Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18915 del 10/01/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 18915 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DO ROBERTO, nato a Darfo Boario Terme il 17/06/1963

avverso la sentenza del 10/02/2015 della Corte di appello di Brescia

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.
Fulvio Baldi, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 10.2.2015, la Corte di appello di Brescia confermava la
sentenza del 24.9.2008 del Tribunale di Brescia, con la quale Do Roberto era stato
dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 73 comma 1 del dpr n. 309/1990
per aver effettuato reiterati acquisti di sostanza stupefacente del tipo cocaina
presso Fettolini Franco e, ritenuta la continuazione con i fatti oggetto della

Data Udienza: 10/01/2017

sentenza del 29.1.2004 della Corte di Appello di Brescia-irrevocabile il 16.3.2004,
condannato alla complessiva pena di anni sette ed euro 19.000,00 di multa.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Do Roberto, per
il tramite del difensore di fiducia, articolando tre motivi di seguito enunciati nei
limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173
comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 268 coma

telefoniche ed ambientali.
Argomenta, con riferimento alle intercettazioni ambientali, che la Corte
territoriale aveva ritenuto adeguato il richiamo alla insufficienza degli impianti
della procura e l’indicazione di una ragione di urgenza in difetto della eccezionalità
della stessa; con riferimento alle intercettazioni telefoniche argomenta che la Corte
territoriale erroneamente poneva a carico dell’appellante l’onere di produrre i
relativi decreti autorizzatori.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla
affermazione della penale responsabilità.
Argomenta che i Giudici di merito fondavano l’affermazione di responsabilità
sul contenuto delle intercettazioni ambientali nn 335-336, offrendo una
motivazione insufficiente in ordine alla identificazione del soggetto chiamato
“Roby” con l’odierno imputato e, comunque, alla natura illecita dell’attività svolta
da quest’ultimo.
Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in ordine al mancato
riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5, dpr n. 309/1990, al
diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche ed alla riduzione
della pena applicata a titolo di aumento sul fatto già giudicato rispetto al quale era
stato ritenuto il vincolo della continuazione.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per genericità.
1.1. Va premesso che: il ricorso per cassazione per violazione delle regole di
cui agli artt. 267 e 268, commi primo e terzo, cod. proc. pen. deve essere
accompagnato, a pena di inammissibilità per genericità, dalla integrale produzione
degli atti asseritamente affetti dai vizi denunciati
Sez.4,n.2394de/13/12/2011,dep.20/01/2012,Rv.251751);

in

tema

di

intercettazioni di comunicazioni, qualora in sede di legittimità venga eccepita

2

3 e 271 cod.proc.pen. per inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni

l’inutilizzabilità dei relativi risultati, è onere della parte, a pena di inammissibilità
del motivo per genericità, indicare specificamente l’atto che si ritiene affetto dal
vizio denunciato e la rilevanza degli elementi probatori desumibili dalle
conversazioni, posto che l’omissione di tali indicazioni incide sula valutazione della
concretezza dell’interesse ad impugnare

(Sez.6, n.13213

del 15/03/2016,

Rv.266774 Sez. 6, n. 18725 del 19/04/2012, Ponzoni).
1.2. Nella, specie, il ricorrente non ha assolto all’onere di allegazione degli atti
ritenuti viziati, né ha evidenziato la rilevanza degli elementi probatori desumibili

posizione, e l’omissione risulta rilevante ai fini della valutazione della concretezza
dell’interesse ad impugnare, stante l’ampiezza ed eterogeneità della base
probatoria.
2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perché avente ad oggetto
censure in fatto.
Il ricorrente, attraverso una formale denuncia di vizio di motivazione, richiede
sostanzialmente una rivisitazione, non consentita in questa sede, delle risultanze
processuali.
Nel motivo in esame, in sostanza, si espongono censure le quali si risolvono
in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione
impugnata, sulla base di diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti,
senza individuare vizi di logicità; ricostruzione e valutazione, quindi, precluse in
sede di giudizio di cassazione (cfr. Sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, De Vita, rv.
235507; sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, Bruzzese, Rv. 235510; Sez. 3, 27.9.2006,
n. 37006, Piras, rv. 235508).
Va ribadito, a tale proposito, che, anche a seguito delle modifiche dell’art.
606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. introdotte dalla L. n. 46 del 2006, art. 8
non è consentito dedurre il “travisamento del fatto”, stante la preclusione per il
giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze
processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez.6,n.27429 del
04/07/2006, Rv.234559; Sez. 5, n. 39048/2007, Rv. 238215; Sez. 6, n. 25255
del 2012, Rv.253099) ed in particolare di operare la rilettura degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, (cfr. Sez. 6, 26.4.2006, n. 22256,
Rv. 234148).
La Corte di Cassazione deve circoscrivere il suo sindacato di legittimità, sul
discorso giustificativo della decisione impugnata, alla verifica dell’assenza, in
quest’ultima, di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole
della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli
appartenenti alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili incongruenze

