Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18916 del 10/01/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18916 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
LA FATA SERGIO, nato a Tunisi il 29/01/1962
VALENTI VINCENZO, nato a Catania il 2/11/1986

avverso la sentenza del 06/05/2014 della Corte di appello di Catania

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.
Fulvio Baldi, che ha concluso chiedendo annullamento con rinvio
limitatamente al trattamento sanzionatorio e rigetto nel resto.

Data Udienza: 10/01/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 6.5.2014, la Corte di appello di Catania confermava la
sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania del
13.12.2012, con la quale, a seguito di giudizio abbreviato, gli odierni ricorrenti La
Fata Sergio e Valenti Vincenzo (ed i coimputati Gianguzzo Nicola, Ruscica
Giacomo, Terranova Virgilio) erano stati dichiarati colpevoli del reato di cui agli
artt. 81 e 110 cod.pen e 73 dpr n. 309/1990- perché con più azioni esecutive del

piantagione di sostanza stupefacente del tipo marijuana- e condannati ciascuno
alla pena di anni sei, mesi otto ed euro 28.000,00 di multa ed alle pene accessorie
dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dell’interdizione legale durante
l’espiazione della pena.

2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione La Fata
Sergio, per il tramite del difensore di fiducia, e Valenti Vincenzo, personalmente,
articolando i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la
motivazione, come disposto dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
La Fata Sergio articola un unico motivo di ricorso e deduce violazione di legge
e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta colpevolezza.
Argomenta che la Corte territoriale riteneva la responsabilità dell’imputato La
Fata non perché era stata raggiunta prova certa della sua colpevolezza ma sulla
base di una valutazione di alta probabilità della colpevolezza; inoltre, la Corte
territoriale riteneva non credibile la versione dei fatti fornita e, cioè, che il La Fata
si era recato nell’abitazione dell’amico solo per consumare la sostanza
stupefacente e che non vi era prova che l’imputato si fosse recato nell’abitazione
e nel terreno circostante prima di tale fatto.
Valenti Vincenzo articola un unico motivo di ricorso e deduce vizio di
motivazione, per manifesta illogicità, in relazione alla ritenuta colpevolezza.
Argomenta che l’ipotesi accusatoria si fondava solo sulle dichiarazioni rese dal
proprietario del fondo ove veniva coltivata la sostanza stupefacente e sulla
circostanza che l’imputato avesse sottoscritto con il predetto un contratto di
affitto; in realtà, il Valenti avrebbe concluso il contratto di affitto su invito di
Terranova Virgilio senza mai recarsi sul fondo; risultavano, pertanto, illogiche le
argomentazioni della Corte territoriale che riteneva il Valenti responsabile del reato
contestatogli.
Chiedono, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2

medesimo disegno criminoso ed in tempi diversi, attivavano e gestivano una vasta

1. I ricorsi vanno dichiarati inammissibili.
2.1 ricorrenti, attraverso una formale denuncia di violazione di legge e vizio di
motivazione, richiedono sostanzialmente una rivisitazione, non consentita in
questa sede, delle risultanze processuali.
Nei motivi articolati, in sostanza, si espongono censure le quali si risolvono in
una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione
impugnata, sulla base di diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti,
senza individuare vizi di logicità, ricostruzione e valutazione, quindi, precluse in

235507; sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, Bruzzese, Rv. 235510; Sez. 3, 27.9.2006,
n. 37006, Piras, rv. 235508).
Va ribadito, a tale proposito, che, anche a seguito delle modifiche dell’art.
606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. introdotte dalla L. n. 46 del 2006, art. 8
non è consentito dedurre il “travisamento del fatto”, stante la preclusione per il
giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze
processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez.6,n.27429 del
04/07/2006, Rv.234559; Sez. 5, n. 39048/2007, Rv. 238215; Sez. 6, n. 25255
del 2012, Rv.253099) ed in particolare di operare la rilettura degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, (cfr. Sez. 6, 26.4.2006, n. 22256,
Rv. 234148).
La Corte di Cassazione deve circoscrivere il suo sindacato di legittimità, sul
discorso giustificativo della decisione impugnata, alla verifica dell’assenza, in
quest’ultima, di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole
della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli
appartenenti alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili incongruenze
tra loro, oppure inconciliabili, infine, con “atti del processo”, specificamente indicati
dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di forza esplicativa o
dimostrativa, tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento
svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da
rendere manifestamente incongrua la motivazione (Sez. 4 08/04/2010 n. 15081;
Sez. 6 n. 38698 del 26/09/2006, Rv. 234989; Sez.5, n.6754 del 07/10/2014,
dep.16/02/2015, Rv.262722).
3. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
4. Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non
ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione
pecuniaria nella misura ritenuta equa indicata in dispositivo.

3

sede di giudizio di cassazione (cfr. Sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, De Vita, rv.

5. Va solo ulteriormente evidenziato, alla luce delle conclusioni rassegnate dal
PG, che il trattamento sanzionatorio è stato correttamente rimodulato dai Giudici
di appello in relazione alla nuova cornice edittale conseguente alla sentenza della
Corte Costituzionale n. 32/2014.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle

favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 10/01/2017

Il Consigliere estensore
Aptonelja 19rS
foluite .(>p(

Il Presidente
Aldo Cavallo
CCAAA- L—

spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro 2.000,00 in

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