Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18917 del 18/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18917 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FORMICA ALESSANDRO QUALE RAPPR. DELLA SOC. G.F.
COMPANY SRL N. IL 13/12/1978
avverso il decreto n. 2404/2013 GIP TRIBUNALE di RIMINI, del
18/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
PEZZELLA;
4ette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Apice°

0~AAJ2:(2.019C14 eA0/1 9-eU’11:0

Udit kdifensoreAvv.;Ge_aco-mo

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Data Udienza: 18/03/2014

I

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto del 18.5.2013 il GIP Tribunale di Rimini, nell’ambito del
procedimento penale a carico di FORMICA MARIO, disponeva il sequestro per
equivalente, tra l’altro, in relazione al conto corrente n. 8023818 acceso presso
la BANCA CARIM di Rimini intestato alla G.F. Company s.r.l. ed alle positive
giacenze rinvenute sullo stesso.
FORMICA MARIO è indagato per il reato di cui agli articoli 81 cpv. e 5
D.Ivo 74/2000 perché, consumando nel tempo plurime violazioni della medesima
2010 di AERTEXPO’ S.A. (ora Spa), con sede legale in Falciano (Repubblica di
San Marino) in Strade degli Angariari 25 e con sede amministrativa di fatto in
Rimini, e quale amministratore di fatto dal 26 marzo 2010 a tutt’oggi, al fine di
evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto pur essendovi obbligato,
ometteva di presentare per gli anni d’imposta dal 2007 al 2011, le relative
dichiarazioni annuali, evadendo le imposte per un importo superiore alle soglie di
punibilità. Si tratta di importi considerevoli con evasioni di imposta per ciascun
anno di diverse centinaia di migliaia di euro.
2. Ricorre per Cassazione “per saltum”, a mezzo del proprio difensore e
procuratore speciale, FORMICA ALESSANDRO, 1.r.p.t. della G.F. Company srl
lamentando la violazione di legge (art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. con
particolare riferimento alla violazione del combinato disposto degli artt. 321 co. 2
cod. proc. pen. e 322ter cod. pen. per erronea individuazione del bene oggetto di
sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nonché per
violazione dell’art. 125 cod. proc. pen. per totale mancanza di motivazione in
ordine alle ragioni che hanno comportato l’apprensione di beni della società GF
Company srl , che si assume essere totalmente estranea ai reati contestati

all’indagato Mario Formica e società non appartenente ed amministrata
dall’indagato Mario Formica.

norma di legge, quale amministratore unico dal 10 marzo 2005 al 26 marzo

In ordine alla tempestività del ricorso si deduce che, benché il sequestro
risulti eseguito in data 28/5/2013, il ricorrente non ha mai avuto la possibilità di
conoscerlo prima della data del 18 giugno 2013 (o, a tutto voler concedere del
14 giugno 2013). Ciò in quanto solo a tale data la difesa del FORMICA aveva
potuto estrarre copia del verbale dell’udienza del riesame in cui il pm procedente
aveva depositato gli atti.
Nel merito del ricorso il provvedimento aveva ad oggetto una serie di beni
ritenuti nella disponibilità della persona sottoposta alle indagini, FORMICA
MARIO. In particolare, la parte dispositiva del sequestro rispondeva alla struttura
del sequestro “aperto”: individuati specificamente alcuni beni (beni immobili,

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conti bancari, titoli) direttamente oggetto di apprensione, l’ultima parte del
provvedimento faceva riferimento agli “ulteriori beni riconducibili all’indagato
FORMICA MARIO fino alla concorrenza di € 4.172.266 quale somma complessiva,
corrispondente all’ammontare del profitto di reato di cui all’art. 5 Divo
74/2000”. Tra questi ulteriori beni risulta essere stato materialmente
sequestrato anche il conto corrente numero 8023818 acceso presso la banca
CARIM di Rimini intestato alla GF Company srl e, comunque, le giacenze attive
rivedute sul suddetto conto.
Ebbene il ricorrente si duole che come risulta dalla visura già in atti la
società in questione, il cui socio unico è FORMICA ALBERTO, figlio dell’indagato
FORMICA MARIO, vede nel ruolo di amministratore unico a far data dal 17
gennaio 2011 FORMICA ALESSANDRO, altro figlio dell’indagato. Ciò
dimostrerebbe l’evidente violazione di legge in cui sarebbe incorsa l’Autorità
Giudiziaria considerando riferibile a Formica Mario un conto corrente di una
società non posseduta ne amministrata da lui e di cui sarebbe totalmente
estraneo.
Tale società – si lamenta- non sarebbe stato oggetto di attenzione da
parte dell’autorità giudiziaria procedente né sarebbe stata menzionata nel
decreto di sequestro per equivalente; e nemmeno beni della stessa sarebbero
stati individuati come passibili di sequestro in tali due atti, quali beni nella
disponibilità dell’indagato FORMICA MARIO.
Il ricorrente si duole che si tratterebbe di beni nella esclusiva disponibilità
della GF company.
Lo stesso ricorrente evidenzia tuttavia che dalla lettura del prospetto
depositato dal pubblico ministero e in particolare dalle indicazioni “delegato”
inserita nel margine destro del rigo relativo al conto corrente di cui si tratta si
dovrebbe arguire che la disponibilità in capo a FORMICA MARIO sia stato desunta
dalla delega che egli aveva ad operare sul suddetto conto.
Il ricorrente si duole che la delega non sia stata acquisita agli atti e

I.

comunque che la semplice delega ad operare sul conto non possa far dire che
l’indagato aveva la disponibilità di quei fondi, riferibili a suo dire esclusivamente
alla società.
Viene citata in proposito giurisprudenza di questa sezione (n. 33371/
2012 soprattutto nella parte in cui afferma che “dalla natura di sanzione penale
della confisca per equivalente deriva altresì la inapplicabilità dell’istituto nei
confronti di un soggetto diverso dall’autore del reato ex articolo 27 comma primo
della Costituzione a nulla rilevando, con riferimento alle persone giuridiche, il
cosiddetto rapporto di immedesimazione organica del reo con l’ente del quale
con compiti e poteri vari fa parte”. Viene richiamata, altresì, la giurisprudenza di

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t

questa Corte precedente alla recente pronunzia delle Sezioni Unite ove si fa
riferimento in negativo alla possibilità di operare il sequestro per equivalente su
beni delle persone giuridiche.

Chiede pertanto l’annullamento e/o la revoca del decreto in premessa
nella parte de qua, con la conseguente restituzione di quanto in sequestro
all’avente diritto odierno ricorrente.

1. Il ricorso è fondato, nei termini che si vanno ad illustrare.

2. L’art. 325 cod. proc. pen. prevede, com’è noto, che contro le ordinanza
in materia di riesame di misure cautelari reali il ricorso per cassazione possa
essere proposto solo per violazione di legge. Il commek.secondo della medesima
norma offre poi la possibilità, contro il decreto di sequestro preventivo, di
esperire, come nel caso che ci occupa, il ricorso “per saltum”.
La giurisprudenza di questa Suprema Corte, anche a Sezioni Unite, ha,
tuttavia, più volte ribadito come nella nozione di violazione di legge debbano
ricomprendersi sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della
motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno
del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile
l’itinerario logico seguito dal giudice (vedasi Sez. U, n. 25932 del 29.5.2008,
Ivanov, rv. 239692; conf. sez. 5, n. 43068 del 13.10.2009, Bosi, rv. 245093).
Ancora più di recente è stato precisato che è ammissibile il ricorso per
cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur
consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento
impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei
requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'”iter” logico
seguito dal giudice nel provvedimento impugnato. (così sez. 6, n. 6589 del
10.1.2013, Gabriele, rv. 254893 nel giudicare una fattispecie in cui la Corte ha
annullato il provvedimento impugnato che, in ordine a contestazioni per i reati
previsti dagli artt. 416, 323, 476, 483 e 353 cod. pen. con riguardo
all’affidamento di incarichi di progettazione e direzione di lavori pubblici, non
aveva specificato le violazioni riscontrate, ma aveva fatto ricorso ad espressioni
ambigue, le quali, anche alla luce di quanto prospettato dalla difesa in sede di
riesame, non erano idonee ad escludere che si fosse trattato di mere irregolarità
amministrative,).
Di fronte all’assenza, formale o sostanziale, di una motivazione, atteso

4

CONSIDERATO IN DIRITTO

,

l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene dunque a
mancare un elemento essenziale dell’atto.
3. Ciò premesso, ritiene il Collegio che nel caso all’odierno esame si sia in
presenza di un deficit motivazionale tale da configurare l’errata applicazione di
norme di diritto.
Ciò in quanto si deve tener conto che nelle more del proposto ricorso, le
Sezioni Unite di questa Suprema Corte hanno affrontato il contrasto
risposta al quesito sul se sia possibile o meno disporre il sequestro preventivo,
finalizzato alla confisca diretta o per equivalente, nei confronti di beni di una
persona giuridica, per le violazioni tributarie commesse dal legale rappresentante
della stessa (Sez. Unite n. 10561 del 30.1.2014 dep. il 5.3.2014, Gubert).
Secondo alcune pronunce degli ultimi anni, infatti, con riferimento ai reati
tributari, sarebbe possibile applicare il sequestro preventivo funzionale alla
confisca per equivalente sui beni della persona giuridica, anche al di fuori dei casi
in cui la sua creazione era finalizzata a farvi confluire i profitti degli illeciti fiscali
quale “società schermo”. Ciò in ragione dell’affermazione che, sebbene il reato
tributario fosse addebitabile all’indagato, le conseguenze patrimoniali ricadevano
in ogni caso sulla società a favore della quale egli aveva agito, salvo che si fosse
dimostrata una rottura del rapporto organico. Secondo i fautori di tale tesi,
dunque, non era richiesto che l’ente fosse responsabile, ai sensi del D.Lgs. n.
231/2001, e lo stesso non poteva considerarsi terzo estraneo al reato perché
fruiva degli incrementi economici che erano derivati dallo stesso (così ex plurimis
sez. 3 n. 28731 del 19.7.2011, Soc. Coop. R. L. PR Burlando, non mass.; sez. 3
n. 26389 del 9.6.2011, Occhipinti, rv. 250679).
Di segno contrario erano state, invece, altre pronunce con le quali si era
affermata l’impossibilità di applicare l’istituto del sequestro preventivo funzionale
alla confisca per equivalente sui beni appartenenti alla persona giuridica, nei casi

giurisprudenziale determinatosi, per lo più in seno a questa sezione, dando una

in cui si procedeva per violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante
della stessa, in quanto gli articoli 24 e seguenti del D.Lgs. n. 231/2001 non
prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l’adozione di un
provvedimento siffatto, tranne che nel caso in cui la struttura aziendale
costituisca un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti, tanto
che ogni cosa fittiziamente intestata alla società sia immediatamente
riconducibile alla disponibilità dell’autore del reato (sez. 3, n. 25774 del
14.6.2012, PM in Proc. Amoddio e altro, rv 253062; sez. 3 n. 15349 del
23.10.2012 dep. il 3.4.2013, Gimeli, rv. 254739; sez. 3 n. 42350 del 10.7.2013,

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PM in proc. Stigelbauer, rv. 257129; sez. 3 n. 42476 del 20.9.2013, Salvatori,
rv. 257353).
Le Sezioni Unite hanno optato, con le precisazioni che si illustreranno, per
tale seconda opzione, affermando i principi di diritto secondo cui:
I. E’ consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro
preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni
direttamente riconducibili al profitto di reato tributario commesso dagli organi
della persona giuridica stessa, quando tale profitto (o beni direttamente

//. Non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per

equivalente nei confronti di una persona giuridica qualora non sia stato reperito il
profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa,
salvo che la persona giuridica sia uno schermo fittizio.
/M Non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per

equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica per reati tributari da
costoro commessi, quando sia possibile il sequestro finalizzato alla confisca di
denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di
reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa in capo a
costoro o a persona (compresa quella giuridica) non estranea al reato.
/V. La impossibilità del sequestro del profitto del reato può essere anche

solo transitoria, senza che sia necessaria la preventiva ricerca generalizzata dei
beni costituenti il profitto di reato.

4.

Occorrerà ripercorrere alcuni punti della decisione del Supremo

Collegio al fine di verificare ed indicare al giudice di rinvio quali sono gli snodi
motivazionali attraverso i quali si può pervenire, eventualmente, alla confisca per
equivalente di beni (e quindi anche al sequestro finalizzato alla stessa) che siano
formalmente intestati ad una persona giuridica, a fronte di reati tributari
commessi dai suoi amministratori.
La prima e più importante verifica, che deve trovare riscontro in
motivazione, e quella che attiene alla possibilità che la persona giuridica stessa
sia in concreto priva di autonomia e rappresenti solo uno “schermo” attraverso
cui l’amministratore agisca come effettivo titolare.
Numerose sono le pronunce di questa Suprema Corte, richiamate dalle
stesse Sezioni Unite, che affermano tale principio (vedasi tra le tante sez. 3, n.
42476 del 20.9.2013, Salvatori, rv. 257353; sez. 3. n. 42638 del 26.9.2013,
Preziosi; sez. 3. n. 42350 del 10.7.2013, PM in proc. Stigelbauer, rv. 257129;
sez. 3 3182 del 14.5.2013, De Salvia, rv. 255871; sez. 3, n. 15349 del
23.10.2012, dep. il 3.4.2013, Gimeli, rv. 254739; sez. 3, n. 1256 del 19.9.2012

6

riconducibili al profitto) sia nella disponibilità di tale persona giuridica.

dep. il 10.1.2013, UniCredit spa, rv. 254796; sez. 3 , n. 33371 del 4.7.2012,
Failli; sez. 3, n. 25774 del 14.6.2012, Amoddio, rv. 253062; sez. 6, n. 42703 del
12.10.2010, Giani, non mass.).
In tal caso infatti – come rilevano condivisibilmente le SS.UU.- la
trasmigrazione del profitto del reato in capo all’ente non si atteggia alla stregua
di trasferimento effettivo di valori, ma si configura come un espediente
fraudolento, non dissimile dalla figura dell’interposizione fittizia; con la
conseguenza che il denaro o il valore trasferito devono ritenersi ancora
il reato, in apparente vantaggio dell’ente, ma nella sostanza a favore proprio.
Se ciò è provato, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per
equivalente è, dunque, consentito.
Allo stesso modo il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente sarà
possibile anche nei confronti di beni societari per i reati transnazionali,
consentendolo l’articolo 11 della legge 16.3.2006 n. 146 recante “Ratifica ed
esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine
organizzato transnazionale, adottati dall’Assemblea generale il 15 novembre
2000 ed il 31 maggio 2001”, che prevede la confisca obbligatoria, anche per
equivalente, per i reati di cui all’articolo 3 della stessa legge.
Nel caso che ci occupa, tuttavia, la motivazione del provvedimento
impugnato non consente di comprendere se versiamo in una ipotesi di società
schermo o a reati transnazionali.
Il GIP del Tribunale di Rimini, che pure dà ampiamente conto delle attività
investigative operate a carico di Formica Mario,e..dei contenuti delle e.mail
intercorse tra questi e il figlio Alessandro, riferisce in particolare dell’attività
collegata alla società ARTEXPO s.p.a.
La G.F. Company srl non viene indicata in alcun modo tra le società
sottoposte in qualche modo ad indagine.
Pare evidente, dunque, che al sequestro si addivenga effettivamente in
quanto, come rilevato dallo stesso ricorrente, la possibilità di FORMICA MARIO di
operare sul conto corrente in questione quale delegato viene individuata come
disponibilità in capo allo stesso delle somme ivi giacenti.
Manca, tuttavia, una motivazione sul punto che espliciti questo o altro
ragionamento sotteso alla scelta di apprendere dei beni di una società, qual è
effettivamente la GF Company srl, che non appare aver goduto dei proventi delle
violazioni finanziarie contestate a FORMICA MARIO. E manca anche una
motivazione circa il perché si sia ritenuto che tali somme costituissero profitto
del reato o se la GF Company operasse come società “schermo”.

7

pertinenti, sul piano sostanziale, alla disponibilità del soggetto che ha commesso

5. Per i motivi sin qui delineati s’impone, pertanto, l’annullamento del

provvedimento impugnato, limitatamente al sequestro del conto corrente n.
8023818 acceso presso la BANCA CARIM di Rimini intestato alla G.F. Company
s.r.l. ed alle positive giacenze rinvenute sullo stesso con rinvio al Tribunale di
Rimini per nuovo esame.
P.Q.M.

annulla la ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Rimini.

Il

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Il Presidente

Così deciso in Roma il 18 marzo 2014

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