Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18931 del 09/04/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 18931 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
MEGA ROCCO n. il 23/11/1965
avverso l’ORDINANZA del TRIBUNALE DELLA LIBERTA’ di SALERNO
del 14.10.2013
sentita la relazione del consigliere
ANTONIO PRESTIPINO
Sentito il Procuratore Generale, in persona del dr. SANTE SPINACI, che ha concluso per
rigetto del ricorso.

Data Udienza: 09/04/2014

Considerato in diritto
Il ricorso è infondato
1.Quanto alla questione della presunta inesistenza della motivazione dell’ordinanza cautelare,
in quanto integralmente riproduttiva delle informative di polizia giudiziaria secondo la tecnica
del “copia e incolla”, il Tribunale rileva (pag. 2), che seppure il gip aveva operato un integrale
recupero dei dati degli atti di indagine, li aveva però “ricomposti” organicamente alla stregua di
un lavoro di sistemazione indicativo della loro analisi critica. In punto di fatto, la difesa non
contesta rorganicità” del provvedimento genetico (peraltro agevolmente rilevabile dalla sua
lettura), né fornisce indicazioni sui termini della dedotta utilizzazione della tecnica del “copia e
incolla”, che pare allo stato impropriamente riferita a profili “contenutistici”, non all’
“automatica” riproduzione della stessa strutturazione grafico-letterale delle informative.
1.1. Deve quindi ritenersi che i giudici territoriali abbiano fatto retta applicazione del principio
secondo cui La motivazione “per relationem” di un provvedimento giudiziale è da considerarsi
legittima quando: a) faccia riferimento ad altro atto del procedimento, la cui motivazione risulti
congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; b)
fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto delle ragioni del
provvedimento di riferimento ritenendole coerenti con la sua decisione; c) l’atto di riferimento
sia conosciuto dall’interessato o almeno a lui ostensibile (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 4181
del 14/11/2007, Imputato: Benincasa).
1.2. D’altra parte la pretesa delroriginalità” della motivazione del titolo cautelare appare in
definitiva incongrua nei termini “assoluti” supposti dalla difesa, non potendosi certo escludere,
nei casi concreti, l’esaustività e la completezza degli atti d’indagine di riferimento di un
provvedimento restrittivo, rispetto ai quali occorra pertanto, da parte del gip, soltanto una
consapevole ricognizione del loro contenuto.
2. In punto di gravità indiziaria per il reato associativo, il deduzioni difensive sono in parte
viziate da accentuate connotazioni di merito, in parte riduttive rispetto al più ampio materiale

Ritenuto in fatto
1.Con ordinanza del 14.10.2013, il Tribunale della Libertà di Salerno, in parziale accoglimento
della richiesta di riesame proposta da Mega Rocco avverso l’ordinanza di custodia cautelare in
carcere emessa nei suoi confronti dal Gip del Tribunale di Vallo della Lucania il 18.9.2013 per i
reati di associazione per delinquere finalizzata alla consumazione di una serie indeterminata di
truffe in danno di enti previdenziali e altro, sostituiva la misura di maggior rigore con quella
degli arresti domiciliari, confermando il giudizio di gravità indiziaria espresso dal gip.
1.1. Secondo l’accusa, il Mega, legale rappresentante della società armatoriale “CILENTO
COSTA DEGLI INFRESCHI E MASSETA s.n.c. (d’ora innanzi “CILENTO”), aveva
fraudolentemente ottenuto dall’INPS e dall’INAIL indebite prestazioni previdenziali a favore di
soggetti non aventi diritto, predisponendo sistematicamente false certificazioni mediche
attestanti inesistenti patologie degli stessi soggetti, che figuravano di volta in volta imbarcati
come marittimi alle dipendenze della società “CILENTO”, valendosi della complicità degli
interessati e di alcuni medici.
2. Ha proposto ricorso per cassazione il Mega per mezzo del proprio difensore eccependo con il
primo motivo, il vizio di violazione di legge e il difetto di motivazione del provvedimento
impugnato in relazione al suggello offerto alla motivazione del provvedimento cautelare, da
considerarsi non solo insufficiente, e come tale suscettibile di integrazione da parte del giudice
del riesame, ma addirittura inesistente, essendo stato redatto con la tecnica del “copia e
incolla” con l’integrale e acritico recepimento delle indicazioni desumibili dalle informative di
polizia giudiziaria.
2.1. Con il secondo motivo, la difesa censura sotto gli stessi profili di legittimità le valutazioni
del Tribunale in ordine alla gravità indiziaria per il reato associativo, deducendo, in sostanza,
che non sarebbe in alcun modo provato il collegamento tra i marittimi coinvolti nelle truffe e il
Mega, che avrebbe agito del tutto autonomamente, fra l’altro apponendo falsamente le firme
dei vari marittimi sulle richieste di visita medica, in assenza di qualunque indicazione che ne
avesse ricevuto apposita “delega” da parte degli interessati.
2.2. L’ultimo motivo è incentrato sulle esigenze cautelari. Il Tribunale non avrebbe considerato
che l’attività criminale riferibile alla presunta associazione criminale si era arrestata, secondo
l’accusa, al 2011, e avrebbe inoltre trascurato che il Mega aveva di fatto cessato la propria
attività armatoriale, con una serie di dismissioni della propria flotta.

probatorio analizzato nella motivazione dell’ordinanza cautelare, che si salda
con quella
dell’ordinanza del Tribunale del riesame (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 774 del 28/11/2007
Imputato: Beato, dove l’affermazione che non è affetta da vizio di motivazione l’ordinanza del
tribunale del riesame che, confermando in tutto o in parte il provvedimento impugnato, ne
recepisce le argomentazioni, perché in tal caso i due atti si integrano reciprocamente e le
eventuali carenze di motivazione dell’uno sono sanate dalle argomentazioni utilizzate dall’altro;
Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15416 del 02/02/2011, secondo cui il tribunale del riesame, a fronte
di un difetto di motivazione del provvedimento applicativo della misura coercitiva, deve porvi
rimedio con le necessarie integrazioni e non annullare il provvedimento, perché solo al giudice
di legittimità è dato il potere di pronunciare l’annullamento per difetto di motivazione; Cass.
Sez. 6, Sentenza n. 4416 del 14/12/1992, dove l’affermazione che anche in materia di misure
cautelari è legittima l’ integrazione tra il provvedimento impugnato e quello che decide
sull’impugnazione, per cui, se l’indizio si presta logicamente a una certa interpretazione, ben
può il giudice del riesame far proprio il provvedimento del G.I.P., limitandosi a richiamare quei
dati che costituiscono l’ineccepibile premessa di quella interpretazione).
3. Il Gip (pagg. 35 e ss dell’ordinanza genetica), ricorda anzitutto le prove documentali di
alcune frodi “previdenziali”, con la particolare sottolineatura di quelle riferibili ai sedicenti
marittimi Abramo Francesco e D’Andrea Vito, che risultarono fittiziamente imbarcati su navi del
Mega in coincidenza di periodi in cui figuravano piuttosto dipendenti dell’Hotel “Il Giardino”, e
beneficiari di indennità di disoccupazione relative all’effettivo rapporto di impiego; rileva,
ancora, che il D’Andrea e l’Abramo risultarono cointestatari di un conto corrente sul quale
confluivano le somme erogate dagli enti previdenziali, e sul quale erano sati conferiti al Mega
ampi poteri gestori; sottolinea, riguardo al D’Andrea, la circostanza che la sede sociale della
“Cilento”, era stata stabilita presso l’abitazione del D’Andrea.
3.1. A fronte di queste complessive emergenze istruttorie, l’affermazione difensiva secondo
cui il Mega potrebbe avere operato del tutto autonominante e all’insaputa dei marittimi (veri o
presunti), coinvolti nelle truffe, appare del tutto assertiva. Tanto potrebbe ritenersi rispetto alla
redazione dei certificati medici, o alla simulazione delle visite mediche di controllo, non certo
rispetto alla co-intestazione di conti correnti strumentali al conseguimento dei profitti del reato
o alla stessa documentazione degli imbarchi in periodi in cui gli interessati risultavano
impiegati altrove.
3.2. E’ poi infondata, nella sua generalità, l’affermazione difensiva secondo cui i vari marittimi
non avevano contatti tra loro. Per il D’Andrea e l’Abramo, infatti, il contrario risulta dalla
comune intestazione della stesso conto corrente di “appoggio” delle truffe.
4. L’intervento nelle vicende processuali, in modo sistematico e coordinato, del Mega, del
Russo del D’Andrea e dell’Abramo, basta già a giustificare le conclusioni dei giudici territoriali
sull’esistenza dell’associazione criminale in contestazione, tanto sotto il profilo numerico che
organizzativo, essendo quindi irrilevante, ai fini dell’imputazione associativa, la questione della
partecipazione al sodalizio degli altri marittimi coinvolti.
5. In punto di esigenze cautelari, il Tribunale ha comunque operato una più meditata
valutazione circa l’esclusiva adeguatezza della misura carceraria, sostituendole con quella degli
arresti domicili. La complessità dell’articolazione organizzativa delle truffe e il ruolo di
preminenza del ricorrente all’interno dell’associazione, sono stati poi adeguatamente
considerati dai giudici territoriali come indicazioni concrete di un persistente periculum
libertatis.
5.1. Le contrarie eduzioni difensive sono in parte prive di riferimenti processuali, in parte
infondate. Il fatto che l’associazione criminale sia contestata fino al 2011, non significa che la
reiterazioni di reati della stessa specie non possa essere posta in essere dal Mega con altre
forme organizzative e con diversi collegamenti interpersonali; la titolarità formale delle
imbarcazioni cui si fa riferimento nel ricorso, non pregiudica la questione della loro disponibilità
effettiva; la dismissione da parte della società “Cilento” della motobarca “Leucosya” non è
documentata, al pari dell’incendio della Jolly o del passaggio di altre imbarcazioni alla soc.
Mega Tourist, di cui peraltro non vengono neanche indicati in ricorso gli assetti proprietari..
Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso deve essere rigettato, con la condanna
del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e al
versamento della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle ammende. La cancelleria dovrà
provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. Att. C.p.p.
P.Q. M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese pr cessuali e al versamento
della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Così de ‘so in Roma, nella camera di consiglio, il 9.4.2014.

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