Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18988 del 31/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18988 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROTOPAPA ANTONIO SEBASTIANO N. IL 03/08/1935
avverso la sentenza n. 904/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
17/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO

Udito, per la pa r e civile, l’Avv

Data Udienza: 31/01/2014

.
,

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. E. Delehaye, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Udito altresì per la parte civile l’avv. R. D’Ippolito, che ha concluso per il
rigetto del ricorso, depositando conclusioni e nota spese.

RITENUTO IN FATI-0

1. Con sentenza deliberata il 16/03/2009, il Tribunale di Lecce, all’esito del

di lesioni aggravate, commesso il 21/11/2005, e, riconosciuta la circostanza
attenuante della provocazione equivalente alla contestata aggravante, lo
condannava alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni in favore della parte
civile Gerardo Cimino.
Con sentenza deliberata in data 17/10/2012, la Corte di appello di Lecce ha
confermato la sentenza di primo grado, applicando all’imputato la sospensione
condizionale della pena. La Corte di merito sottolinea che la ricostruzione dei fatti
operata dal primo giudice ha trovato conferma nel certificato medico, attestante
lesioni perfettamente compatibili con la dinamica dei fatti di cui a tale
ricostruzione, ed è corroborata – e non smentita come sostenuto dall’appello da quanto riferito dal testimone oculare Coronese che, sebbene abbia individuato
un movente diverso per l’origine della lite (ossia, l’avere Cimino pronunciato
parole ingiuriose all’indirizzo di Protopapa), ha confermato che, ad un certo
punto, la lite tra i due divenne più animata e «cominciarono a darsele di santa
ragione». E’ dunque pacifico, sottolinea la Corte di appello di Lecce, che le lesioni
refertate sulla persona di Cimino furono cagionate dalla condotta violenta di
Protopapa, per la quale non è possibile ipotizzare la legittima difesa, di cui non
ricorre alcun presupposto, pur avendo il giudice di primo grado riconosciuto la
sussistenza della circostanza attenuante della provocazione. L’esaustività della
risultanze investigative esclude la necessità della rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale.

2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Lecce ha proposto
ricorso per cassazione, nell’interesse di Antonio Sebastiano Protopapa, il
difensore avv. Francesco D’Ambrosio, articolando tre motivi di seguito enunciati
nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Vizio di motivazione: i giudici di merito hanno ignorato la valutazione di
fatti determinanti, essendo la querela di Cimino smentita dalle dichiarazioni dei
testi Coronese e Palumbo. Le dichiarazioni di Coronese contraddicono la versione
del querelante in vari punti: il primo ha affermato che Coronese lo invitò a dare

giudizio abbreviato, dichiarava Antonio Sebastiano Protopapa colpevole del reato

da bere a Protopapa, mentre fu il Coronese a rifiutare la birra richiesta
dall’imputato; il querelante ha riferito che l’imputato, tornando nel locale dal
quale stava uscendo, lo aveva minacciato, mentre in realtà fu Cimino a rivolgere
a Protopapa un’espressione ingiuriosa; fu sempre Cimino, dopo una breve lite
solo verbale, ad armarsi di una stecca di biliardo cercano di “pungere” nella
pancia l’imputato, il quale afferrò la stecca per impedire a Cimino di colpirlo e
cadde per terra. Anche Palumbo non avalla le dichiarazioni di Cimino.
2.2. Inosservanza o erronea applicazione degli artt. 582 e 585 cod. pen. in

legittima difesa sul presupposto apodittico che l’imputato tenne una condotta
violenta, omettendo di valutare che fu Protopapa ad offendere l’imputato e ad
usare per primo violenza, colpendolo alla pancia con la stecca di biliardo,
condotta cui seguì la legittima reazione dell’aggredito, il che consente di
riconoscere almeno l’esimente putativa.
2.3. Mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale al fine di esaminare
i testi Coronese, De Marco e Palumbo indicati nella lista testi depositata nella
cancelleria del Tribunale: la sussistenza delle evidenti carenze denunciate
avrebbe dovuto indurre la Corte di appello ad un accertamento più puntuale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
Il primo e

il secondo motivo, da esaminarsi congiuntamente per la

connessione logico-giuridica che li lega, sono fondati con riferimento alle
dichiarazioni rese dal teste Mario Coronese. La sentenza impugnata ha
richiamato dette dichiarazioni a proposito dell’individuazione dell’origine della lite
(l’avere Cimino pronunciato parole ingiuriose all’indirizzo dell’imputato) e della
sua evoluzione, tale per cui, a un certo punto, i due “cominciarono a darsele di
santa ragione”. Le dichiarazioni di Coronese, ritualmente dedotte dal ricorrente a
sostegno del denunciato vizio di motivazione, presentano, tuttavia, un contenuto
più articolato, posto che descrivono, tra i due momenti indicati dalla sentenza
impugnata (le parole ingiuriose di Cimino e il momento in cui “cominciarono a
darsele di santa ragione”), uno svilupparsi della vicenda scandito dal succedersi
di una breve lite verbale tra i due, della circostanza che Cimino si dotava di una
stecca di biliardo con la quale cercava di “pungere” Protopapa nella pancia, della
reazione di quest’ultimo che afferrava la stecca che iniziava ad essere tirata da
entrambi “a mò di tiro alla fune”, del fatto che Protopapa cadeva per terra. La
lacuna motivazionale derivante dall’omessa valutazione del complessivo sviluppo
della vicenda – anche nella prospettiva della invocata legittima difesa – integra il

3

relazione all’art. 52 cod. pen.: la Corte di appello ha escluso la sussistenza della

vizio denunciato, sicché, il primo e il secondo motivo sono, nei termini indicati,
fondati, mentre resta assorbito il terzo motivo di ricorso.
Deve comunque rilevarsi che il reato, commesso il 21/11/2005, risulta
estinto per decorso del termine massimo di prescrizione (pari a sette anni e sei
mesi), maggiorato di 73 giorni (per la sospensione dovuta al rinvio – dal
20/05/2012 al 17/10/2012 – per impedimento dell’imputato), in data
02/08/2013, successiva alla deliberazione della sentenza impugnata. In assenza
dei presupposti per pronunciare un proscioglimento più favorevole a norma

annullata senza rinvio agli effetti penali e con rinvio al giudice di appello
competente per valore quanto alle statuizioni civili.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio agli effetti penali perché il reato
è estinto per prescrizione. Annulla la stessa sentenza agli effetti civili con rinvio
per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Così deciso il 31/01/2014.

dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., la sentenza impugnata deve essere

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