Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18942 del 10/01/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 18942 Anno 2018
Presidente: PEZZULLO ROSA
Relatore: MICHELI PAOLO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
GRAZIANI FRANCO nato il 08/07/1952 a FAENZA

avverso la sentenza del 29/09/2016 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere PAOLO MICHELI;

Data Udienza: 10/01/2018

FATTO E DIRITTO
Franco Graziani ricorre personalmente avverso la sentenza indicata in epigrafe,
emessa nei suoi confronti dalla Corte di appello di Bologna; la dichiarazione di penale
responsabilità dell’imputato riguarda un addebito qualificato ex art. 483 cod. pen.
Il ricorrente invoca vizi della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 606, lett. c), del
codice di rito, conseguenti alla nullità della sua dichiarazione di contumacia: nel caso di

da parte del Graziani, della data della prima udienza di trattazione del processo. La
motivazione del provvedimento sarebbe poi carente, atteso che gli esiti del dibattimento
resero evidente il difetto di dolo dell’imputato nel momento in cui ebbe a redigere
l’autocertificazione in rubrica (egli attestò falsamente, in allegato a una domanda di
iscrizione quale piccolo imprenditore nel relativo registro, di non avere pregresse
condanne penali): infatti, quella dichiarazione era suscettibile di immediati controlli a
riscontro, come accaduto in concreto, il che esclude che il Graziani volle realmente ledere
la fede pubblica. Con l’impugnazione in esame si censura infine l’eccessività della pena
inflitta.
Il ricorso deve ritenersi inammissibile, per manifesta infondatezza dei motivi di
doglianza.
Infatti, risulta dall’esame del carteggio processuale che la notifica del decreto di
citazione per il giudizio di primo grado avvenne nel pieno rispetto delle formalità di legge
(il relativo piego postale non venne ritirato dal Graziani entro i termini della compiuta
giacenza, dopo essergli state recapitate presso il domicilio le prescritte comunicazioni a
Mezzo raccomandat. Anche le notifiche di altri atti (l’avviso ex art. 415-bis cod. proc.
pen., l’estratto contumaciale concernente la sentenza del Tribunale, ecc.) avvennero
presso il medesimo indirizzo, corrispondente alla residenza anagrafica dell’imputato: né
può ritenersi, come pure il ricorrente torna a ribadire, che egli rimase impossibilitato a
ricevere il decreto de quo per il solo fatto che questo pervenne in pieno agosto. La
sentenza della Corte territoriale ha già chiarito che egli, per quanto momentaneamente
assente, entrò comunque in possesso degli avvisi che lo informavano della raccomandata
inviatagli, disponendo così di un tempo senz’altro congruo (l’udienza si sarebbe tenuta
circa nove mesi più tardi) per recuperare l’atto in questione.
Quanto all’elemento soggettivo, al di là delle prospettive di controllo della veridicità
dell’attestazione, il Graziani dichiarò di non avere pregiudizi malgrado l’esistenza di
quattro sentenze irrevocabili a suo carico (due all’esito di riti ordinari e due
patteggiamenti): il che era pacificamente falso, a dispetto della indiscutibile
consapevolezza dell’imputato circa le vicende processuali che lo avevano interessato. A
nulla rileva, al contrario, la possibilità che egli avrebbe avuto (sapendo di non potersi
iscrivere come piccolo imprenditore a causa di quei precedenti) di intestare l’attività ad

specie, secondo la ricostruzione offerta, non risulterebbe provata l’effettiva conoscenza,

un congiunto o ad un prestanome: possibilità meramente allegata e che non muta la
sostanza dell’addebito, immanente al contenuto dell’attestazione difforme dal vero.
Quanto infine al trattamento sanzionatorio, che il ricorrente lamenta solo in termini
generici come di estrema severità, va ricordato che la graduazione della pena rientra
nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita, così come per fissare la
pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., sicché è
inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione

della congruità della pena (v. Cass., Sez. III, n. 1182/2008 del 17/10/2007, Cilia).
delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla sua volontà (v. Corte Cost.,
sent. n. 186 del 13/06/2000) – a versare in favore della Cassa delle Ammende la somma
di € 2.000,00, così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 10/01/2018.

Il C

sigliere estensore
aolo Micheli

Il Presidente
Re.; Pezzullo
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(72/(}

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna dell’imputato al pagamento

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