3

dalle conversazioni, ritenute inutilizzabili, con riferimento specifico alla sua

tra loro, oppure inconciliabili, infine, con “atti del processo”, specificamente indicati
dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di forza esplicativa o
dimostrativa, tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento
svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da
rendere manifestamente incongrua la motivazione (Sez. 4 08/04/2010 n. 15081;
Sez. 6 n. 38698 del 26/09/2006, Rv. 234989; Sez.5, n.6754 del 07/10/2014,
dep.16/02/2015, Rv.262722).
3. il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

1990, art. 73, comma 5, può essere riconosciuta solo nell’ipotesi di minima
offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo,
sia degli altri parametri espressamente richiamati dalla disposizione (mezzi,
modalità, circostanze dell’azione); con la conseguenza che, ove uno di detti indici
risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza
sul giudizio (ex plurimis, sez. un., 24 giugno 2010, n 35737; Sez.4, n.6732 del
22/12/2011, dep.20/02/2012, Rv.251942; Sez.3, n. 23945 del 29/04/2015,
Rv.263651, Sez.3, n.32695 del 27/03/2015,Rv.264490).
Facendo buon governo di tali principi, pertanto, la Corte territoriale ha ritenuto
che il giudice di prime cure avesse correttamente escluso, con riguardo al caso in
esame, l’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73 DPR n. 309/1990, in quanto dagli
atti emergeva sia i4—cfate-44-un ragguardevole dato quantitativo della sostanza
stupefacente che la circostanza dell’inserimento delle condotte di acquisto dello
stupefacente in un contesto di vasto commercio di droga avente ad oggetto partite
consistenti e di diversa tipologia.
La motivazione è congrua e priva di vizi logici e si sottrae al sindacato di
legittimità.
3.2. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’applicazione delle
circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all’assenza
di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi
di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione
delle circostanze in parola; l’obbligo di analitica motivazione in materia di
circostanze attenuanti generiche qualifica, infatti, la decisione circa la sussistenza
delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta (Sez.1, n. 3529
del 22/09/1993, Rv. 195339; sez. 2, n. 38383 del 10.7.2009, Squillace ed altro,
Rv. 245241; Sez.3,n. 44071 del 25/09/2014, Rv.260610).
Inoltre, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, il giudice nel
motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non deve
necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o
sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti; è sufficiente che egli faccia
4

3.1. Questa Corte ha precisato che la fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del

riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o
superati tutti gli altri da tale valutazione , individuando, tra gli elementi di cui
all’art.133 c.p., quelli di rilevanza decisiva ai fini della connotazione negativa della
personalità dell’imputato (Sez.3, n.28535 del 19/03/2014, Rv.259899; Sez.6,
n.34364 del 16/06/2010, Rv.248244; sez. 2, 11 ottobre 2004, n. 2285, Rv.
230691).
L’obbligo della motivazione non è certamente disatteso quando non siano
state prese in considerazione tutte le prospettazioni difensive, a condizione però

considerazioni di maggior rilievo, disattendendo implicitamente le altre. E la
motivazione, fondata sulle sole ragioni preponderanti della decisione non può,
purchè congrua e non contraddittoria, essere sindacata in cassazione neppure
quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori
attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato.
Nella specie, la Corte territoriale, con motivazione congrua e logica, ha negato
la concessione delle circostanze attenuanti generiche a cagione dei precedenti
penali specifici.
Ha, quindi, ritenuto assolutamente prevalente il richiamo, sia pure implicito,
alla personalità negativa dell’imputato, quale emergente dal certificato penale, per
negare l’invocato beneficio (cfr in merito alla sufficienza dei precedenti penali
dell’imputato quale elemento preponderante ostativo alla concessione delle
circostanze attenuanti generiche, Sez.2, n.3896 del 20/01/2016, Rv.265826;
Sez.1, n.12787 del 05/12/1995,Rv.203146).
3.3. La sentenza impugnata, infine, ha fatto corretto uso dei criteri di cui
all’art. 133 c.p., ritenuti sufficienti dalla Giurisprudenza di legittimità, per la
congrua motivazione in termini di determinazione della pena; la Corte territoriale
riguardo alla pena ha richiamato la gravità della condotta ed i precedenti specifici
dell’imputato, così che la pena irrogata, non è stata ritenuta suscettibile di
riduzione.
Va ricordato che, ai fini del trattamento sanzionatorio, è sufficiente che il
giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod.pen.,
quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare la determinazione della
pena; e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una
motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso
giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e
alla personalità del reo, non è censurabile in sede di legittimità se congruamente
motivato. Ciò vale, “a fortiori”, anche per il giudice d’appello, il quale, pur non
dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell’appellante, non è tenuto a
un’analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle

5

che in una valutazione complessiva il giudice abbia dato la prevalenza a

parti, ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia
l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del
diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza
di stretta contestazione (Sez.2, n.19907 del 19/02/2009, Rv.244880; Sez. 4, 4
luglio 2006, n. 32290).
4. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di

ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al
pagamento della sanzione pecuniaria nella misura ritenuta equa indicata in
dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 2.000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.
Così deciso il 10/01/2017

inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA