Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18989 del 31/01/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 18989 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAMARDA GEROLAMO N. IL 21/10/1965
avverso la sentenza n. 2787/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 22/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
U••
che ha concluso per


— ert-A3ty
UditurpoP-la-perte-efwl
Udit__Illser.Alui—_____,_
ic

Data Udienza: 31/01/2014

udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Enrico Delehaye,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore della parte civile, avv. Giuseppe Fischioni in
sostituzione dell’avv. Vitiello, che ha concluso per il rigetto del ricorso con
conferma delle statuizioni civili;
udito il difensore dell’imputato, avv. Vincenzo Esposito, che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 24.1.2012 il Tribunale di Trapani, in

composizione monocratica, dichiarava Camarda Gerolamo colpevole dei
reati di violenza privata, minaccia e lesioni colpose (così riqualificata
l’originaria imputazione di lesioni di cui all’art. 582/2 c.p.), in danno di
Amato Cristina e, previo aumento per la continuazione dei reati, lo
condannava alla pena di mesi sei di reclusione- subordinando il beneficio
della sospensione condizionale della pena al pagamento, entro il termine
di trenta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, della
provvisionale in favore della parte civile- nonché al risarcimento del
danno in favore della medesima parte civile, Amato Cristina, da liquidarsi
in separato giudizio civile, oltre al pagamento in favore di quest’ultima
della somma a titolo di provvisionale di euro 1.500,00.
Al Camarda, in particolare, erano ascritte le condotte dell’aver
costretto Amato Cristina a rimuovere dalla strada un cavalletto
pubblicitario indicante l’ingresso del parcheggio denominato “Sabbie
d’Oro”- dove la predetta svolgeva le operazioni relative all’ingresso e
all’uscita degli automezzi con riscossione del prezzo del bigliettomediante minaccia consistita nel rivolgere alla stessa la seguenti frasi:
“non intendo posteggiare altrove perché ho mia moglie incinta! O lo togli
o te lo sfascio e posteggio! Ora ti faccio vedere io se non lo togli” e per
avere, in tale circostanza, investito con la propria auto Amato Cristina,
dopo aver inserito la retromarcia, mentre quest’ultima era intenta a
rimuovere il cavalletto pubblicitario, cagionandole lesioni personali
giudicate guaribili in tre giorni; nonché per avere minacciato,
ripetutamente Amato Cristina di un danno ingiusto, rivolgendole frasi del
seguente tenore: “non ti permettere a parlare, se no ti denuncio per
appropriazione del suolo pubblico e ti rovino”; “state attenti a
denunciarmi, io faccio il commercialista, se mi denunciate vi faccio
chiudere il posteggio e vi rovino”.
2. Con sentenza in data 22 marzo 2013 la Corte d’Appello di
Palermo, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava non

I

1.

doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine ai reati ascrittigli
per essere estinti per prescrizione, confermando nel resto la sentenza di
primo grado. Osservava la corte di merito che non si ravvisava prova
evidente per procedere ad una declaratoria favorevole all’imputato ai
sensi dell’art. 129 c.p.p., atteso che tutte le imputazioni risultavano
provate dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa Amato Cristina,
puntuali e credibili, da sé sole sufficienti a fondare la responsabilità del
Camarda.

ha proposto ricorso, chiedendo l’annullamento della sentenza con ogni
conseguenziale statuizione in merito agli interessi civili, lamentando:
-con il primo motivo, l’erronea applicazione della legge penale, ai
sensi dell’art. 606, lett b) c.p.p., con riferimento alla contestazione in
continuazione dei reati di cui agli artt. 612 c.p. e 610 c.p., atteso che,
quando in un unico contesto, vengono posti in essere, sia comportamenti
violenti, che minacce, ed entrambe queste condotte siano finalizzate a
imporre alla vittima un facere o un pati (nella specie spostare il cartello
segnaletico) non è dubbio che resti integrata l’ ipotesi di violenza privata
(se l’agente raggiunge il suo scopo), per cui è erronea la contestazione
dei due reati concorrenti e la conseguente condanna in continuazione tra
di loro: la minaccia, integrando elemento costitutivo del delitto di
violenza privata, resta assorbita in quest’ultimo;
-con il secondo motivo, l’omessa motivazione, in punto di valutazione
della prova emersa in dibattimento, in violazione dell’art. 192 c.p.p., circa
l’abusiva occupazione del suolo pubblico destinato a parcheggio da parte
di Amato Cristina. In particolare, il giudice ha omesso di qualificare la
condotta della parte offesa, occupante abusiva dell’area pubblica, e il
diniego da questa illegittimamente opposto di spostare il cartello
segnaletico per poter parcheggiare, costituente l’antefatto della reazione
ascritta all’imputato, al fine di valutarne l’antigiuridicità; inoltre, risulta
omessa la valutazione sul perché davanti a siffatta condotta illegittima di
diniego antecedente alla reazione dell’imputato, quest’ultimo non fosse
legittimato a reagire, rivendicando il proprio diritto a posteggiare sulle
predetta area pubblica destinata a parcheggio, paventando un’azione
legale, oltre al rischio che il cartello ivi illegittimamente ubicato si potesse
rompere;
-con il terzo motivo, l’erronea applicazione della legge penale ai sensi
dell’art. 606 lett. b) c.p.p. in riferimento all’art. 610 c.p., non ricorrendo,
nè l’elemento soggettivo del reato, essendosi limitato il ricorrente ad

