Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18960 del 10/01/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 18960 Anno 2018
Presidente: PEZZULLO ROSA
Relatore: MICHELI PAOLO

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
MARSICANO GIULIO nato il 06/11/1947 a FRATTAMAGGIORE
PALMIERI GIOVANNI nato il 18/07/1967 a CAIVANO •
PACELLA ANNA COLTURA nato il 08/06/1969 a ZURIGO ( SVIZZERA)

avverso la sentenza del 20/10/2015 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere PAOLO MICHELI;

Data Udienza: 10/01/2018

FATTO E DIRITTO

Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte dì appello di Roma riformava
parzialmente una precedente pronuncia del Tribunale della stessa città (limitatamente
alla posizione di Anna Coltura Pacella, nei cui confronti interveniva la declaratoria di

recidiva); la decisione di primo grado trovava invece conferma, per quanto di odierno
interesse:
– in ordine al capo A) della rubrica, relativo ad una contestazione di reato associativo ex
art. 416 cod. pen., ascritto a Giovanni Palmieri, Giulio Marsicano ed alla suddetta Pacella;
– in ordine a due delitti di furto aggravato, sub B) e D), contestati ai medesimi tre
imputati;
– relativamente ai capi C) ed E), concernenti l’utilizzo indebito di diverse carte di
pagamento, a carico del Palmieri (entrambi gli addebiti) e del Marsicano (soltanto il
primo).
Avverso la sentenza della Corte territoriale propone personalmente ricorso il
Palmierì, deducendo violazione della legge penale e carenze motivazionali con riguardo
all’applicazione della recidiva ex art. 99, comma quarto, cod. pen. (di cui i giudici di
merito non avrebbero considerato la mera facoltatività); il ricorrente rileva altresì che
sarebbe stato doveroso, in ogni caso, riconoscergli le circostanze attenuanti generiche in
regime di prevalenza sulla recidiva anzidetta.
Anche il difensore degli altri due imputati, con atto unico curato nell’interesse di
entrambi gli assistiti, impugna la pronuncia di secondo grado. Per il Marsicano, fa
presente che non sarebbero stati esaminati adeguatamente i motivi di gravame sviluppati
avverso la sentenza del Tribunale (con particolare riferimento al tema della corretta
identificazione dell’imputato quale protagonista delle intercettazioni telefoniche su cui
appare fondata la condanna). Per la Pacella, in relazione alle stesse captazioní,
evidenzia che la donna non risulterebbe avere avuto contatti di sorta con i coimputati:
ella fu semplicemente presente in un negozio, in compagnia di uno degli altri prevenuti, e
da ciò non potrebbe essere desunto altro se non una mera connivenza. Per entrambi, si
duole comunque del trattamento sanzionatorio, sia con riguardo al giudizio dì
Comparazione fra opposte circostanze che in punto di aumenti dovuti alla ritenuta identità

di disegno criminoso fra i vari reati.
I ricorsi debbono ritenersi inammissibili.

Quanto al Palmieri, è necessario rilevare che i motivi di censura sopra illustrati
con il ricorso oggi in esame, mentre erano del tutto estranei alle
risuttano avanzati solo

prescrizione di alcuni reati a lei addebitati, non essendole state contestate ipotesi di

ragioni di doglianza formulate nei riguardi della decisione di primo grado (quando il suo
difensore, in termini estremamente generici, si era limitato a contestare la responsabilità
del proprio assistito sollecitandone l’assoluzione, per poi chiedere in subordine la
concessione delle attenuanti generiche – che già gli erano state riconosciute – ed il
minimo della pena). In ogni caso, nulla viene dedotto per rappresentare le ragioni in
base alle quali i nuovi reati commessi dall’imputato non sarebbero indicativi di una
accresciuta capacità criminale, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, né per
fondare un più favorevole bilanciamento fra le circostanze di cui all’art. 62-bis cod. pen. e

Le impugnazioni del Marsicano e della Pacella si rivelano a loro volta generiche ed
involgenti profili in fatto (come la valutazione delle risultanze di intercettazioni
ritualmente compiute), non suscettibili di ulteriore sindacato in sede di giudizio di
legittimità. Va comunque ribadito che la graduazione del trattamento sanzionatorio
rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita, così come per
fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.,
sicché è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova
valutazione della congruità della pena (v. Cass., Sez. III, n. 1182/2008 del 17/10/2007,
Cilia).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla loro volontà (v. Corte Cost.,

sent. n. 186 del 13/06/2000) – a versare in favore della Cassa delle Ammende la somma
di € 2.000,00 ciascuno, così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.
P. Q. M.

Dichiara inammissibili i ricorsi, e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 10/01/2018.

Il

bere estensore
lo t13che

Il Presidente
Pezzullo
,

quelle, compresa l’anzidetta recidiva, di segno contrario.

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