Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1893 del 08/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 1893 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

Data Udienza: 08/10/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
XHAFERI ARBEN N. IL 11/08/1974
nei confronti di:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 30/2010 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
30/09/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;
lette/agitki le conclusioni del PG Dott.

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r)P

Ritenuto in fatto
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia e procuratore speciale di Xhaferi Arben
avverso l’ordinanza emessa in data 30.9.2011 dalla Corte di Appello di Venezia con la
quale è stata rigettata l’istanza di riparazione dell’ingiusta detenzione subita dal
predetto, assumendo che questi aveva dato causa al provvedimento restrittivo per
colpa grave.
Deduce il vizio motivazionale in relazione alla ravvisata colpa grave nella condotta del
richiedente.

Finanze una memoria a sostegno dell’impugnata ordinanza.
Il Procuratore generale in sede, all’esito della requisitoria scritta, ha concluso per il
rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato e va respinto.
Giova premettere che in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la
giurisprudenza consolidata di questa Corte (v., sotto diversi profili, le sentenze delle
Sezioni Unite 13.12.1995, n. 43, e 26.6.2002, n.34559), afferma che la nozione di
“colpa grave” di cui all’art. 314, comma 1, c.p.p., ostativa del diritto alla riparazione
dell’ingiusta detenzione, va individuata in quella condotta che, pur tesa ad altri
risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza,
trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione
tale da costituire una non voluta, ma prevedibile ragione di intervento dell’autorità
giudiziaria, che si sostanzi nell’adozione o nel mantenimento di un provvedimento
restrittivo della libertà personale.
Inoltre, per valutare la “colpa grave” che, ai sensi dell’art. 314 comma 1 c.p.p.,
esclude il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione previsto da detta norma, il
giudice deve fondare la propria decisione su fatti concreti esaminando la condotta del
richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà ed indipendentemente dalla
conoscenza che il prevenuto abbia avuto dell’inizio delle indagini al fine di stabilire,
con valutazione “ex ante”, non se la condotta integri estremi di reato, ma solo se sia
stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità
procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando
luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto (Cass., Sez. IV, 15.2.2007 n.
10987, Rv. 236508).
Ancora, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, ai fini dell’accertamento circa
la sussistenza della condizione ostativa (art. 314 comma 2° cod. proc. pen.) aver
l’indagato dato causa per colpa grave alla custodia cautelare, il giudice deve valutare
anche il comportamento tenuto dal ricorrente prima dell’emissione del provvedimento
restrittivo e non solo il comportamento tenuto in occasione della misura o

2

L’Avvocatura generale dello Stato ha depositato per il Ministero dell’economia e delle

dell’interrogatorio immediatamente successivo (Cass., Sez. IV, 9.10.2007 n. 1577,
Rv. 238663).
Orbene, nel caso di specie l’ordinanza impugnata fa corretta applicazione di tali
principi.
Invero, nella fattispecie, congruamente il giudice della riparazione ha esposto gli
elementi a carico dell’imputato che non risultavano chiariti all’epoca dell’ingiusta
detenzione, a causa delle condotte, obiettivamente imprudenti, dello stesso il quale,
utilizzando -nelle conversazioni telefoniche di cui al verbale di fermo- un linguaggio

effettuati, ha senz’altro contribuito a far emergere la sua figura come di persona
coinvolta nello svolgimento di illecita attività connessa agli stupefacenti, contigua ad
ambienti delinquenziali e solidale con i soggetti ad essi appartenenti (v. ordinanza
impugnata). Peraltro, è emerso che l’odierno ricorrente, in siffatto contesto,
coabitava con altro soggetto in un immobile ove risulta sequestrato un elevato
quantitativo di eroina. Siffatta valutazione non si appalesa congetturale ovvero
fondata su “mere supposizioni” -secondo le doglianze del ricorrente- e non
concretizza una indebita sovrapposizione della valutazione del giudice della
riparazione a quella del giudice di merito, bensì riflette i dati obiettivi della condotta
serbata, alla stregua dei principi soprarichiamati, condotta non solo ambigua e di
evidente collusione con l’illecito mercato della droga ma addirittura qualificata dalla
Corte territoriale come molto vicina al materiale concorso nel reato.
Il ricorso va, pertanto, rigettato e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., a tale pronuncia
segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Segue, altresì, la condanna alla rifusione delle spese di lite in favore del Ministero
costituito, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al pagamento delle spese di questo giudizio di Cassazione sostenute dal
Ministero dell’Economia, spese che si liquidano in C 750,00.
Così deciso in Roma, addì 8.10.2013

guardingo, criptico ed allusivo, indicativo della sua conoscenza degli illeciti traffici

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