Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18986 del 31/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18986 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUOCCO GENNARO N. IL 09/04/1953
avverso la sentenza n. 12730/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
01/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO
U

Udito, per la pa civile, l’Avv
Udit i difenso Avv.

Data Udienza: 31/01/2014

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. E. Delehaye, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio
per prescrizione.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 30/12/2008, il Tribunale di Torre Annunziata
dichiarava Gennaro Ruocco e Alessandro Ruocco colpevoli dei reati di lesioni

Brigida D’Aniello e di Salvatore D’Aniello e, riconosciuta la continuazione, li
condannava alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni in favore della parte
civile costituita Brigida D’Aniello.
Con sentenza deliberata in data 01/02/2013, la Corte di appello di Napoli, in
riforma della sentenza di Tribunale di Torre Annunziata, applicate a Gennaro
Ruocco le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle circostanze
aggravanti, ha dichiarato non doversi nei confronti degli imputati per essere
estinto il reato per prescrizione, confermando le statuizioni civili.
La Corte di merito, ritenendo integralmente condivisibili la ricostruzione dei
fatti e la motivazione poste a fondamento della decisione del giudice di primo
grado, rileva che la sussistenza del fatto e la responsabilità degli imputati risulta
dalle univoche e dettagliate deposizioni delle persone offese, che hanno trovato
riscontro nella documentazione medica acquisita e negli accertamenti peritali
svolti. Con la concessione della attenuanti generiche a Gennaro Ruocco
equivalenti alle contestate attenuanti, per entrambi gli imputati è maturata la
prescrizione sulla base della normativa anteriore alle modifiche del 2005: i fatti
risalgono al 19/08/2003 e sono quindi anteriori alla legge n. 251 del 2005, che,
in presenza di circostanze aggravanti ad effetto speciale, non consente di tener
conto del giudizio di equivalenza con le attenuanti riconosciute; pertanto, pur
calcolando la sospensione del corso della prescrizione per quattro mesi e venti
giorni intervenuta nel giudizio di primo grado, l’estinzione del reato per
prescrizione è intervenuta il 25/05/2011.

2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Napoli ha proposto
ricorso per cassazione, nell’interesse di Gennaro Ruocco, il difensore avv. Romeo
Del Giudice, articolando un unico motivo – di seguito enunciato nei limiti di cui
all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. – che denuncia la violazione
dell’art. 531 cod. proc. pen.
La Corte di appello ha violato l’art. 531 cod. proc. pen. che impone
l’immediata pronuncia di non doversi procedere per estinzione del reato. Nel

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personali aggravate commessi il 19/08/2003 in danno di Filomena Todisco, di

caso di specie, l’imputato era stato condannato per le lesioni volontarie
aggravate ai sensi dell’art. 583, primo comma, n. 2 e ai sensi dell’art. 61, primo
comma, n. 2, cod. pen. Il termine di prescrizione, pertanto, coincide con quello
del massimo della pena prevista dall’art. 583 cod. pen., ossia 7 anni (senza tener
contro dell’aggravante non ad effetto speciale di cui all’art. 61, comma primo, n.
2, cod. pen.), aumentato di un quarto ex art. 161, secondo comma, cod. pen. a
9 anni e 4 quattro mesi, sicché, risalendo i fatti al 18/08/2003, il reato risulta
prescritto il 18/12/2012.

delle doglianze: la decisione di dichiarare estinto il reato solo dopo aver
affermato la responsabilità dell’imputato ed aver concesso allo stesso le
circostanze attenuanti generiche risulta adottata in violazione di legge e
costituisce grave pregiudizio per ragioni dello stesso imputato. La dedotta
violazione di legge determina la nullità della sentenza impugnata, che deve
essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli, per
un nuovo giudizio da effettuarsi senza procedere ad una valutazione dei motivi di
appello, verificando esclusivamente l’intervenuta prescrizione del reato. Ai sensi
dell’art. 578 cod. proc. pen., la Corte di appello, nel dichiarare il reato estinto per
prescrizione, decide sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi
della sentenza concernenti gli interessi civili.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
In premessa, deve rilevarsi che i reati per i quali si procede si sono estinti
per prescrizione maturata dopo la sentenza di primo grado e prima della
sentenza di appello: ciò sia applicando la normativa anteriore alle modifiche
introdotte dalla legge n. 251 del 2005, sia applicando la disciplina derivata dalla
novella.
Fatta tale premessa, deve rilevarsi che la censura rivolta dal ricorrente alla
sentenza di secondo grado per aver pronunciato la declaratoria di estinzione del
reato per prescrizione non già immediatamente, ma dopo aver affrontato il
merito delle doglianze di cui ai motivi di appello è manifestamente infondata,
poiché il modus procedendi seguito dal giudice di secondo grado è imposto non
già dall’opzione a favore dell’applicazione della disciplina della prescrizione
anteriore o successiva alla legge n. 251 del 2005, ma dalla previsione di cui
all’art. 578 cod. proc. pen.: come ha chiarito la giurisprudenza di questa Corte,
tale previsione – per la quale il giudice di appello o quello di legittimità, che
dichiarino l’estinzione per amnistia o prescrizione del reato per cui sia

3

Violando la regola processuale, la Corte di appello ha affrontato il merito

intervenuta in primo grado condanna, sono tenuti a decidere sull’impugnazione
agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi
civili – comporta che i motivi di impugnazione dell’imputato devono essere
esaminati compiutamente, non potendosi dare conferma alla condanna al
risarcimento del danno in ragione della mancanza di prova dell’innocenza
dell’imputato, secondo quanto previsto dall’art. 129, comma secondo, cod. proc.
pen. (Sez. 6, n. 16155 del 20/03/2013 – dep. 01,./.052013, Galati e altri, Rv.
255666). Pertanto, la sentenza di appello rfia compiuto l’esaustivo

pen., sicché il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve
essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro
1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 31/01/2014.

apprezzamento sulla responsabilità dell’imputato imposto dall’art. 578 cod. proc.

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