Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18918 del 06/12/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18918 Anno 2018
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SARNO GIULIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LONGOBARDI CARMINE nato il 26/05/1950 a NAPOLI

avverso l’ordinanza del 30/05/2016 della CORTE APPELLO di NAPOLI
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIULIO SARNO;
lette le conclusioni del PG nel senso dell’inammissibilità del ricorso

Data Udienza: 06/12/2017

Ritenuto in fatto

Al riguardo il ricorrente, premette quanto segue.
Con sentenza n.234/07 era stato condannato dal Giudice Monocratico di Sorrento per i reati p.
e p. dagli art.44 comma 1 sub b) e c) del DPR 380/01, 93, 94 e 95 DPR 6/6/2001 n.380, 163
D. Lvo 490/99 e 734 cod. pen. alla pena di mesi 10 di arresto ed euro 20.000 di ammenda /
pena sospesa subordinata alla demolizione del manufatto disposta ex art. 31 ultimo comma
DPR 380/01.
La sentenza diventava esecutiva in data 8/.10.2017.
Avverso la sentenza proponeva appello oltre i termini giustificandone le ragioni con motivazioni
condivise dalla Corte di Appello Penale di Napoli, che, con sentenza del 12.2.2014, previa
restituzione nel termine per l’impugnazione, ha annullato la sentenza di primo grado
dichiarando non doversi procedere a carico del Longobardi per intervenuta prescrizione.
Contestualmente alla proposizione del gravame tardivo, con ricorso, ai sensi dell’ art. 666
c.p.p., il Longobardi aveva chiesto al giudice dell’esecuzione che la pena emessa fosse
indultata e, contestualmente, eccepiva la nullità della notifica dell’estratto contumaciale e ,
comunque, chiedeva di essere rimesso nei termini per proporre appello.
Con ordinanza in data 8.7.2010 il Giudice dell’Esecuzione accoglieva parzialmente l’incidente di
esecuzione promosso dal Longobardi dichiarando interamente indultata la pena detentiva e
parzialmente quella pecuniaria. Rigettava la questione di nullità dell’estratto contumaciale
ritenendo superata ogni ulteriore richiesta dall’applicazione dell’indulto.
La Corte di Cassazione (Sez. 3, sentenza n. 45707 del 2011) in data 26 ottobre 2011,
dichiarava inammissibile il ricorso avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione in
quanto tardivo.
Conseguentemente, con provvedimento del 17.12.2012, la procura della Repubblica di Torre
Annunziata, in esecuzione della sentenza n.234/07 emessa dal Giudice Monocratico di
Sorrento, ordinava al Longobardi la demolizione del manufatto.

Longobardi Carmine propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza della Corte di appello
di Napoli, che aveva rigettato la richiesta di annullare l’ordine di demolizione e di “disporre a
che le somme versate a titolo di pagamento dell’ammenda vengano restituite all’interessato
perché versate indebitamente in esecuzione della sentenza”.

Avverso tale ordine promuoveva ulteriore incidente di esecuzione il Longobardi asserendo che
la sentenza n. 234/07 era stata annullata dalla Corte di Appello di Napoli con sentenza del
12.2.2014 divenuta quest’ultima, a sua volta, cosa giudicata perché mai gravata dal P.G. e
che, pertanto, l’ordine di demolizione non era più eseguibile.

E ciò sul presupposto che, per effetto della declaratoria di inammissibilità del ricorso da parte
del giudice di legittimità sull’ordinanza reiettiva della istanza di restituzione nel termine in
relazione al provvedimento del giudice dell’esecuzione e della definitività della sentenza di
proscioglimento per prescrizione della Corte di appello di Napoli, nella specie si era realizzata
una ipotesi di contrasto di giudicati e che dovesse trovare applicazione, quindi, l’art. 669
comma 8 ultimo periodo del c.p.p ..
Nella specie la corte di merito evidenziava che la regola generale secondo cui se il contrasto
riguarda una sentenza di condanna e una di proscioglimento il giudice ordina l’esecuzione della
sentenza di proscioglimento, è parzialmente derogata nel caso in cui il proscioglimento sia
pronunciato per estinzione del reato verificatasi successivamente alla data in cui è divenuta
irrevocabile la decisione di condanna, dovendosi in tal caso eseguire quest’ultima.
Eccepisce in questa sede il ricorrente:
violazione e falsa applicazione degli artt. 669 e 175 cod. proc. pen. ed illogicità e
contraddittorietà della motivazione;
violazione del principio del giudicato e dell’unicità del procedimento.
Sostanzialmente entrambi i motivi ruotano sulla considerazione che nella specie non sia
ravvisabile alcun contrasto di giudicati. Osserva al riguardo il ricorrente che per l’applicazione
dell’art. 669 citato è indispensabile che a carico dell’imputato, in relazione agli stessi fatti,
risultino emesse più pronunzie di cognizione con esiti diversi.
E ciò sarebbe da escludere nella specie in quanto la Corte di Appello, cui effettivamente
competeva (art.175 c.p.p.) verificare se vi fossero ragioni per dichiarare l’ammissibilità
dell’appello tardivamente formulato, ha ritenuto fondate tali ragioni e, pronunziatasi
sull’appello, ha annullato la sentenza di condanna sul rilievo che i reati fossero estinti per
intervenuta prescrizione. Peraltro – si aggiunge nel ricorso – l’art. 669 non potrebbe
comunque riguardare il contrasto tra una sentenza ed un ordinanza (il provvedimento emesso
dal Giudice dell’Esecuzione di Sorrento in data 8.7.2010).
Il difensore ha presentato successivamente memoria, ribadendo le ragioni espresse, per
confutare le conclusioni del P.G. che si è espresso per l’inammissibilità del ricorso.

la Corte di Appello di Napoli, cui gli atti erano stati trasmessi per competenza, in data 30
maggio rigettava il ricorso.

Considerato in diritto

Evidente in premessa è l’interesse a ricorrere del Longobardi dipendendo dalla soluzione
adottata la sorte dell’ordine di demolizione impartito con la sentenza del giudice monocratico
del tribunale di Sorrento.
La declaratoria di prescrizione comporterebbe, infatti, secondo l’orientamento consolidato di
questa Sezione, la revoca dell’ordine di demolizione.
Dall’esame degli atti non si rende possibile verificare con esattezza le scansioni temporali della
presentazione delle istanze, né i termini in cui le stesse sono state esattamente formulate, nè
le ragioni che hanno indotto il ricorrente a formulare istanze contestuali al giudice
dell’esecuzione ed a quello di appello.
Invero, a mente dell’art. 670 co. 3 cod. proc. pen. se l’interessato nel proporre richiesta perché
sia dichiarata la non esecutività del provvedimento, eccepisce che comunque sussistono i
presupposti e le condizioni per la restituzione nel termine a norma dell’art. 175, e la relativa
richiesta non è stata proposta al giudice dell’impugnazione, il giudice dell’esecuzione, se non
deve dichiarare la non esecutività del provvedimento decide sulla restituzione.
Ma ciò non assume in questo contesto decisiva rilevanza.
Il fatto con cui confrontarsi è che la Corte di appello di Napoli ha comunque ammesso l’odierno
ricorrente all’impugnazione tardiva e per l’effetto i reati per i quali era intervenuta condanna in
primo grado sono stati dichiarati estinti per prescrizione con sentenza divenuta irrevocabile per
mancata impugnazione.
Ciò posto, osserva il Collegio che il ricorrente giustamente eccepisce l’unicità del procedimento
per il quale è stata ammessa l’impugnazione.
La mancata impugnazione iniziale ha comportato che il giudice di appello sia stato chiamato
solo in quella occasione a pronunciarsi sulla sentenza di primo grado e, dunque, non vi è
ragione di invocare un contrasto di giudicati.
E dunque non si possono ritenere verificate le condizioni per un contrasto di giudicati.
Non ignora il Collegio che nel dibattito sviluppatosi dopo la riforma del 2005, sulla
ammissibilità della restituzione del contumace nel termine per impugnare anche dopo

Il ricorso è fondato.

limpugnazione del difensore (su cui sono poi intervenute le Sezioni Unite confutando tale
possibilità e la Corte Costituzionale con la sentenza n. 317 del 2009), in alcune pronunce
favorevoli alla tesi della ammissibilità della restituzione in termini, la Corte indicava l’art. 669
cod. proc. pen. come rimedio per rimuovere l’eventuale contrasto tra giudicati.

In quel caso, infatti, il punto di partenza era costituito dall’esistenza di due pronunciamenti del
giudice dell’impugnazione, entrambi in tesi correttamente attivati, nonchè dall’assenza di una
disciplina atta a regolare specificamente la sorte del processo evolutosi nei gradi di
impugnazione per iniziativa del solo difensore altrimenti non revocabile.
Nel caso di specie il giudice di appello è stato invece chiamato a decidere per la prima volta e
non vi è alcuna necessità di coordinare la decisione assunta con precedenti pronunciamenti
divenuti definitivi.
Diversamente opinando un istituto volto ad assicurare la pienezza del diritto di difesa
raggiungerebbe l’effetto contrario risolvendosi in un trattamento deleterio per l’impugnante.
Dovendosi escludere l’applicabilità dell’art. 669 co. 8 si deve concludere che l’istanza di revoca
dell’ordine di demolizione debba essere decisa considerando esclusivamente l’esito del giudizio
di appello per effetto dell’impugnazione tardiva.
La sentenza della Corte di appello di Napoli deve essere pertanto annullata con rinvio ad altra
sezione che nella decisione dovrà conformarsi a quanto deciso in questa sede.
PQM
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Napoli.
Così deciso in data 6.12.2017

Ma la situazione richiamata non può essere in alcun modo equiparata a quella in esame.

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