Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18984 del 31/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18984 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AGNELETTI ANDREA N. IL 02/05/1983
FIMMANO’ LUCA N. IL 05/05/1979
avverso la sentenza n. 259/2010 TRIB.SEZ.DIST. di FOLIGNO, del
26/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO

Udito, per l parte civile, l’Avv

Data Udienza: 31/01/2014

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. E. Delehaye, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Uditi altresì, per la parte civile, l’avv. G. Picuti, che deposita conclusioni e
nota spese e, per l’imputato, l’avv. G. Bacino, che si riporta ai motivi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza deliberata in data 26/06/2012, il Tribunale di Perugia ha

Foligno ha dichiarato Luca Fimmanò, Andrea Agneletti e Filippo Pinca colpevoli
dei reati di minaccia, ingiuria e lesioni personali commessi in concorso il
19/09/2004, condannandoli alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni in
favore della parte civile Dario Epifani.
Secondo il Tribunale di Perugia, la precisazione o correzione dell’errore
materiale effettuata dal pubblico ministero nel corso dell’udienza del
13/03/2007, non ha in alcun modo stravolto il nucleo essenziale dei reati, né ha
comportato alcuna lesione del diritto di difesa, risultando chiaro per quali
condotte ciascun imputato era stato querelato da Epifani; inoltre, secondo la
giurisprudenza di legittimità, la contestazione di un reato concorrente o di una
circostanza aggravante è consentita anche sulla base dei soli elementi già
acquisiti nel corso delle indagini preliminari. La sentenza di primo grado, rileva il
Tribunale di Perugia, ha correttamente valutato le dichiarazioni della persona
offesa, mentre i testi Maisto, De Siati e Becchetti hanno descritto l’episodio in
termini del sovrapponibili al racconto di Epifani e i testi della difesa non hanno
contraddetto la versione offerta dalla persona offesa. Il giudice di appello ritiene
quindi i reati contestati sussistenti e riferibili a tutti gli imputati, che hanno
senz’altro agito in concorso tra loro, mossi dalla comune finalità di liberare i posti
occupati: i tre imputati, agendo nel medesimo contesto spaziale e temporale e
per il raggiungimento del medesimo scopo, si sono progressivamente avvicinati
alla persona offesa e ai suoi amici, aggredendo Epifani prima verbalmente, poi
fisicamente.

2. Avverso l’indicata sentenza del Tribunale di Perugia Luca Fimmanò e
Andrea Agneletti hanno proposto ricorso per cassazione articolando i motivi di
seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
e chiedendo la riforma della sentenza impugnata.
2.1. Il ricorso nell’interesse di Andrea Agneletti denuncia inosservanza o
erronea applicazione dell’art. 110 cod. pen. e vizio di motivazione. La sentenza
impugnata ha affermato la responsabilità del ricorrente in ordine al reato di cui
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confermato la sentenza in data 09/03/2010 con la quale il Giudice di pace di

all’art. 582 cod. pen. in concorso con gli altri imputati sulla base di una
motivazione carente o comunque contraddittoria; l’arrivo di Pinca e il presunto
“colpo” a Epifani sono definiti come improvvisi e inaspettati da tutti i testi e dallo
stesso giudice di appello, sicché il giudice di appello non ha fatto corretta
applicazione dei princìpi affermati dalla giurisprudenza in tema di concorso di
persone nel reato ed è motivata in modo contraddittorio, posto che il medesimo
contesto spaziale e temporale non risulta sussistente. L’ipotesi che gli imputati
abbiano commesso i reati in concorso tra loro presuppone il fatto che tutti

ed è inoltre indispensabile che vi sia un individuale apporto materiale o anche
psichico di tutti i correi verso l’identico risultato da tutti perseguito.
2.2. Il ricorso nell’interesse di Luca Fimmanò denuncia, oltre all’erronea
applicazione dell’art. 110 cod. pen. e al vizio di motivazione nei termini sopra
indicati per il ricorso nell’interesse di Agneletti, inosservanza degli artt. 516 e
521 cod. proc. pen. e vizio di motivazione: in relazione alla modifica
dell’imputazione intervenuta nell’udienza del 13/03/2007, la sentenza impugnata
ha violato l’art. 516 cod. proc. pen. ed è incorsa in un vizio di motivazione,
avendo spostato l’attenzione dalla valutazione della diversità ovvero della novità
del fatto alla intellegibilità delle condotte, ritenendo, altresì, erroneamente
possibile procedere a nuove contestazioni prima ancora dell’inizio dell’attività
istruttoria. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la contraddittorietà e la
illogicità della motivazione con riferimento ai reati di cui all’art. 612 e 594 cod.
pen., in quanto il palese e insanabile contrasto tra le testimonianze avrebbe
dovuto condurre ad una pronuncia assolutoria ai sensi dell’art. 530, comma 2,
cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono fondati nei termini di seguito indicati.
Il primo motivo del ricorso nell’interesse di Fimmanò è infondato.
Mentre la locuzione “fatto nuovo”, di cui all’art. 518 cod. proc. pen., denota
un accadimento assolutamente difforme da quello contestato, e l’emergere in
dibattimento di accuse in nessun modo rintracciabili nel decreto di rinvio o di
citazione a giudizio, per “fatto diverso” – che, ai sensi dell’art. 516 cod. proc.
pen., consente la modifica dell’imputazione – deve, invece, intendersi non solo
un fatto che integri una imputazione diversa, restando esso invariato, ma anche
un fatto che presenti connotati materiali difformi da quelli descritti nella
contestazione originaria, rendendo necessaria una puntualizzazione nella
ricostruzione degli elementi essenziali del reato. (Sez. 2, n. 18868 del

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abbiano avuto la volontà di concorrere a tutte le fattispecie criminose contestate

10/02/2012 – dep. 17/05/2012, Osmenaj, Rv. 252822). Nel caso di specie, si è
in presenza di un “fatto diverso” ex art. 516 cod. proc. pen., che presenta una
connotazione materiale difforme da quelli descritta nella contestazione originaria
(il riferimento minaccioso al danneggiamento dei denti) senza denotare un
accadimento assolutamente difforme da quello contestato, né sussiste il dedotto
vizio di motivazione, poiché la sentenza impugnata ha – sia pure sinteticamente
– escluso uno stravolgimento del nucleo essenziale del reato. Infondata è
l’ulteriore censura del ricorrente alla luce dell’orientamento, condiviso dal

proc. pen. e la contestazione di un reato concorrente o di una circostanza
aggravante di cui all’art. 517 cod. proc. pen. ben possono essere effettuate dopo
l’apertura del dibattimento e prima dell’espletamento dell’istruttoria
dibattimentale, sulla sola base degli atti già acquisiti dal P.M. nel corso delle
indagini preliminari (Sez. 6, n. 44980 del 22/09/2009 – dep. 24/11/2009, Nasso,
Rv. 245284; conforme: Sez. U, n. 4 del 28/10/1998 – dep. 11/03/1999,
Barbagallo, Rv. 212757)
Il ricorso nell’interesse di Andrea Agneletti e il secondo motivo del ricorso
nell’interesse di Luca Fimmanò sono, invece, fondati. In tema di concorso di
persone nel reato, la circostanza che il contributo causale del concorrente morale
possa manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta
criminosa (istigazione o determinazione all’esecuzione del delitto, agevolazione
alla sua preparazione o consumazione, rafforzamento del proposito criminoso di
altro concorrente, mera adesione o autorizzazione o approvazione per rimuovere
ogni ostacolo alla realizzazione di esso) non esime il giudice di merito dall’obbligo
di motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase
ideativa o preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia
manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli
altri concorrenti, non potendosi confondere l’atipicità della condotta criminosa
concorsuale, pur prevista dall’art. 110 cod. pen., con l’indifferenza probatoria
circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realtà. (Sez. U, n. 45276 del
30/10/2003 – dep. 24/11/2003, P.G., Andreotti e altro, Rv. 226101). La
sentenza impugnata non risponde a questi princìpi.
In linea con quanto argomentato dalla sentenza di primo grado, la sentenza
di appello valorizza la «comune finalità» degli imputati e lo svolgimento dei fatti
nel «medesimo contesto spaziale e temporale». Gli elementi indicati dai giudici di
merito, ossia la comune finalità e il ristretto arco temporale in cui si sono svolti i
fatti, pur significativi ai fini della prova del concorso nel reato, non sono idonei a
costituire fondamento giustificativo dell’affermazione di responsabilità dei
concorrenti, tanto più che la presenza fisica allo svolgimento dei fatti può

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Collegio, in forza del quale la modifica dell’imputazione di cui all’art. 516 cod.

integrare un’ipotesi di concorso morale penalmente rilevante se attuata in modo
da realizzare un rafforzamento del proposito dell’autore materiale del reato e da
agevolare la sua opera, ma è sempre necessario che il concorrente si sia
rappresentato l’evento del reato ed abbia partecipato ad esso esprimendo una
volontà criminosa uguale a quella dell’autore materiale (Sez. 2, n. 28855 del
08/05/2013 – dep. 08/07/2013, Bielatowicz e altro, Rv. 256465). Gli elementi
indicati, d’altra parte, devono essere valutati alla luce del carattere repentino
dell’azione di Filippo Pinca messo in evidenza dalla stessa sentenza di appello

carattere assume valenza contraria agli elementi valorizzati dai giudici di merito
e, pertanto, avrebbe richiesto una valutazione complessiva non adeguatamente
sviluppata dalla sentenza impugnata. L’accoglimento sul punto determina
l’assorbimento del terzo motivo del ricorso nell’interesse di Fimmanò.
Deve comunque rilevarsi che i reati, commessi il 19/09/2004, risultano
estinti per decorso del termine massimo di prescrizione (pari a sette anni e sei
mesi), maggiorato di 154 giorni (per le sospensioni dovute a due rinvii – dal
11/07/2006 al 25/07/2006 e dal 25/07/2006 al 12/12/2006 – per astensione
dalle udienze degli avvocati), in data 20/08/2012, successiva alla deliberazione
della sentenza impugnata. In assenza dei presupposti per pronunciare un
proscioglimento più favorevole a norma dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.,
la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio agli effetti penali e con
rinvio al giudice di appello competente per valore quanto alle statuizioni civili.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio agli effetti penali nei confronti di
entrambi i ricorrenti perché i reati sono estinti per prescrizione. Annulla la
medesima sentenza nei confronti degli stessi ricorrenti agli effetti civili con rinvio
per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Così deciso il 31/01/2014.

laddove descrive come improvvisi il suo avvicinarsi e il colpo a Dario Epifani: tale

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