Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18914 del 10/01/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 18914 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ANDOLINA GIUSEPPE, nato a Monza il 16/01/1969

avverso la sentenza del 04/03/2015 della Corte di appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.
Fulvio Baldi, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del
ricorso.

Data Udienza: 10/01/2017

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 04.03.2015, la Corte di appello di Milano in parziale
riforma della sentenza del 26.9.2013 del Tribunale di Monza pronunciata nei
confronti dell’attuale ricorrente Andotina Giuseppe (e del coimputato Bruzzese
Salvatore); che lo aveva riconosciuto responsabile del reato di cui al capo g)
dell’imputazione ritenuta l’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, dpr n. 309/1990,
rideterminava la pena inflitta in anni due e mesi otto di reclusione ed euro 4.000,00

2.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Andolina

Giuseppe, per il tramite del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito
enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto
dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione all’affermazione di responsabilità.
Argomenta che la motivazione della Corte territoriale era avulsa e dissociata
dalle risultanze processuali e si avvaleva di argomentazioni di puro genere, prive
di efficacia dimostrativa dell’assunto da provare.
In particolare, i Giudici di appello non offrivano una motivazione adeguata in
ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi dei reati di acquisto e cessione di
sostanza stupefacente e, cioè, sul consenso formatosi tra le parti in relazione alla
quantità e qualità della sostanza stupefacente e sul prezzo della stessa; inoltre, la
Corte territoriale partiva da premesse sbagliate per giungere a conclusioni errate
nel valutare il quadro probatorio posto a fondamento della ritenuta cessione a
Sorbara/Bruzzese , non approfondiva tutte le questioni di fatto rilevanti e giungeva
ad una ricostruzione impossibile del fatto; inoltre, la decisione si fondava sul
travisamento delle dichiarazioni testimoniali rese dal teste Conte, che non
consentivano di ritenere provato che la sostanza stupefacente fosse stata occultata
sull’auto di Sorbara dopo l’uscita dall’abitazione di Andolina; irrilevante, infine, era
il contenuto della conversazione telefonica n. 621 del 9.12.2011 dal quale non
emergeva alcun elemento per ritenere Andolína responsabile della cessione della
sostanza stupefacente a Bruzzese/Sorbara.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Argomenta che il Giudice di appello aveva denegato la concessione delle
circostanze attenuanti generiche valorizzando gli stessi elementi desunti dall’art.
133 cod,pen. e utilizzati per determinare l’entità della pena; ne conseguiva una
duplice inammissibile valutazione in senso negativo dei medesimi elementi di fatto

2

di multa.

(capacità a delinquere e gravità del reato) che costituiva violazione del ne bis in
idem sostanziale.
Aggiunge che la motivazione in punto di commisurazione della pena era
insufficiente e scarna e non assolveva affatto l’obbligo di giustificazione che grava
sul giudice di merito quando la pena si discosti dai minimi edittali.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorrente, attraverso una formale denuncia di vizio di motivazione, richiede
sostanzialmente una rivisitazione, non consentita in questa sede, delle risultanze
processuali.
Nel motivo in esame, in sostanza, si espongono censure le quali si risolvono
in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione
impugnata, sulla base di diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti,
senza individuare vizi di logicità, ricostruzione e valutazione, quindi, precluse in
sede di giudizio di cassazione (cfr. Sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, De Vita, rv.
235507; sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, Bruzzese, Rv. 235510; Sez. 3, 27.9.2006,
n. 37006, Piras, rv. 235508).
Va ribadito, a tale proposito, che, anche a seguito delle modifiche dell’art.
606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. introdotte dalla L. n. 46 del 2006, art. 8
non è consentito dedurre il “travisamento del fatto”, stante la preclusione per il
giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze
processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez.6,n.27429 del
04/07/2006, Rv.234559; Sez. 5, n. 39048/2007, Rv. 238215; Sez. 6, n. 25255
del 2012, Rv.253099) ed in particolare di operare la rilettura degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, (cfr. Sez. 6, 26.4.2006, n. 22256,
Rv. 234148).
La Corte di Cassazione deve circoscrivere il suo sindacato di legittimità, sul
discorso giustificativo della decisione impugnata, alla verifica dell’assenza, in
quest’ultima, di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole
della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli
appartenenti alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili incongruenze
tra loro, oppure inconciliabili, infine, con “atti del processo”, specificamente indicati
dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di forza esplicativa o
dimostrativa, tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento
svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da
rendere manifestamente incongrua la motivazione (Sez. 4 08/04/2010 n. 15081;

3

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Sez. 6 n. 38698 del 26/09/2006, Rv. 234989; Sez.5, n.6754 del 07/10/2014,
dep.16/02/2015, Rv.262722).
Esso, inoltre, in relazione alla questione di diritto posta con riferimento alla
configurabilità del reato contestato (mancata prova dell’accordo in merito alla
quantità, qualità della sostanza stupefacente e sul prezzo della stessa), non si
correla con le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata che evidenziano
come la condotta illecita di cessione sia stata connotata dall’effettivo trasferimento
della droga dal venditore all’acquirente (confronto doveroso per l’ammissibilità

critica argomentata avverso il provvedimento oggetto di ricorso: Sez. 6, n. 20377
dell’11.3- 14.5.2009 e Sez.6, sent. 22445 dell’8 – 28.5.2009).
Trova dunque applicazione ig, principio, già affermato da questa Corte,
secondo cui, in tema di inammissibilità del ricorso per cassazione, i motivi devono
ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma
altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a
fondamento del provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 dep. 26/06/2013, Sammarco, Rv. 255568).
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
2.1.Secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, il mancato
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente
giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior
ragione dopo la modifica dell’art. 62 bis cod. pen., disposta con il D.L. 23 maggio
2008, n. 92, convertito con modifiche nella L. 24 luglio 2008, n. 125, per effetto
della quale, ai fini della concessione della diminuente non è più sufficiente lo stato
di incensuratezza dell’imputato (Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Rv. 260610).
In ogni caso, la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche,
nella specie, è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, che,
pertanto, è insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv.
242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non
è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle
attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o
sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia
riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o
superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Rv.
249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Rv. 248244).
Non sussiste, inoltre, la dedotta violazione del principio del ne bis in idem.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, ai fini della
determinazione della pena e del diniego delle circostanze attenuanti generiche, il
giudice può tenere conto di uno stesso elemento che abbia attitudine a influire su
4

dell’impugnazione, ex art. 581 c.p.p., perché la sua funzione tipica è quella della

diversi aspetti della valutazione (come avvenuto nella specie), ben potendo un
dato polivalente essere utilizzato più volte sotto differenti profili per distinti fini
senza che ciò comporti lesione del principio del ne bis in idem (Sez.2,n.24995 del
14/05/2015, Rv.264378).
2.2. Con riferimento al profilo della determinazione della pena, infine, va
richiamato il costante insegnamento della giurisprudenza di questa Suprema Corte
(cfr., Sez. 6, n. 9120 del 02/07/1998, Rv. 211582), secondo il quale deve ritenersi
adempiuto l’obbligo di motivazione del giudice di merito sulla determinazione in

ritenuti rilevanti o determinanti nell’ambito della complessiva dichiarata
applicazione di tutti i criteri di cui all’art. 133 cod. pen; nella specie, la Corte
territoriale, con motivazione congrua e logica, ha richiamato il consistente
quantitativo di stupefacente, le modalità della condotta (intraneità dell’imputato
negli ambienti del commercio della droga) ed i numerosi precedenti penali
dell’imputato.
Peraltro, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di
pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze,
necessaria soltanto se- ipotesi che non ricorre nella specie- la pena sia di gran
lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere
sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le
espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come
pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (Sez. 2, n. 36245
del 26/06/2009, Rv. 245596).
3. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al
pagamento della sanzione pecuniaria nella misura ritenuta equa indicata in
dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 2.000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.
Così deciso il 10/01/2017

concreto della misura della pena allorché siano indicati nella sentenza gli elementi

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA