cet

cRA.,

Data Udienza: 01/12/2016

RITENUTO IN FATTO
t

1. Baratelli Roberto ricorre per cassazione, con atto sottoscritto dal
difensore, avv. Aldo Turconi, avverso la sentenza indicata in epigrafe con la
quale la Corte di Appello di Milano ha parzialmente riformato la pronuncia
emessa dal Tribunale di Monza, con la quale egli era stato giudicato responsabile
dell’infortunio patito da Mohamed Mehrar e condannato alla pena di quindici
giorni di reclusione, previa concessione delle attenuanti generiche equivalenti
alla contestata aggravante dell’aver commesso il fatto con violazione di norme
prevenzionistiche. La Corte di Appello, infatti, ha concesso l’attenuante del
risarcimento del danno e inflitto la pena di centoventi euro di multa.

2. Nei gradi di merito l’infortunio occorso al lavoratore Mehrar, dipendente
della Menfi Industria s.p.a., della quale il Baratelli era legale rappresentante, é
stato ricostruito nel modo che segue. Il 28.10.2010 l’aiutante capo reparto
Mehrar era stato chiamato dalla addetta Libera Di Maggio ad intervenire sulla
macchina cesoiatrice-tornitrice utilizzata per la rifilatura di bicchieri metallici,
mediante la rimozione di sbavature dai bordi, perché tale operazione non veniva
eseguita a regola d’arte, a causa dell’usura dello strumento da taglio.
Il Mehrar aveva posto il macchinario in modalità di funzionamento manuale e
fermato con una mano un bicchiere sul piano di appoggio; quindi aveva premuto
il pulsante di attivazione della contropunta discendente invece di quello che
comandava l’avanzamento orizzontale della ‘placchetta’, per verificarne la
posizione rispetto al bordo del bicchiere. La contropunta aveva colpito la mano
che teneva il bicchiere, cagionando al Mehrar la subamputazione dell’apice del
quarto dito.
Al Baratteri é stato rimproverato di aver omesso, nella menzionata qualità,
la valutazione del rischio relativo alla manutenzione e messa a punto della
pressa [art. 17, co. 1 lett. a), 55, co. 3 e 29, co. 3 d.lgs. n. 8/2008] nonché di
aver omesso di aggiornare le misure di prevenzione in relazione al grado di
evoluzione della tecnica di prevenzione e protezione [art. 18, co.

1 lett. z) d.lgs.

n. 8/2008] (il coimputato Figini Alberto, tratto a giudizio quale direttore dello
stabilimento, é stato mandato assolto dalla Corte di Appello per non aver
commesso il fatto, stante l’incertezza in ordine alla titolarità del ruolo).
Ad avviso della Corte di Appello, all’origine del sinistro vi era stata la
mancata valutazione del rischio connesso alle operazioni di manutenzione sul
macchinario, che qualora eseguita avrebbe condotto a prevedere l’esecuzione
della manutenzione solo quando l’apparecchiatura fosse stata staccata dalla
forza motrice e movimentata manualmente oppure a collocare il pulsante di
avanzamento orizzontale della ‘placchetta’ lonta o da quello di attivazione della

2

f

contropunta discendente nonché a regolare il tempo di discesa di questa in modo
da determinarne un movimento estremamente lento, così permettendo al
lavoratore di allontanare le mani ed il corpo dalla zona di lavoro del pistone.

3.1. Con il ricorso l’imputato deduce violazione di legge in relazione agli artt.
17, co. 1 lett. a), 55, co. 3 e 29, co. 3 d.lgs. n. 81/2008, con riferimento all’art.
192 cod. proc. pen., e vizio motivazionale, in merito alla ritenuta omissione della
valutazione del rischio.

