Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18964 del 10/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 18964 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

Amanuel Ephrem

n. Il 1 gennaio 1976

avverso
l’ordinanza 16 ottobre 2012 — Tribunale di Roma;
sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Barbarisi;
udite le conclusioni del rappresentante del Pubblico Ministero, in persona del dr.

Giovanni D’Angelo, sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione, che ha
chiesto il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali;
udito il difensore avv. Paolo Maria Gemelli, che ha concluso per raccoglimento dei
motivi di ricorso.

Data Udienza: 10/04/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Ritenuto In fatto
1. — Con ordinanza deliberata in data 16 ottobre 2012, depositata in cancelleria
il 18 ottobre 2012, il Tribunale di Roma, quale giudice del riesame, rigettava l’appello avanzato nell’interesse di Amanti& Ephrern avverso l’ordinanza di aggravamento della misura degli arresti domiciliari con quella della custodia cautelare in
carcere emessa nei confronti del medesimo già condannato alla pena di anni sei e

grazione clandestina.
Il giudice argomentava la propria decisione rilevando che il prefato, nei giorni
27 e 31 luglio 2012 era stato rinvenuto, nell’abitazione presso cui è ristretto, in
possesso di un telefono cellulare con relativa scheda telefonica a lui intestata e in
compagnia della madre con lo stesso non convivente. Tali nuovi fatti, in relazione al
reato per il quale si trova agli arresti dorniciliari, evidenziavano che l’Amanuel poteva essere in grado di proseguire quell’attività di favoreggiamento dell’ingresso clandestino per cui era intervenuta condanna mantenendo contatti con gli ambienti criminali di riferimento, atteso peraltro che i referenti esteri non erano stati identificati
e perseguiti. Anche- la presenza della madre presso il medesimo alloggio, per la sua
capacità di potersi spostare nei Paesi interessati ai traffici criminosi del figlio, doveva essere valutata potenzialmente come utile ai prefato per riprendere i contatti
all’estero e tornare a delinquere.
2. — Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore avv. Paolo
Lattanzi, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione Amanuel Ephrem chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali.
In particolare è stato rilevato dal ricorrente che il giudice non aveva speso alcuna parola per spiegare le ragioni dell’infondatezza delle doglianze avanzate in gravame riproponendo le medesime argomentazioni già espresse nel provvedimento
gravato. Una volta per vero chiarito quali fossero le ragioni della presenza della
madre presso l’abitazione del figlio e la spiegazione circa il possesso del cellulare,
nulla era stato esposto dal giudice. Non era stato inoltre tenuto conto del fatto che
il divieto imposto nell’ordinanza 2 maggio 2012 riguardava il divieto di comunicare

con persone diverse da quelle con cui coabitano (sorella) ad eccezione dei difensore
mentre non vi era alcun divieto di possedere un cellulare. Il divieto era dunque valido in relazione alle comunicazioni e non come strumento utIle di per sé a contattare la sorella e i difensori (giusta anche la carenza dl un telefono fisso), sicché in as-

Ud. in c.c.: 10 aprile 2013 — Amenuel Ephrem RG: 44879/12, RU: 24;

2

giorni venti di reclusione ed C 20.000 di multa per associazione finalizzata all’immi-

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale
,

senza di una prova concreta circa l’effettuazione di conversazioni vietate non poteva darsi corso all’aggravamento della misura. Parimenti andava sostenuto per la
presenza della madre presso l’abitazione del figlio, essendo la medesima rimasta
del tutto estranea ai traffici delittuosi del figlio In assenza di prove di un coinvolgimento anche durante lo svolgimento della misura cautelare.

3. — Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile con ogni dovuta conseguenza di legge.
3.1 — L’art 299 cod. proc. pen. attribuisce al Giudice un potere discrezionale di
aggravamento o di cumulo rispetto ad una misura cautelare già In atto ed individua
i parametri del corretto esercizio di tale discrezionalità, stabilendo che egli deve tener conto della “entità” della trasgressione, dei “motivi” che l’hanno determinata e
delle “circostanze” nelle quali si è verificata. Poiché l’applicazione di una misura
maggiormente affittiva presuppone nella fattispecie un comportamento scorretto,
ancorché l’aggravamento abbia un indiretto effetto sanzionatorio, il suo scopo istituzionale non è quello di punire la violazione delle prescrizioni: se così fosse, infatti,
sarebbe travolta la funzione istituzionale delle misure cautelari. Lo scopo della norma va pertanto individuato nell’adeguamento della misura alle diverse, più gravi
esigenze di cautela desumibili dalla violazione riscontrata. La disposizione si coniuga
con la disciplina generale nella materia, che richiede l’esistenza, da un lato, di un
grave quadro indiziarlo e, dall’altro, di concrete esigenze cautelari. La misura più
severa non potrebbe essere quindi applicata solo per punire la trasgressione, ma
richiede le valutazioni tipiche dell’ambito cautelare.
È opportuno rammentare in proposito che l’art. 274 cod. proc. pen. richiede esplicitamente che la valutazione in ordine all’esistenza dl esigenze cautelari sia caratterizzata da concretezza e si fondi su un esame completo delle più qualificate caratterizzazioni, del fatto; nonché su una compiuta valutazione della personalità dell’indagato. Tale complessiva e penetrante valutazione costituisce altresì la base per
Il giudizio in ordine alla scelta delle misure cautelari, di cui all’art. 275 cod. proc.
pen. La norma richiede, infatti, che il Giudice consideri e ponderi il “grado” delle esigenze cautelari e ne tragga indicazioni in ordine alla “specifica” idoneità di ciascuna misura a fronteggiare i pericoli concretamente riscontrati. L’esigenza di una considerazione compiuta ed analitica delle caratterizzazioni di ciascuna vicenda proces-

Ud. in c.c.: 10 aprile 2013 — Amanuel Ephrem RG: 44879/12, RU: 24;

3

Osserva in dritto

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

suale è riproposta con forza dall’art. 292 cod. proc. pan., che richiede, a pena di
nullità, l’esposizione delle “specifiche” esigenze cauteiari” e degli indizi che giustificano “in concreto” la misura, con l’indicazione degli “elementi di fatto” da cui sono
desunti; nonché l’esposizione delle “concrete e specifiche ragioni” che rendono la
custodia in carcere l’unico strumento idoneo a soddisfare le esigenze cautelari
(Cass., Sez. 4, 28 settembre 2007, n. 39861, n/. 237893 P.M. in proc. Gallo).

denza, con argomentazioni Immuni da vizi logici e giuridici, come la condotta tenuta
dall’imputato sia di per sé pericolosa in relazione all’aggressione delle esigenze
cautelari che la misura affiittiva in corso mira a tutelare, dimostrando che la misura
stessa non è più sufficiente, a fronteggiare in termini di adeguatezza il rischio di realizzazione di quanto si vuole per contro evitare. A fronte di uno specifico onere imposto al prefato di non comunicare se non con persone diverse da quelle che con lui
coabitano e dai difensori, egli non avrebbe dovuto dotarsi di uno strumento che gli
avrebbe consentito anche comunicazioni in ipotesi non autorizzate a prescindere dal
fatto che tali comunicazioni siano state o meno effettuate. Non bisogna per vero
dimenticarsi che, nella fattispecie, si verte in fase cautelare e dunque di valutazione
prognostica del rischio concreto di recidivanza sulla base di specifici indici rivelatori
nonché di proiezione nel futuro dell’efficacia lesiva posta attualmente in essere.
Peraltro in relazione alla presenza della madre non è chi non veda come si sia di
fronte a una concreta e palese violazione delle prescrizioni imposte essendo indiscutibile che la medesima non fosse né convivente, né un difensore, sicché aver comunicato con lei, senza autorizzazione, addirittura all’interno dell’abitazione ove si trovava agli arresti domiciliari, costituisce una palese trasgressione al regime imposto,
meritevole, alla luce delle argomentate considerazioni del giudice non sono censurabili in questa sede in quanto logiche e congrue, dell’aggravamento della misura.
4. — Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi Indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di C 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.

per questi motivi

Ud. in c.c.: 10 aprile 2013 — Amanuel Ephrem

RG: 44879/12, RU: 24;

3.2 — Ciò posto deve osservarsi che, nella fattispecie il giudice ha posto in evi-

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter disp. att. cod. proc.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 10 aprile 2013

Il Presidente

peri.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA