Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18995 del 19/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18995 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PERULLO STEFANO N. IL 21/01/1967
avverso la sentenza n. 5224/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
17/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
Fol.a/Loi
che ha concluso per
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-1,c6-v19 o ie,

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 19/02/2014

..

Fatto e diritto
Propone ricorso per cassazione Perullo Stefano, avverso la sentenza della Corte d’appello di
Firenze in data 17 febbraio 2012, con la quale, per quanto qui di interesse, è stata confermata
la sola dichiarazione di responsabilità per i reati di minaccia aggravata, commessa in danno di
Chala Sancez il 21 settembre 2009 (capo F) e di lesioni aggravate (capo i), cagionate in danno
di Luca Fagiuoli lo stesso giorno, ma dopo alcune ore, rispetto al fatto precedente.

1) il vizio di motivazione riguardo alla ritenuta attendibilità della persona offesa, tenuto
conto che l’imputato aveva affermato che, mentre si svolgeva l’azione delittuosa, egli si
trovava altrove. Di tale ultima circostanza era stata data prova anche attraverso la
deposizione di un sottufficiale dell’esercito, ma il giudice l’aveva indebitamente
pretermessa;
2) l’erronea mancata applicazione l’articolo 530 comma due cp ed il correlato vizio della
motivazione, tenuto conto del contrasto tra le deposizioni della parte offesa e quelle dei
testi della difesa.
Il ricorso è inammissibile.
In primo luogo appare fondata la eccezione del Procuratore Generale che ha rilevato la
tardività del ricorso.
Alla luce della attestazione presente in calce alla sentenza impugnata , è da ritenere che il
ricorso per cassazione sia stato presentato dal difensore il 14 giugno 2012: e dunque ben oltre
il termine di 45 giorni che decorrevano dalla data per la quale il giudice aveva fissato il
deposito della sentenza. Quest’ultima era infatti quella del 18 aprile ( 60 giorni dal 17 febbraio
2012), valida anche perché il deposito effettivo è stato antecedente. E in ragione di ciò il
termine per impugnare era maturato il 2 giugno.
Tuttavia, anche in assenza di tale formale causa di inammissibilità del ricorso, la soluzione
processuale non sarebbe mutata con riferimento al merito.
La parte ricorrente ha articolato censure del tutto genericamente attinenti al tema della
opportunità di riscontri alla testimonianza della persona offesa ovvero al tema del principio
dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
Per contro, si è discostata del tutto e comunque ha evitato di aggredire il punto specifico della
motivazione con la quale è stata argomentata la attendibilità delle dichiarazioni della persona
offesa, supportate da quelle di altri due testimoni, e, soprattutto, la assoluta inidoneità
dell’alibi dedotto dall’imputato a configurare anche soltanto il dubbio in ordine alla sua
responsabilità.
Sotto tale ultimo profilo, in particolare, entrambi i giudici del merito hanno posto in evidenza
come la prova d’alibi sarebbe consistita in un appuntamento al ristorante per consumare un
panino ma con riferimento ad un orario-quello delle 20 ,21 certificato dallo scontrino in atti-del
tutto compatibile con quello della azione delittuosa principale. Questa aveva avuto luogo, a più
riprese, sia nel primo pomeriggio del 21 settembre che , successivamente, in un lasso di tempo
compreso fra le 20 e le 20,15, tenuto conto degli orari del duplice intervento della polizia
giudiziaria, fissati dal giudice del merito nelle ore 19,52 e, quanto all’ultimo episodio, nelle 20,
20.
In altri termini, la motivazione ha dato ampiamente conto dell’accertamento dei fatti, che ha
potuto realizzare sulla base di prove certe, laddove i contrari argomenti apportati dalla difesa
avevano dimostrato tutta la loro inidoneità a contrastare in modo serio la tesi dell’accusa.
Non ricorrono pertanto le ragioni per censurare il ragionamento probatorio sia con riferimento
alle pretese incongruenze della deposizione della persona offesa sia con riferimento alla
dedotta sussistenza del presupposto per la configurazione del ragionevole dubbio.
1

Deduce

Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna del ricorrente al versamento, in
favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 1000.

PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000.
Così deciso in Roma il 19 febbraio 2014

DEPOSITATA IN CANCELLERIA

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