Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1897 del 24/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 1897 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: IZZO FAUSTO

Data Udienza: 24/10/2013

NR. 1417\12

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TIPALDI Federico, n. a Napoli il 17\10\1981

avverso l’ordinanza della Corte di Appello di Napoli del
5\5\2011 (n. 147\2009);

udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Fausto Izzo ;
e
Procuratore Generale
lette le conclusioni del
dell’Avvocatura dello Stato, che hanno chiesto il rigetto del
ricorso;

I

1. Con ordinanza del 5\5\2011 la Corte di Appello di Napoli rigettava l’istanza di
riparazione per ingiusta detenzione avanzata da Tipaldi Federico.
Questi, sottoposto a fermo di P.G., in data 16\10\2009, per i reati di ricettazione di
un ciclomotore Piaggio Free ed uso di atto falso, era stato detenuto in carcere fino al
19\10\2006, agli arresti domiciliari fino al 30\1\2007 e nuovamente in carcere (per
evasione) fino al 6\6\2007. All’esito del processo era stato assolto per dubbio
sull’esistenza dell’elemento soggettivo.
Osservava la Corte di merito che nella vicenda il Tipaldi aveva mantenuto una
condotta gravemente colposa che aveva concorso ad indurre in errore il giudice nella
adozione e mantenimento della misura cautelare, considerato che alla vista della P.G.
si era dato alla fuga con il mezzo che lui stesso conduceva.
2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, a mezzo del
difensore, deducendo la violazione di legge ed il vizio della motivazione laddove la
Corte di merito aveva ritenuto la sussistenza di un comportamento connotato da colpa
grave ed idoneo ad incidere sull’errore del giudice. Invero non vi era prova che
conoscesse la illecita provenienza del mezzo e la fuga non aveva particolare rilevanza
tanto da non essere neppure citata nell’ordinanza cautelare.
CONSIDERATO in DIRITTO
3. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
3.1. Va premesso che, come è noto, il rapporto tra giudizio penale e giudizio per
l’equa riparazione, è connotato da totale autonomia ed impegna piani di indagine
diversi e che possono portare a conclusioni del tutto differenti (assoluzione nel
processo, ma rigetto della richiesta riparatoria) sulla base dello stesso materiale
probatorio acquisito agli atti, ma sottoposto ad un vaglio caratterizzato dall’utilizzo di
parametri di valutazione differenti.
In particolare, è consentita al giudice della riparazione la rivalutazione dei fatti non
nella loro valenza indiziaria o probante (smentita dall’assoluzione), ma in quanto idonei
a determinare, in ragione di una macroscopica negligenza od imprudenza
dell’imputato, l’adozione della misura, inducendo in errore il giudice
3.2. Nella specie, è quindi determinante stabilire se la Corte di merito abbia motivato
in modo congruo e logico in ordine alla condotta del Tipaldi ed alla sua idoneità ad
ingenerare nel giudice che ha emesso il provvedimento restrittivo della libertà
personale il convincimento di un suo probabile coinvolgimento nei fatti criminali
contestatigli.
Ebbene, la Corte territoriale, facendo buon governo dell’applicazione delle norme in
materia e con motivazione logica ed ampia, ha evidenziando le ragioni che hanno
indotto al rigetto della richiesta. In particolare dagli atti processuali (verbale di fermo)
era emerso che alla vista della P.G. operante il conducente del mezzo (Tipaldi) si era
dato alla fuga, tanto da dover essere inseguito. Tale condotta, unitamente
all’oggettiva circostanza che il motorino guidato era di provenienza delittuosa, è stata
ritenuta gravemente colposa ed idonea ad inibire la riparazione.
3.3. A fronte di tale esaustiva motivazione, le censure formulate dal ricorrente sono
caratterizzate da genericità, con richiami ai principi che governano la materia della
riparazione, ma senza specifici argomenti idonei a confutare la ricostruzione dei fatti e
la loro valutazione, effettuata dalla Corte di Appello.
Va ricordato come questa corte di legittimità ritenga dolosa, non solo la condotta
diretta, secondo il criterio penalistico, alla realizzazione di un evento voluto e

2

RITENUTO in FATTO

rappresentato nei termini fattuali ossia l’azione in concreto preordinata all’adozione o
al mantenimento della misura cautelare, ma anche quella che, valutata con il
parametro dell’id quod plerumque accidit sia tale da creare una situazione di allarme
sociale e di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria a tutela della sicurezza
collettiva. Inoltre che si ritenga gravemente colposo il comportamento di colui il quale
per negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi o regolamenti crei una situazione
che renda prevedibile, anche se non voluto, l’intervento dell’autorità giudiziaria (cfr.

Invero, il sistema della riparazione, come delineato dalla Corte regolatrice, è permeato
dal principio solidaristico, in forza del quale il diritto alla riparazione, in ogni sua
estrinsecazione, inerisce oggettivamente al limite della non interferenza causale della
condotta del soggetto passivo della custodia. Questa Suprema Corte, già con sentenza
n. 6628 del 2009, espressamente richiamata dalle Sezioni Unite n. 32383 del
27.05.2010, ha considerato che il principio solidaristico sotteso all’istituto della
riparazione per ingiusta detenzione, “trova il suo naturale contemperamento nel
dovere di responsabilità che incombe in capo a tutti i consociati, i quali evidentemente
non possono invocare benefici tesi a ristorare pregiudizi da essi stessi colposamente o
dolosamente cagionati”.
Pertanto, in tale prospettiva, deve ritenersi che la condottdi un mezzo di
provenienza delittuosa, da parte di soggetto sottoposto a sorveglianza speciale, il
quale alla vista della P.G. si dà a precipitosa fuga, coerentemente, è stata ritenuta
integrare un comportamento gravemente colposo ostativo alla riparazione, perché
idoneo a concorrere a determinare l’errore del giudice al momento dell’adozione della
misura e del suo mantenimento, tanto da inibire il riconoscimento della riparazione, in
ragione del venire meno del fondamento solidaristico dell’istituto.
Consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali. Sussistono giusti motivi per compensare le spese tra le parti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Compensa le spese tra le parti.
Così deciso in Roma il 24 ottobre 2013
Il Co sig ere estensore

Cass. Sez. Un. Sentenza n. 43 del 13/12/1995 Cc. (dep. 09/02/1996), Rv. 203637, ric. Sarnataro;
Cass. Sez. Un., Sentenza n. 34559 del 26/06/2002 Cc. (deo. 15/10/2002), Rv. 222263, ric. Di
Benedictis).

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