2

3. Avverso tale sentenza il Camarda, a mezzo del proprio difensore,

esercitare un suo diritto di parcheggiare su un’area pubblica destinata a
parcheggio, nè l’elemento materiale, essendosi il ricorrente limitato a
prospettare all’autore di una condotta illecita la denuncia all’Autorità
competente;
-con il quarto motivo, la manifesta illogicità in punto di inattendibilità
della teste Alestra Giuseppina con riferimento alla riqualificazione della
condotta di lesioni da dolose in colpose. Ed invero, proprio a seguito della
testimonianza della Alestra, moglie dell’imputato, il giudice ha qualificato

rispetto alla decisione assunta, l’aver ritenuto le dichiarazioni della
predetta inidonee ad escludere la responsabilità penale dell’imputato;
-con il quinto motivo, l’omessa e, comunque, contraddittoria
motivazione in ordine alla indicazione degli elementi da cui desumere
l’affermata “gravità dei fatti” e la “capacità a delinquere del reo”, con
riferimento ai parametri di giudizio di cui all’art. 133 c.p., essendo state
utilizzate nella sentenza impugnata mere formule di stile; il
disconoscimento delle generiche, in tale contesto, pertanto, deve
ritenersi del tutto illegittimo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di cui si dirà innanzi.
1. Va premesso che con il ricorso in esame il Camarda non muove
censure alla pronuncia impugnata circa la violazione del disposto di cui al
secondo comma l’art. 129 c.p.p.. In ogni caso, non risulta evidente la
prova dell’insussistenza dei fatti ascritti al Camarda( il quale li ha
ammessi parzialmente)/ della loro

irrilevanza penale o della non

commissione dei medesimi da parte dell’imputato, sulla base degli stessi
elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza
impugnata, senza necessità di nuove indagini e di ulteriori accertamenti,
incompatibili con il principio dell’immediata operatività della causa
estintiva (arg. da sez. IV, n. 33309 del 08/07/2008).
2. In considerazione della già avvenuta estinzione per prescrizione dei
reati ascritti al Camarda, inammissibili si presentano il primo e quinto
motivo di ricorso. Ed invero, la doglianza relativa all’assorbimento del
reato di minaccia in quello di violenza privata, non si presenta supportata
da un interesse rilevante all’ottenimento di una pronuncia nel senso
voluto dal ricorrente, risultando, comunque, i reati in questione estinti
per prescrizione, con la conseguenza che un’ eventuale valutazione
favorevole non potrebbe tradursi in un diverso
sanzionatorio.

3

trattamento

le lesioni come colpose e non dolose, sicchè appare contraddittoria,

Analoghe considerazioni valgono per il quinto motivo di ricorso con il
quale il ricorrente si duole della mancata concessione delle generiche,
doglianza questa rilevante ai soli fini penali, superata dall’ estinzione dei
reati per prescrizione e dall’impossibilità di incidere sul trattamento
sanzionatorio.
3. Fondato si presenta, invece, il secondo motivo di ricorso. Ed invero,
sebbene ai limitati fini delle statuizioni civili, la sentenza impugnata ha
omesso di motivare in ordine alla circostanza, dedotta dall’imputato anche

destinato a parcheggio da parte di Amato Cristina; circostanza questa che
avrebbe

la

determinato

reazione

dell’imputato.

Non risultando adeguatamente considerata la ricorrenza di siffatto
elemento e potendo essa, ove compiutamente accertata, comportare
quantomeno un ridimensionamento della gravità dei fatti ed incidere
sull’entità del danno s’impone, in base alle disposizioni contenute negli
artt. 578 e 622 c.p.p., l’annullamento della pronuncia de qua agli effetti
delle disposizioni civili, con rinvio al giudice civile competente per valore
in grado di appello. Vanno all’uopo richiamati i principi espressi da questa
Corte, secondo cui deve essere annullata con rinvio al giudice civile la
sentenza che, dichiarando l’estinzione del reato per prescrizione, confermi
le statuizioni di condanna al risarcimento e/o alla restituzione in favore
della parte civile, non motivando adeguatamente in ordine alla affermata
sussistenza di elementi idonei ad escludere (o quantomeno a
ridimensionare) la responsabilità dell’imputato, posto che il rinvio al
giudice penale per un nuovo giudizio sarebbe comunque precluso dalla
intervenuta causa estintiva (arg. da sez. II, 22/03/2011, n. 17100).
Il giudice civile di rinvio dovrà procedere a nuovo esame della fattispecie
tenendo conto della suddetta circostanza, da verificare alla stregua delle
emergenze dal dibattimento di primo grado,
approfondendola,

senza

incorrere

nelle

e comunque

evidenziate

omissioni

motivazionali, dando adeguato conto del proprio convincimento sul punto.
4. Le doglianze di cui al terzo e quarto motivo di ricorso, sono da
intendersi strettamente collegate al secondo motivo, per cui esse
potranno essere riproposte in sede di rinvio ed il giudicante, qualora
risolva positivamente la questione in ordine all’illegittima occupazione di
suolo pubblico, le valuterà nella loro possibile incidenza sui fatti e sulla
qualificazione di essi.
5. La sentenza impugnata va, dunque, annullata limitatamente alle
statuizioni civili con rinvio per nuovo esame al giudice civile competente
4

con i motivi di appello, circa l’abusiva occupazione del suolo pubblico

per valore in grado di appello. Le spese saranno regolate con la sentenza
definitiva.
p.q.m.
annulla la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili con
rinvio per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado di
appello.

Così deciso il 31.1.2014

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA