Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18981 del 31/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18981 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CUSANO GIOVANNI N. IL 27/01/1950
avverso la sentenza n. 3668/2008 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
07/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO
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Udito, per la parte vile, l’Avv
Udit i difensor v

Data Udienza: 31/01/2014

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. E. Delehaye, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Uditi, altresì, per la parte civile, l’avv. Giuseppe SerafinCo f in sostituzione
dell’avv. M. Marra, che si riporta alla memoria e deposita conclusioni e note
spese, insistendo per il rigetto del ricorso, e, per il ricorrente, l’avv. V. Giaquinto,
che conclude per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

1. Con sentenza in data 05/10/2007, il Tribunale di Santa Maria Capua
Vetere assolveva, perché il fatto non costituisce reato, Giovanni Cusano dal reato
di diffamazione, ascrittogli perché, nel corso di un comizio pubblico, offendeva la
reputazione di Armando Riccio, pronunciando le seguenti frasi: «il mio avversario
politico Michele Izzo non vuole accettare che i soldi si sono persi per colpa
dell’amministrazione …, perciò, quando ti sei accorto che il responsabile dell’UTC,
che ha fatto un danno di 960.000.000, ha fatto un danno a questa comunità, ma
che hai aspettato a non prenderlo ed a metterlo in condizioni di non nuocere».
Con sentenza deliberata il 07/02/2013, la Corte di appello di Napoli, in
riforma della sentenza di primo grado appellata dal pubblico ministero e dalla
parte civile Armando Riccio, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di
Giovanni Cusano in ordine al reato a lui ascritto perché estinto per prescrizione e
ha condannato l’imputato al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile, oltre
al pagamento delle spese da questa sostenute.
La Corte di merito rileva che l’imputato, nel corso di un comizio pubblico,
aveva fatto espresso riferimento ad una nota di Riccio, dove quest’ultimo si
sarebbe riservato di effettuare un capillare e più attento accertamento sulle
schede tecniche inviate al ministero; sulla base dell’esistenza e del contenuto di
tale nota, il giudice di primo grado ha affermato che Cusano, quando ha
pronunciato le parole di cui all’imputazione, aveva, almeno putativamente, tutte
le ragioni per ritenere che il finanziamento non fosse stato reso disponibile per
intero, essendo state inviate al Ministero schede contenenti dati incompleti.
Tuttavia, rileva la sentenza impugnata, la semplice lettura della nota in
questione mette in luce che Riccio non si era assolutamente riservato di
effettuare presunti controlli tecnici sulle schede, ma aveva comunicato al sindaco
e al segretario comunale che «… è importante predisporre e voler far controllare
dal punto di vista contabile tutti gli importi erogati ed assegnati per opere private
e pubbliche in essi inseriti»: è evidente, pertanto, che Riccio fa un chiaro
riferimento a un controllo di carattere contabile successivo ad una erogazione già
avvenuta e non certo a controlli di carattere tecnico sulle schede prodromici alla

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RITENUTO IN FATTO

stessa concessione del finanziamento. La circostanza che la nota abbia un
contenuto ben diverso da quello al quale l’imputato fa invece espresso
riferimento nel corso del comizio, nonostante la sua stessa espressa
affermazione durante il comizio stesso di starne leggendo in quel momento il
contenuto, dimostra in maniera evidente la malafede di Cusano e, quindi
l’insussistenza di un legittimo diritto di critica politica nell’attribuzione a Riccio di
un fatto non veritiero lesivo della sua reputazione, avendolo, di fatto, tacciato di
un’incapacità tale da aver causato la riduzione dei contributi assegnati per il

dovuto mettere «… in condizioni di non nuocere».
Rilevata l’estinzione del reato per prescrizione perfezionatasi dopo il giudizio
di primo grado, la Corte di merito ritiene che l’imputato debba essere
condannato al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile.

2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Napoli ha proposto
ricorso per cassazione, nell’interesse di Giovanni Cusano, il difensore avv. V.
Giaquinto, denunciando – con un unico promiscuo motivo di seguito enunciato
nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. – violazione della
legge penale, dell’art. 576 cod. proc. pen., degli artt. 51 e 595 cod. pen.
L’appello presentato dalla parte civile era inammissibile per violazione
dell’art. 576 cod. proc. pen., in quanto i motivi non sono stati redatti ai soli fini
della responsabilità civile; i motivi di appello hanno investito la responsabilità
penale dell’imputato suggestionando la pubblica accusa il cui atto di appello è
conforme a quello della parte civile.
La Corte di appello ha ritenuto raggiunta la prova del reato ascritto
all’imputato unicamente sulla scorta del contenuto della nota del 16/06/1993,
omettendo l’adeguata valutazione del contesto verbale e ambientale dei fatti. La
Corte di merito, inoltre, trascura il contenuto della delibera del Comune di
Ruviano del 29/09/1995, alla luce del quale la sentenza di primo grado ha
escluso la sussistenza dell’elemento psicologico del reato, in quanto la mancata
erogazione, per intero, dei fondi stanziati dipese proprio dalle inesattezze dei dati
economici contenuti nelle schede predisposte dall’Ufficio Tecnico del Comune di
Ruviano. L’intervento dell’imputato nel corso del comizio ha rappresentato una
critica politica alla vecchia amministrazione comunale e, nello specifico, al suo
ufficio tecnico, non costituendo un attacco alla persona di Armando Riccio, come
è confermato dal fatto che Cusano non ha effettuato alcun espresso riferimento
alla parte civile, limitandosi a citare il geometra di detto ufficio.
La convinzione dell’imputato che la mancata erogazione dei finanziamenti
sia stata dovuta all’inadeguatezza dei dati economici riportati nelle schede

