Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18914 del 25/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18914 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Cala Elmaz, nato a Deiber (Albania) il 01/12/1969

avverso l’ordinanza del 31/07/2013 del Tribunale di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 31/07/2013, il Tribunale di Milano ha rigettato l’istanza
con la quale il difensore di fiducia di Cala Elmaz aveva chiesto il riesame
dell’ordinanza del 13/07/2013 con la quale il Giudice per le indagini preliminari
presso il Tribunale di Lodi aveva applicato, nei suoi confronti, la misura coercitiva
personale della custodia cautelare in carcere perché gravemente indiziato del
delitto di cui all’art. 73, commi 1 e 1-bis, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 per aver
illecitamente detenuto, a fine di cessione a terzi, e per aver effettivamente

Data Udienza: 25/02/2014

ceduto a terzi, imprecisati quantitativi di sostanza stupefacente del tipo cocaina,
fino a quando, il 25 marzo 2013, era stato arrestato perché colto nella flagrante
cessione della sostanza (pari a circa gr. 108,00) ad alcuni degli acquirenti.

2.Ricorre per Cassazione il difensore del Cala chiedendo, nell’interesse del
suo assistito, l’annullamento dell’ordinanza di cui in epigrafe per manifesta
illogicità della motivazione, in relazione all’erronea valutazione sulla sussistenza
dei gravi indizi di colpevolezza, e per mancanza di motivazione sulla esistenza
delle esigenze cautelari, special-preventive e probatorie (art. 606, lett. e, cod.

2.1.Con riferimento al primo motivo, il ricorrente lamenta il fatto che il
Tribunale si è limitato a riassumere il contenuto dell’ordinanza cautelare,
fornendo un’interpretazione del tutto arbitraria ed illogica delle conversazioni
telefoniche intercettate, intercorse con i presunti destinatari della sostanza. Non
è, inoltre, logico dedurre, dalla mancata formale contestazione della sussistenza
di gravi indizi, la accettazione della loro sussistenza, al punto come ha affermato
illribunale, da formare sul punto il cosiddetto giudicato cautelare. Si tratta di
conclusione che il ricorrente non condivide sul rilievo che la valutazione delle
esigenze cautelari costituisce comunque un posterius rispetto alla necessaria
verifica di sussistenza dei gravi indizi.
2.2.Quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari special-preventive il
ricorrente rileva che non è possibile, come ha fatto il Tribunale, desumere la sua
pericolosità sociale dal fatto che in passato aveva riportato alcune condanne
penali e non aveva una regolare attività lavorativa, circostanza quest’ultima
smentita dai CUD 2010 e 2012 e dai prospetti paga relativi agli anni 2009, 2010,
2011 prodotti in sede di udienza di riesame. Le condanne, inoltre / erano risalenti
nel tempo, laddove la moglie del prevenuto ha un lavoro a tempo indeterminato.
Inoltre, i fatti per i quali era stata emessa l’ordinanza cautelare risalivano a circa
un anno prima. Ne consegue – conclude sul punto il ricorrente – che il tribunale
ha fondato la sua decisione solo su dati meramente congetturali.
2.3.Con riferimento alle esigenze probatorie, il ricorrente rileva come
l’individuazione dei complici non è attività investigativa che possa essere
pregiudicata dalla sua libertà posto che le indagini si erano ormai concluse con il
loro arresto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1. Il primo motivo è inammissibile non avendo il ricorrente mai contestato,
in sede di riesame, la sussistenza dei gravi indizi a suo carico. Si legge, infatti,
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proc. pen.).

nell’impugnata ordinanza: «L’istanza di riesame è stata proposta dalla difesa
con riserva dei motivi. All’odierna udienza il difensore con motivi esposti
oralmente, non ha contestato la sussistenza dei gravi indizi ma ha chiesto la
sostituzione della misura in essere con quella degli arresti domiciliari presso
l’abitazione dell’indagato producendo dichiarazione di disponibilità della moglie
del Cala ad accogliere il marito in stato di arresti domiciliari. A tal fine ha dedotto
la difesa producendo documentazione che Cala è soggetto tossicodipendente,
regolarmente presente sul territorio dello Stato ed ha asserito, producendo
documentazione, che Cala ha sempre svolto regolare attività lavorativa (…) La

ordine ai reati di cui alla contestazione cautelare determina la formazione su tale
presupposto del titolo coercitivo del cd. giudicato cautelare».
Il ricorrente non contesta la veridicità di tale affermazione, ma la definisce
illogica poiché il fatto che il difensore non contesti gli indizi in sede di riesame
dovrebbe proprio evitare la formazione del giudicato cautelare, «a
dimostrazione che prima di constare gli indizi, la difesa preferisce acquisire
elementi concreti ed utili in senso contrario, ovvero che vadano a favore del
proprio assistito».
Si tratta di affermazione erronea perché in contrasto con il principio,
affermato da questa Corte e richiamato dal Tribunale di Milano, secondo il quale:
«in tema di motivi addotti a sostegno dell’istanza di riesame avverso il
provvedimento impositivo della misura della custodia cautelare in carcere, se è
vero che l’art. 309, comma sesto, cod. proc. pen. autorizza l’enunciazione dei
motivi in sede di udienza, è anche vero che se il difensore dell’istante, nel
procedimento di riesame, dichiari di non voler porre in discussione i gravi indizi
di colpevolezza, limitando di fatto le proprie deduzioni sulle esigenze cautelari, si
forma il giudicato cautelare sui gravi indizi di colpevolezza. In tal caso, pertanto,
la Corte di cassazione non può prendere in esame i motivi di ricorso che
attengano a tali indizi» (Sez. 6, n. 1998 del 23/02/2000, Russano).
Ne consegue che il motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile
perché non esaminabile da questa Corte.
3.2.Inammissibili, per la stessa ragione, sono anche il secondo ed il terzo
motivo di ricorso.
Osserva, al riguardo, la Corte, che il Tribunale del riesame non è mai stato
investito della sussistenza delle esigenze cautelari, bensì della sola questione
relativO, al rapporto di proporzione tra esigenze cautelari, misura adottata
(custodia cautelare in carcere) e misura invocata (arresti domiciliari). Non è
censurabile, pertanto, sotto il profilo della mancanza di motivazione,
un’ordinanza che non sia comunque tenuta ad affrontare motivi mai dedotti e

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rinuncia della difesa a contestare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in

che vengono demandati, di fatto e per la prima volta, all’esame di questa Corte
di Cassazione.
Né sarebbe ammissibile, in questa sede ed in ipotesi, disporre
l’annullamento dell’ordinanza in questione, con rinvio al Tribunale del riesame
che si troverebbe investito, per la prima volta, di questioni (la sussistenza delle
esigenze cautelari) non tempestivamente proposte dal ricorrente che, a sua
volta, si troverebbe, di fatto e surrettiziamente, rimesso in termini.
Non un solo passo dell’odierno ricorso censura l’ordinanza del Tribunale di
Milano nella parte in cui afferma, con motivazione esauriente e immune da vizi

domiciliari a far fronte alle esigenze cautelari.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., non
potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent.
7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere per lo stesso delle spese del procedimento
nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che
si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro
1000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa
al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente a norma dell’art. 94, comma I-

ter, Disp. Att. c.p.p.
Così deciso il 25/02/2014

logici e giuridici, la inadeguatezza della meno afflittiva misura degli arresti

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