Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18937 del 09/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18937 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CORTESE ANTONIO N. IL 11/04/1962
avverso la sentenza n. 1408/2010 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 30/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALDO CAVALLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Rou.,9` 171-02-kpf214, /
che ha concluso per C.Q., urto Gehe tucAri,k, •

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 09/12/2013

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza deliberata il 30 ottobre 2012 la Corte d’appello di Reggio
Calabria ha confermato quella del Tribunale della stessa città in data 22 ottobre
2009 nella parte in cui aveva condannato Cortese Antonino alla pena
complessiva di mesi otto di reclusione siccome colpevole dal reato di detenzione
abusiva di munizioni di vario tipo e calibro non denunciate (capo 2 della rubrica)
nonché di omessa comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza del

regolarmente detenuta (capo 3 della rubrica).
2. Avverso detta sentenza ricorre per cassazione il difensore di Cortese
Antonino deducendo:
– inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e processuale e
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, per avere i
giudici di appello omesso di motivare in ordine all’effettiva sussistenza
dell’elemento psicologico del reato contestato al capo 3 della rubrica e per aver
disatteso la richiesta difensiva di proscioglimento del Cortese per mancanza di
colpa, a ragione della sua buona fede, avendo l’imputato ritenuto non necessaria
una nuova denuncia in caso di occasionale, temporaneo spostamento della
stessa in altro luogo (Reggio Calabria) rispetto a quello denunciato (Pellaro),
incongruamente affermando di ritenere fondatamente ipotizzabile nel caso di cui
trattasi, una cosciente e consapevole violazione della norma contestata, e ciò in
forza della sola considerazione che poiché il Cortese risultava aver detenuto,
talora legalmente, un numero considerevole di armi e munizioni, ciò induceva a
ritenere che lo stesso fosse soggetto esperto ed aduso alle armi e perfettamente
a conoscenza, quindi, delle norme che le regolano;
– inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e processuale e
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione
al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra le residue
imputazioni contestate al Cortese; erronea applicazione della legge penale e
motivazione illogica per non essere stata ritenuta applicabile l’attenuante di cui
all’art. 5 della legge n. 895 del 1967, viceversa applicabile onde commisurare la
pena alla concreta offensività del fatto commesso, essendosi trattato di arma
dalla ridotta funzionalità;
– inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e processuale e
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione
al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti ed al mancato
contenimento della pena nei minimi edittali.

Considerato in diritto
1

trasferimento del luogo di detenzione dei arma (una pistola calibro 9)

1. L’impugnazione proposta nell’interesse del Cortese è inammissibile in
quanto basata su motivi manifestamente infondati.
1.1 Quanto al primo motivo dedotto in ricorso, va osservato, infatti, che
nessun profilo d’illegittimità è fondatamente ravvisabile nella decisione
impugnata relativamente alla conferma della condanna del Cortese per il reato
contravvenzionale allo stesso contestato al capo 3 della rubrica.
Nei reati contravvenzionali, invero, la buona fede dell’agente tale da
escludere l’elemento soggettivo non può essere determinata dalla mera non

un fattore positivo esterno che abbia indotto il soggetto in errore incolpevole (in
termini, ex multis, Sez. 3, n. 172 del 06/11/2007 – dep. 07/01/2008, Picconi, Rv.
238600).
1.1.1 Nè hanno pregio le argomentazioni sviluppate in ricorso con le quali, a
giustificazione della condotta contestata al Cortese, si invoca una pretesa
ambiguità della norma incriminatrice (gli artt. 38 T.U.L.P.S. e 58 del relativo
regolamento) ed il carattere solo temporaneo dello spostamento dell’arma.
1.1.2 A prescindere dal già decisivo rilievo che solo in questa sede il
ricorrente risulta dedurre, per la prima volta, il carattere asseritamente
transitorio del trasferimento dell’arma, il ricorrente non considera, ad ogni buon
conto, che secondo l’ormai costante lezione interpretativa di questa Corte,
«l’obbligo stabilito dagli artt. 38 T.U.L.P.S. e 58 del relativo regolamento di
ripetere la denunzia di detenzione di armi in occasione di ogni trasferimento, non
è vincolato a un cambio di residenza, ma si impone in qualsiasi circostanza nella
quale l’arma venga trasferita da un luogo all’altro per un apprezzabile periodo di
tempo, così come può avvenire anche per un temporaneo cambiamento di
abitazione» (in termini, Sez. 1, n. 16013 del 09/10/1989 – dep. 17/11/1989,
Santoro, Rv. 182562, e tra le più recenti decisioni in tal senso, Sez. 1, n. 17808
del 02/04/2008 – dep. 05/05/2008, Amato, Rv. 239851) e che l’assunto difensivo
secondo cui, nel caso di specie si sia trattato di uno spostamento temporaneo
dell’arma, costituisce affermazione autoreferenziale e priva del pur necessario
riscontro probatorio.
1.1.3 Nè, infine, sempre con riferimento alla conferma della condanna del
Cortese per il reato contravvenzionale contestato al capo 3 della rubrica,
risultano ravvisabili nell’apparato motivazionale della decisione impugnata profili
di manifesta illogicità, per avere i giudici di appello, ribadita in ogni caso la
punibilità della condotta ascritta al Cortese anche a titolo di colpa (negligenza),
ritenuto fondatamente ipotizzabile una cosciente e consapevole violazione della
norma incriminatrice, essendo invero plausibile, in base alla comune esperienza,
che un soggetto che ha legalmente detenuto armi e munizioni per lungo tempo,
possegga una cognizione, sia pur sommaria, delle norme che regolamentano la
2

conoscenza della legge – come sostanzialmente dedotto dal ricorrente – bensì da

materia e segnatamente dell’obbligo di comunicare all’autorità di polizia
eventuali trasferimenti delle armi e munizioni denunziate.
1.2 Manifestamente infondati si rivelano, infine, anche gli ulteriori motivi
d’impugnazione prospettati in ricorso relativamente al trattamento sanzionatorio,
ove si consideri: che neppure in ricorso si precisano gli elementi da cui desumere
che le condotte contestate al Cortese, obiettivamente differenti, fossero
effettivamente espressione di un unitario programma criminoso; che la richiesta
di concessione della diminuente del fatto di lieve entità – comunque

risulta sia stata formulata nei motivi di appello; che la richiesta di concessione
delle attenuati generiche è stata disattesa con argomentazioni adeguate ed
immuni da vizi, logici o giuridici, avendo i giudici di appello ritenuto condizione
ostativa alla concessione delle invocate attenuanti, la obiettiva gravità dei fatti
(quale desumibile dal numero delle munizioni detenute); che l’entità della pena
inflitta dal primo giudice, è stata ritenuta equa e congrua e rispettosa dei criteri
di cui all’art. 133 cod. pen..

2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di
esonero – al versamento di una somma alla Cassa delle ammende,
congruamente determinabile in € 1000,00.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di € 1000,00 alla Cassa delle
ammende
Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2013.

incompatibile con l’elevato numero di munizioni detenute illegalmente – non

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