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terremoto al Comune di Ruviano pari a 960 milioni di lire, sicché lo si sarebbe

dell’ufficio tecnico è maturata proprio dal testo della nota del 16/06/1993, in cui
il responsabile dell’ufficio fa riferimento alla necessità di una revisione contabile
di tutti gli importi, circostanza confermata dallo stesso Riccio nel corso
dell’udienza del 05/10/2007, quando ha affermato che tale verifica rientrava
nelle competenze non del suo ufficio, ma del ragioniere. La sentenza impugnata
non ha motivato adeguatamente in ordine alla verifica di natura contabile,
esaminata analiticamente dalla sentenza di primo grado.

con la quale insiste per l’annullamento – con o senza rinvio – della sentenza
impugnata.
In data 18/01/2014 è stata depositata nomina di Armando Riccio a favore
dell’avv. M. Marra, che ha depositato memoria, conclusioni scritte e specifica
spese.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato, nei termini di seguito indicati.
Il primo motivo è manifestamente infondato. Secondo l’orientamento di
questa Corte, l’impugnazione della parte civile avverso la sentenza di
proscioglimento che non abbia accolto le sue conclusioni, è ammissibile anche
quando non contenga l’espressa indicazione che l’atto è proposto ai soli effetti
civili (Sez. U, n. 6509 del 20/12/2012 – dep. 08/02/2013, P.C. in proc. Colucci e
altri, Rv. 254130): deve, pertanto, ritenersi ammissibile l’appello presentato
dalla parte civile avverso la sentenza di assoluzione in primo grado, tanto più che
l’atto di gravame si concludeva con l’esplicita richiesta di condanna dell’imputato
al risarcimento dei danni. Del tutto privo di consistenza è poi il rilievo del
ricorrente circa la “suggestione” esercitata dalla parte civile sull’appello poi
proposto dal pubblico ministero.
Il secondo motivo è, invece, fondato. Secondo il consolidato orientamento di
questa Corte, condiviso dal Collegio, nel giudizio di appello, in assenza di
mutamenti del materiale probatorio acquisito al processo, la riforma della
sentenza assolutoria di primo grado, una volta compiuto il confronto puntuale
con la motivazione della decisione di assoluzione, impone al giudice di
argomentare circa la configurabilità del diverso apprezzamento come l’unico
ricostruibile al di là di ogni ragionevole dubbio, in ragione di evidenti vizi logici o
inadeguatezze probatorie che abbiano minato la permanente sostenibilità del
primo giudizio (Sez. 6, n. 8705 del 24/01/2013 – dep. 21/02/2013, Farre e altro,
Rv. 254113).

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3. In data 08/01/2014, il difensore dell’imputato ha depositato memoria,

La sentenza impugnata non è in linea con questo principio. La Corte di
merito ha colto un profilo di indubbio rilievo nel mettere in luce come il tenore
della nota di Riccio facesse riferimento ad un controllo successivo ad una
erogazione già avvenuta. La sentenza di primo grado, tuttavia, aveva
valorizzato, nella prospettiva dell’esclusione almeno dell’elemento psicologico del
reato, anche la delibera comunale del 29/09/1995, ricostruendo le espressioni
dell’imputato come riferite alla perdita del finanziamento statale causato dalla
«inidoneità dell’azione amministrativa che aveva preso per buone (in modo

insufficienti risultanze istruttorio acquisite dall’UTC, nella persona del Geometra
Riccio, del quale, solo per tale motivo, si lamentava l’omessa rimozione
dall’incarico»: l’argomentare del primo giudice, pertanto, faceva leva anche su
un atto – appunto, la delibera del 1995 – successivo alla nota di Riccio e
contenente i rilievi critici, non recepiti dal consiglio comunale, alle acquisizioni
dell’ufficio tecnico, rilievi ritenuti idonei ad escludere la sussistenza del dolo. In
questo quadro, la Corte di merito, valorizzando l’inferenza valutativa relativa alla
nota di Riccio, ha omesso di porla a confronto con l’argomentazione svolta dal
giudice di primo grado sulla base della delibera del 1995: pertanto, la sentenza
impugnata non ha assicurato il confronto puntuale con la motivazione della
pronuncia assolutoria necessario a minarne la permanente sostenibilità.
Già dichiarata l’estinzione per prescrizione del reato ascritto all’imputato, la
sentenza impugnata deve essere annullata agli effetti civili, con rinvio al giudice
civile competente per valore in grado di appello.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio per nuovo esame
al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Così deciso il 31/01/2014.

acritico ed anzi non tenendo conto delle riserve del Segretario Comunale) le

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