Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18985 del 31/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18985 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PARCO REGIONALE VENETO DEL DELTA DEL PO
nei confronti di:
CANZIAN FAUSTINO N. IL 16/10/1959
avverso la sentenza n. 1069/2007 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
08/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
Ud

Udito,
——–fe—EWI’llt7F24.3A
per la par

Data Udienza: 31/01/2014

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale, Dott. Enrico Delehaye, che ha concluso per il rigetto del
ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 26.10.06 il Tribunale di Rovigo, Sezione
distaccata di Adria, condannava Canzian Faustino, previa concessione
delle attenuanti generiche, prevalenti sull’aggravante in fatto contestata
della destinazione della cosa sottratta a pubblica utilità di cui all’art. 625

il delitto di furto di circa 10.000 metri cubi di materiale sabbioso asportati mediante l’attività di scavo abusivo in un’area golenale ricadente
all’interno del Parco Regionale del Delta del Po, in danno dello Stato,
proprietario dell’area in concessione alla Regione- nonché dichiarava
estinte per prescrizione le contravvenzioni urbanistiche e ambientali, ai
sensi degli artt. 151 e 163 D.L.vo 490/99, 20 lett. c) legge 47/85, e 734
c.p., condannando l’imputato, altresì,

al risarcimento del danno

cagionato dal delitto di furto alla parte civile, Ente Parco Delta del Po,
liquidato nella somma di euro 30.000,00, con rigetto delle domande
risarcitorie delle altre parti civili costituite (Regione Veneto e Comune di
Pa pozze)
2. La Corte di Appello di Venezia, con sentenza in data 8.4. 2013, in
parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi
procedere nei confronti del Canzian per essere il reato di furto estinto per
prescrizione e rigettava le domande risarcitorie della parte civile, Ente
Parco Delta del Po, revocando per l’effetto le statuizioni civili in favore del
medesimo Ente.
3. Avverso tale sentenza il Parco Regionale Veneto del Delta del Po, a
mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per Cassazione affidato
ad un unico motivo, con il quale lamenta la ricorrenza del vizio di cui
all’art. 606 lett. b) c.p.p. per l’erronea applicazione della legge penale ed
in particolare dell’art. 185 c.p., con riferimento all’art. 18 L. 8 luglio 1986
n. 349, per essere stato escluso il suo diritto al risarcimento del danno,
pur dovendo essere considerato soggetto danneggiato anche per il reato
di furto. In particolare, ha evidenziato il ricorrente: che la Corte di merito
pare aver confuso la figura del danneggiato che svolga azione civile nel
giudizio penale ai sensi dell’art. 185 c.p., con quella della persona offesa
del reato; che i soggetti danneggiati possono essere soggetti che solo di
riflesso e in via eventuale subiscono un pregiudizio; che sia gli enti
territoriali, che gli enti esponenziali sono ammessi a costituirsi parte civile
1

n. 7 c.p., alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 600,00 di multa per

nei processi che causano un danno ambientale, o per fatti commessi in
occasione o con finalità di violare normative dirette alla tutela
dell’ambiente; che nel caso in esame non vi è dubbio che un escavo
abusivo di un consistente quantitativo di sabbia in area golenale abbia
comportato un’alterazione della situazione ambientale con la necessità di
rimboschimento o di ripristino delle aree prative, come ritenuto dal
giudice di primo grado, per il quale è competente l’Ente Parco; che,
richiedendo tale attività un esborso, deve ritenersi che l’Ente è soggetto

4. L’imputato ha depositato memoria con la quale ha insistito per il
rigetto del ricorso, in considerazione del fatto che, per i reati di natura
ambientale è intervenuta prescrizione in primo grado, sicchè resta esclusa
la condanna per essi; inoltre, per quanto concerne il delitto di furto, esso
offende dal punto di vista economico il patrimonio del suo titolare, che,
nella specie, è da identificarsi nello Stato; in ogni caso, sebbene il
ricorrente adduca di essere danneggiato direttamente dal reato di furto,
tuttavia, indica pregiudizi ambientali che trovano occasione e non causa
nell’impossessamento, insuscettibili di ledere direttamente il patrimonio
dello Stato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
1.Va premesso che con la sentenza impugnata è stata rigettata la
domanda risarcitoria della costituita parte civile Parco Regionale Veneto
del Delta del Po in considerazione delle circostanze che la titolarità
dell’area golenale di illecita spoliazione appartiene allo Stato, costituendo
demanio idrico per sua natura e funzione. Il soggetto leso nel diritto di
proprietà per l’asportazione della rena dalla golena è, dunque, soltanto
lo Stato e non anche gli enti territoriali (Regione Veneto, Comune di
Papozze ed Ente Parco Delta del Po), nel cui ambito ricade l’area oggetto
di giudizio, essendo tali enti preposti alla tutela di interessi diversi da
quelli incisi dalla commissione del delitto di furto e segnatamente degli
interessi urbanistici, ambientali e paesaggistici. In definitiva, sostiene la
Corte d’Appello di Venezia, le medesime ragioni che hanno comportato il
rigetto delle domande risarcitorie della Regione Veneto e del Comune di
Papozze, anch’essi costituiti parte civile, valgono per l’Ente Parco, che non
ha titolo ad agire per il delitto di furto.
Tale valutazione, nella sostanza condivisibile, richiede tuttavia
ulteriori precisazioni, alla luce delle argomentazioni sviluppate con il
ricorso.
2

direttamente danneggiato dal commesso reato di furto.

2. Premesso cheooltre allo Stato, la Regione e più in generale gli enti
territoriali sono legittimati ad esercitare l’azione di risarcimento del danno
ambientale in sede penale, ai sensi dell’art. 18/3 L. 349/86, perché il
danno ambientale derivante dal reato incide sull’ambiente come assetto
qualificato del territorio, il quale è elemento costitutivo di tali enti e perciò
oggetto di un loro diritto di personalità (Sez. III, n. 8091 del 26.1.2011),
deve osservarsi come il profilo risarcitorio, dipendente dalle
contravvenzioni ambientali, sia stato escluso per tutti gli enti coinvolti

dichiarata nel primo grado di giudizio.
3. Con riguardo specifico al delitto di furto, la legittimazione a
richiedere il risarcimento del danno, pur essendo stata esclusa per la
Regione Veneto ed il Comune di Papozze è stata, invece, riconosciuta in
primo grado per l’Ente Parco senza, tuttavia, che siano state
specificamente esplicitate le ragioni di tale valutazione. La sentenza
impugnata, come detto, ritenendo, invece, sovrapponibile la posizione
dell’Ente Parco a quella degli enti territoriali- Regione e Comune -ha
escluso la legittimazione del predetto ente per il delitto di furto, non
essendo
4.

esso

titolare

del

bene

sottratto.

Il ricorrente censura tale valutazione, ritenendo di essere

“danneggiato” dal reato di furto di sabbia, adducendo, in maniera
alquanto confusa, da un lato, che sebbene tale delitto non abbia
prodotto un danno patrimoniale direttamente risarcibile all’Ente Parco
(non titolare della sabbia), ha determinato, di riflesso, un danno
ambientale, che legittima l’azione civile ai sensi dell’art. 18 L. 349/86, e,
dall’altro, in ogni caso, un danno diretto per la successiva attività di
ripristino dell’area.
Tali deduzioni sono del tutto nuove e, comunque, diverse da quelle
svolte in sede di costituzione di parte civile.
Fermo restando, infatti, che l’Ente Parco pacificamente non si è
costituito parte civile per il danno patrimoniale direttamente riconducibile
alla sottrazione della sabbia, non essendo, peraltro, “titolare” di essa, il
predetto ente con l’atto di costituzione non ha in alcun modo prospettato
la sussistenza di un danno ambientale, prodotto di riflesso dal delitto di
furto, risarcibile ai sensi dell’art. 18 L. 349/86. Ed invero, nell’atto
indicato, l’Ente si è limitato ad evidenziare di agire nei confronti degli
imputati ex art. 74 c.p.p. che hanno posto in essere “le condotte loro
rispettivamente ascritte di escavazione abusiva in area golenale senza
essere muniti delle prescritte autorizzazioni…. causando il deturpamento e

3

nella vicenda in esame, stante l’intervenuta prescrizione dei predetti reati,

la distruzione dell’area golenale in Panarella di Papozze, zona protetta ai
sensi della vigente normativa ambientale e urbanistica” e a richiedere la
condanna dei corresponsabili in solido al risarcimento danni ai sensi
dell’art. 18 L. 349/86.
Orbene, l’art. 78 lett. d) c.p.p. modula la formalità di costituzione al
modello civilistico imponendo l’individuazione dell’illecito, l’indicazione dei
danni e la precisazione del nesso causale, specie quando gli illeciti
commessi siano molteplici e aggrediscano diversi interessi protetti,

prospettazioni che individuino un illecito generatore del danno, diverso
da quello indicato originariamente, ovvero precisino diversamente il nesso
causale intercorrente tra condotta e danno prodotto si traducono in una
mutati° senz’altro non consentita.
5. Il ricorso va, dunque, rigettato ed il ricorrente va condannato al
pagamento delle spese processuali.
p.q.m.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 31.1.2014

pubblicistici e privatistici. Alla stregua, dunque, del modello civilistico

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