Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18946 del 09/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18946 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AIASECCA SALVATORE N. IL 05/04/1959
avverso l’ordinanza n. 719/2013 TRIB. LIBERTA ‘ di CATANIA, del
06/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
ktte/sentite le conclusioni del PG Dott. 1.-ttruiz,
(32, et_e-eS29- kk,okAip2M-4> d-d2

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 09/12/2013

(
,

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

– che il Tribunale del riesame di Catania, con ordinanza del 6/5/2013,
confermava il provvedimento del G.i.p. applicativo della misura della custodia
cautelare in carcere nei confronti di Aiasecca Salvatore, indagato per
partecipazione, fino all’aprile 2010, all’associazione per delinquere di tipo
mafioso Santapaola-Ercolano, valorizzando, ai fini della gravità indiziaria, il
quadro probatorio costituito dalle attendibili dichiarazioni del collaboratore di

(secondo cui l’indagato, soprannominato “Turi ca’ Lenti”, già condannato per
partecipazione ad associazione mafiosa con condotta protrattasi fino al 1996, era
intraneo al gruppo del Villaggio Sant’Agata, precisando di averlo incontrato più
volte, unitamente a Raimondo Maugeri, elemento di spicco di quel gruppo, e di
aver svolto per conto dei predetti attività di intermediazione, in relazione
all’acquisto di quote di un locale notturno, e che lo stesso aveva anche avanzato
la pretesa di riscuotere una parte dei proventi di un’estorsione perpetrata ai
danni dei titolari di una cava) pienamente riscontrate da quelle, anch’esse
intrinsecamente attendibili, di Tornese Salvatore – un partecipe del clan
Santapaola che svolgeva compiti meramente esecutivi (un soldato semplice),
nell’ambito dello stesso gruppo del Villaggio Sant’Agata (il quale ha riferito di
essere subentrato proprio all’indagato nell’incarico di riscuotere í proventi
dell’attività estorsiva del gruppo e di corrispondere agli affiliati gli stipendi,
precisando anche che l’Aiasecca, durante la sua detenzione, aveva percepito un o
“stipendio” pari a C 750,00, che successivamente alla sua scarcerazione non gli
venne più versato, su disposizione del Maugeri) e di Barbagallo Ignazio,
responsabile del gruppo di Belpasso (che aveva riconosciuto fotograficamente
l’indagato come un componente del gruppo del Villaggio Sant’Agata, precisando
di aver appreso dal Puglisi, che lo stesso era stato mandato a lavorare) nonché
dai numerosi controlli di polizia subiti da cui emergevano i suoi frequenti contatti
con diversi affiliati del clan, il più recente dei quali eseguito nell’agosto 2009;
– che, relativamente alle esigenze cautelari, il Tribunale precisava che nel caso di
specie si verteva, in ragione della contestazione operata, in un’ipotesi di
presunzione assoluta, sia in ordine alla loro sussistenza che all’adeguatezza della
sola custodia cautelare, precisando che le deduzioni difensive circa la risalenza
nel tempo della condotta contestata e lo svolgimento da tempo di regolare
attività lavorativa da parte dell’indagato, non erano corroborate da sufficienti
allegazioni, basandosi sulle sole dichiarazioni del Barbagallo, laddove la
pendenza di altro procedimento per estorsione costituiva ulteriore elemento
dimostrativo della stabilità del vincolo associativo;

1

ceiL

giustizia Scollo Antonino, già appartenete al gruppo di Lineri-San Giorgio

- che il difensore dell’indagato ha proposto ricorso per cassazione avverso detta
ordinanza, denunziando il difetto di gravità del quadro indiziario e la scarsa
tenuta logica della motivazione, tenuto conto, in particolare, che le plurime
dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, si limitano a riferire, genericamente, di
una persistente partecipazione dell’Aiasecca al sodalizio, ma si rivelano niente
affatto convergenti nell’indicazione di fatti specifici e riscontrati, da cui desumere
l’effettiva ed attuale partecipazione dell’indagato al sodalizio, posto che anche il
dato del controllo con altri affiliati risale quanto meno al 2009 e che il Barbagallo

nonché l’insussistenza di esigenze cautelari attuali ed idonee a giustificare
l’adozione della misura applicata, atteso che la condotta associativa contestata
sarebbe comunque risalente nel tempo;
– che entrambi i motivi di gravame, riguardanti la valutazione di attendibilità e
coerenza dei dati puntualmente indicati e adeguatamente valorizzati dal
Tribunale del riesame per i profili della gravità indiziaria e la sussistenza delle
esigenze cautelari giustificatrici della misura, risultano sostanzialmente diretti ad
una non consentita rilettura degli elementi probatori e si palesano pertanto
inammissibili;
– che il giudice di merito ha dato conto, con motivazione logica e perciò
incensurabile in sede di controllo di legittimità, sia delle ragioni per le quali lo
Aiasecca era attinto da gravi indizi di colpevolezza, mediante l’analitica
enunciazione degli elementi probatori rilevanti a tal fine, tutti significativamente
convergenti, in concreto, nel senso della qualificata probabilità di colpevolezza
dell’indagato, sia dei concreti indici fattuali, dimostrativi della pericolosità dello
stesso, non desunti esclusivamente dalla gravità dei fatti contestati ma anche dai
numerosi e significativi precedenti penali e giudiziari;
– che il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile con le conseguenze di legge;

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle
ammende.
Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al
Direttore dell’Istituto Penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1
te r.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 dicembre 2013.

ha riferito di aver appreso che il ricorrente era stato “mandato a lavorare”,

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