Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18945 del 09/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18945 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LANZAFAME ALESSANDRO N. IL 26/02/1979
avverso l’ordinanza n. 758/2013 TRIB. LIBERTA’ di CATANIA, del
06/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
lettesentite le conclusioni del PG Dott. Kfuk,

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Uditi difensor AvvP, cMA/0/4 /1e-

Data Udienza: 09/12/2013

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

– che il Tribunale del riesame di Catania, con ordinanza del 6/5/2013,
confermava il provvedimento del G.i.p. applicativo della misura della custodia
cautelare in carcere nei confronti di Lanzafame Alessandro, indagato per
partecipazione all’associazione per delinquere di tipo mafioso SantapaolaErcolano, valorizzando, ai fini della gravità indiziaria, il quadro probatorio
costituito dalle attendibili dichiarazioni del collaboratore di giustizia Barbagallo

“gruppo della Civita”, subalterna solo a quella del reggente Puglisi Carmelo, era
intraneo a quel gruppo delinquenziale, percependo uno stipendio pari ad C
500,00 mensili e che lo stesso era stato di recente arrestato, poiché videoripreso
all’atto di recuperare un credito in danaro, ed aveva frequentazioni con Angemi
Natale Armando, altro storico membro del “gruppo della Civita”) pienamente
riscontrate da quelle, anch’esse intrinsecamente attendibili, di Riso Carmelo, che
seppure appartenente al clan Laudani, avendo raggiunto posizione di vertice
all’interno di quel sodalizio, aveva acquisito una cognizione diretta anche dei
soggetti appartenenti a clan diversi, come il clan Santapaola, nonché dalle
condanne subite e dai procedimenti pendenti per fatti estorsivi aggravati
dall’utilizzo del metodo mafioso;
– che il difensore del Lanzafame ha proposto ricorso per cassazione avverso
detta ordinanza, denunziando il difetto di gravità del quadro indiziario e la scarsa
tenuta logica della motivazione, basandosi la tesi accusatoria su di una lettura
quanto meno superficiale delle dichiarazioni dei collaboranti, sfornite di adeguati
riscontri esterni individualizzanti;
– che i motivi di impugnazione, riguardanti la valutazione di attendibilità e
coerenza dei dati puntualmente indicati e adeguatamente valorizzati dal
Tribunale del riesame per il profilo della gravità indiziaria, risultano
sostanzialmente diretti ad una non consentita rilettura degli elementi probatori e
si palesano pertanto inammissibili;
– che il giudice di merito ha dato conto, con motivazione logica e perciò
incensurabile in sede di controllo di legittimità, delle ragioni per le quali il
Lanzafame era attinto da gravi indizi di colpevolezza, mediante l’analitica
enunciazione degli elementi probatori rilevanti a tal fine, tutti significativamente
convergenti, in concreto, nel senso della qualificata probabilità di colpevolezza
dell’indagato, laddove le deduzioni difensive, specie quando assumono che le
dichiarazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia sarebbero prive di
significativi elementi di riscontro individualizzanti, non considerano che in tema
di reati associativi, il “thema decidendum” riguarda la condotta di partecipazione
o direzione, con stabile e volontaria compenetrazione del soggetto nel tessuto
1

Ignazio, (secondo cui l’indagato, cugino di Magrì Orazione, figura apicale del

organizzativo del sodalizio: ne consegue che le dichiarazioni dei collaboratori o
l’elemento di riscontro individualizzante – che ben può essere costituito, come
nel caso di specie, da altre convergenti dichiarazioni di attendibili collaboratori di
giustizia – non devono necessariamente riguardare singole attività attribuite
all’accusato, nello specifico comunque individuate nell’attiva sua partecipazione a
plurimi fatti estorsivi, giacché il “fatto” da dimostrare non è il singolo
comportamento dell’associato bensì la sua appartenenza al sodalizio (in termini
Sez. 2, n. 23687 del 03/05/2012 – dep. 14/06/2012, D’Ambrogio e altri, Rv.

– che il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile con le conseguenze di legge;

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle
ammende.
Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al
Direttore dell’Istituto Penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1
te r.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 dicembre 2013.

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