Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18931 del 10/01/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 18931 Anno 2018
Presidente: PEZZULLO ROSA
Relatore: MICHELI PAOLO

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
CHEDDADE AKRAM nato il 03/06/1997
OMAR MOHAMED nato il 07/12/1997

avverso la sentenza del 03/12/2016 del TRIBUNALE di GENOVA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere PAOLO MICHELI;

Data Udienza: 10/01/2018

FATTO E DIRITTO
Il difensore di Akram Cheddade e Moharned Omar, con atto unico curato
nell’interesse di entrambi gli assistiti, ricorre per cassazione avverso la pronuncia indicata
in epigrafe, emessa nei confronti dei suddetti – ex art. 444 del codice di rito – dal
Tribunale di Genova (con riguardo a un addebito di concorso in tentato furto aggravato).
La difesa lamenta violazione della legge penale e vizi della motivazione della sentenza
impugnata, atteso che il giudicante non avrebbe spiegato le ragioni fondanti la ritenuta

Il ricorso deve ritenersi inammissibile.
E’ infatti necessario osservare che la motivazione contratta, avuto riguardo alla
speciale natura dell’accertamento in sede di sentenze ex art. 444 cod. proc. pen., deve
solo dare contezza della correttezza della qualificazione giuridica, dell’insussistenza di
cause di proscioglimento e della congruità della pena oggetto dell’accordo.
Quanto al trattamento sanzionatorio, in particolare, deve rilevarsi che la pena
prospettata nell’istanza di patteggiamento rientrava nei limiti legali, e va ricordato che in
caso di patteggiamento «la valutazione di congruità della pena oggetto dell’accordo tra le
parti deve aver riguardo alla pena indicata nel risultato finale, indipendentemente dai
singoli passaggi interni, in quanto è unicamente il risultato finale che assume valenza
quale espressione ultima e definitiva dell’incontro delle volontà delle parti» (Cass., Sez.
III, n. 28641 del 28/05/2009, Fontana, Rv 244582). In ogni caso, il Tribunale ha financo
chiarito perché i due imputati (l’uno gravato da un precedente, l’altro già sottoposto a
misure cautelari per una pendenza in atto) non fossero meritevoli di una pena base
ancorata sui minimi edittali.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla loro volontà (v. Corte Cost.,
sent. n. 186 del 13/06/2000) – a versare in favore della Cassa delle Ammende la somma
di C 2.000,00 ciascuno, così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi, e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 10/01/2018.

correttezza della prospettazione delle parti in punto di entità della pena patteggiata.

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