all’imputato non già un comportamento integrante l’omissione della valutazione
del rischio bensì di aver eseguito una valutazione non condivisa perché non
puntuale a riguardo delle due ritenute criticità; e ciò ha fatto non considerando la
documentazione prodotta e gli argomenti illustrati dalla difesa, che dimostrano
l’avvenuta valutazione, anche in relazione alla fase di manutenzione, e il giudizio
di adeguatezza della medesima da parte dell’ASL, formulato poche settimane
prima dell’infortunio.
Precisa l’esponente che la contestazione di omessa valutazione del rischio
deve ritenersi ontologicamente diversa dalla contestazione di non adeguatezza
del macchinario alla normativa antinfortunistica (elevata solo nei confronti del
coimputato Figini); che l’affermazione dell’esistenza della criticità rappresentata
dalla collocazione dei pulsanti e dalla eccessiva velocità della discesa della
‘placchetta’ contrasta con le risultanze documentali e con l’incertezza in merito
all’effettivo tempo di discesa.
3.2. Con un secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 18, co. 1 lett.
z) d.lgs. n. 81/2008 ed il vizio motivazionale. La Corte di Appello ha dedotto il
giudizio di mancato aggiornamento della tecnica di protezione da quello di non
conformità della macchina alle norme; ma non dà conto delle ritenute evoluzioni
della tecnica e della prevenzione che avrebbero dovuto indurre il datore di lavoro
ad aggiornare le misure di prevenzione sulla macchina, che aveva conosciuto
degli interventi migliorativi di recente (si evocano, al riguardo, la testimonianza
del funzionario ASL Gullone e il contributo del consulente tecnico della difesa).
3.3. Con un terzo motivo si lamenta la violazione dell’art. 40 cod. pen. e il
vizio motivazionale, per non aver tenuto conto la Corte di Appello del
comportamento abnorme del lavoratore infortunatosi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è infondato.
4.1. In primo luogo va escluso che questa Corte possa operare una diversa
valutazione circa l’esistenza delle criticità rappresentate dalla collocazione dei
pulsanti e dalla eccessiva velocità della discesa della ‘placchetta’, così come

3

Rileva il ricorrente che in realtà la Corte di Appello ha rimproverato

pretenderebbe il ricorrente, trattandosi di accertamento di circostanze fattuali
riservato al giudice del merito ed insindacabile in sede di legittimità se esternato
con motivazione non manifestamente illogica. Al riguardo in particolare il
Tribunale ha evidenziato che la pericolosità della macchina nella fase
dell’attrezzaggio era stata riferita dall’ufficiale di p.g. Gullone, ovvero da persona
specificamente qualificata, che aveva provveduto anche a compiere delle
misurazioni del tempo di discesa dello stantuffo della macchina. Neppure la
difesa dubita dell’attendibilità di tale teste.

posti in posizione non idonea ed aveva uno stantuffo il cui tempo di discesa era
troppo breve (rispetto a quella prevista dal punto 5.57 della normativa Uni En
13769:2009: vd. sentenza di primo grado).
Allo stesso modo questa Corte non può prendere in considerazione l’assunto
del ricorrente secondo il quale il giudizio di una incompletezza del documento di
valutazione dei rischi sarebbe stato fondato sull’esame di quello redatto nel
2008, che però era stato aggiornato nel 2010, poco prima del verificarsi del
sinistro per cui è processo, proprio su richiesta e per corrispondere alle
indicazioni dell’Asl. In nessuna delle sentenze di merito si fa riferimento a tale
circostanza come a circostanza accertata (la sola Corte di Appello riporta che la
difesa aveva affermato con l’atto di appello che il DVR era stato giudicato
rispondente alle esigenze di adeguamento dalla ASL; senza però dire che si
trattava di documento diverso da quello considerato dall’imputazione).
Il quesito che invece legittimamente si trae dal motivo è quello della
assimilabilità ai fini che occupano alla (totale) omissione della valutazione del
rischio / della esecuzione di una valutazione inadeguata. Questo è il senso che
sembra doversi attribuire al riferimento fatto dall’esponente ad una valutazione
eseguita ma ‘non condivisa’.
Il quesito potrebbe essere accantonato agevolmente rilevando che il
presupposto di fatto assunto dal ricorrente è negato dai giudici. Ma questa Corte
reputa opportuno svolgere comunque alcune precisazioni, a questo punto
necessariamente rapide.
Sul piano concettuale la totale omissione della valutazione dei rischi é cosa
diversa dalla valutazione di alcuni soltanto dei rischi presenti nel processo
produttivo. Ma la normativa prevenzionistica pone a carico del datore di lavoro
l’obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la
migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente
presenti all’interno dell’azienda e, all’esito, di redigere e sottoporre
periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto
dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’inerjo del quale è tenuto a indicare le

Deve quindi darsi per assodato che la macchina presentava due pulsanti

misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e
la sicurezza dei lavoratori (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, dep. 18/09/2014,
P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261109), di talchè l’incompleta valutazione
determina una deviazione dal

facere doveroso, che vale ad integrare l’omissione

giuridicamente rilevante.
Pertanto, ove i rischi siano stati tutti valutati ma ne sia scaturita una carente
individuazione delle misure, ancora può parlarsi di omissione della valutazione,
perché essa non è costituita soltanto dal rilevamento, dall’analisi e dalla

nel modo di essere dell’organizzazione produttiva: quindi dall’individuazione delle
misure di prevenzione necessarie.
Tirando le somme da quanto sin qui esposto, risulta l’infondatezza del
motivo, perché la Corte di Appello ha correttamente ritenuto che integra
l’omissione della valutazione la mancata analisi delle due criticità sopra descritte
e comunque la mancata individuazione e quindi la mancata adozione delle
misure prevenzionistiche idonee ad eliminare il rischio di schiacciamento
dell’operatore addetto alla manutenzione del macchinario (distacco di questo
dalla rete di alimentazione elettrica e/o diminuzione della velocità di discesa dello
stantuffo, distanziamento dei pulsanti).
4.2. Quanto al rilievo mosso dal ricorrente a quanto ritenuto dalla Corte di
Appello a riguardo dell’omesso aggiornamento della valutazione dei rischi,
imposto dall’evoluzione della tecnica di prevenzione e protezione, esso conduce
nuovamente al tema sinora trattato, chiamando in causa la possibilità di
apportare al macchinario migliorie in grado di renderlo maggiormente sicuro. A
tal proposito due i dati emergenti dalle decisioni di merito: il macchinario era
stato realizzato nel 1982 ed il consulente aveva accertato che rispetto agli
odierni standard di sicurezza esso era ormai obsoleto. Pertanto, anche se
vennero eseguite degli interventi migliorativi (ma di essi non vi è sicura
indicazione nelle sentenze di primo e di secondo grado), essi certamente non
ovviarono al deficit tecnologico.
4.3. Manifestamente infondato è il motivo che fa perno sulla asserita
abnormità del comportamento del lavoratore infortunatosi. La nozione di
comportamento abnorme (del lavoratore) assunto dalla giurisprudenza di
legittimità in una nutrita serie di pronunce pone l’accento sul fatto che non deve
trattarsi del compimento da parte del lavoratore di un’operazione che, seppure
inutile e imprudente, non risulta eccentrica rispetto alle mansioni a lui
specificamente assegnate nell’ambito del ciclo produttivo (Sez. 4, n. 7955 del
10/10/2013, Rovaldi, Rv. 259313). Nel caso di specie si è certamente al di fuori
del perimetro del concetto; non è necessario indulgere nella giustificazione di

ponderazione dei rischi ma anche dalla concretizzazione del giudizio sul rischio

tale affermazione perché è pacifico che il Mehrar riportò le lesioni mentre
svolgeva le attività di manutenzione del macchinario, peraltro secondo le
procedure di lavoro previste. L’errore esecutivo nel quale egli incorse (azionare il
pulsante della discesa del punzone invece che quello dell’avanzamento e
mantenere la mano nella zona di attrezzaggio) costituisce proprio uno dei
comportamenti che la regola cautelare mira ad escludere.

5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente va

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 1/12/2016.
Il Constlire estensore
SaIvatd Dovere

Il Presidente
Lilisa Bianchi -)
L

condannato al pagamento delle spese processuali.

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