Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18913 del 25/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18913 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Pannizzo Salvatore, nato a Monreale il 04/10/1952

avverso l’ordinanza del 27/09/2013 del Tribunale di Palermo.

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Volpe che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Marco Clementi, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con ordinanza del 27/09/2013 (dep. il 30/09/2013) il Tribunale di Palermo
ha rigettato l’istanza con la quale Pannizzo Salvatore aveva chiesto il riesame del
decreto del 09/09/2013 con il quale il Giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Palermo aveva disposto il sequestro preventivo dell’immobile di
proprietà del Pannizzo stesso, sito in località Caculla del Comune di Monreale.

Data Udienza: 25/02/2014

Si legge dall’ordinanza impugnata che il sequestro era stato adottato,
quanto al fumus, sulla ritenuta sussistenza indiziaria del reato di cui all’art. 44, 6
giugno 2001, n. 380, in relazione alla contestata realizzazione di un manufatto in
totale difformità dal permesso di costruire nr. 2 del 21/01/2011 (difformità
consistenti, in particolare, nella maggiore ampiezza volumetrica del costruito
[mc. 856,10 a fronte dei 198,48 assentiti], nella maggiore altezza dell’immobile
[mt. 3,50 a fronte dei mt. 2,60 assentiti], nella diversità della sagoma); quanto
al periculum, al fine di impedirne l’ulteriore prosecuzione (non essendo i lavori
ancora ultimati all’epoca del sopralluogo: 4 settembre 2013).

affermato che:
1) il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice non deve essere
notificato al difensore, tanto meno spetta a quest’ultimo l’avviso del deposito del
provvedimento;
2) è pienamente utilizzabile la nota investigativa redatta dall’ausiliario di
polizia giudiziaria, non essendo previsto da alcuna norma di legge che la
relazione investigativa riassuntiva debba essere redatta, a pena di sua
inutilizzabilità, da ufficiali di polizia giudiziaria;
3) legittimamente il decreto di sequestro preventivo fa riferimento, per
relationem, alla richiesta del pubblico ministero, atto quest’ultimo estensibile alla
(e conoscibile dalla) parte interessata;
4) dal sopralluogo effettuato dalla polizia giudiziaria era emerso che il
Pannizzo, benché autorizzato a realizzare un corpo di fabbrica costituito da
cantinato e piano terra (per una volumetria complessiva pari a mc. 198,48),
stava realizzando un immobile totalmente diverso per dimensioni (mc. 856,10),
sagoma e altezza (mt. 3,50 invece dei mt. 2,60 previsti nel progetto);
5) i lavori non erano ancora ultimati al momento del sopralluogo posto che il
piano terra era privo di infissi interni ed esterni, il piano cantinato risultava privo
di tompagni esterni ed il porticato era ancora allo stato grezzo.

2.Ricorre per Cassazione, nell’interesse del suo assistito, l’Avv. Marco
Clementi che ha articolato tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo denunzia violazione dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen.,
in riferimento agli artt. 178 cod. proc. pen., 114, disp. att. cod. proc. pen. e 185,
cod. proc. pen.
Eccepisce, in particolare, la nullità del decreto di sequestro perché eseguito
senza che alla parte fosse stato dato l’avviso di cui all’art. 114 disp. att. c.p.p..
Quand’anche si volesse ritenere inapplicabile, al decreto di sequestro
preventivo emesso dal giudice, il disposto di cui all’art. 114 disp. att. cod. proc.
pen., esso certamente andrebbe applicato al sequestro preventivo operato
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Superando i rilievi mossi dal ricorrente, il Tribunale ha (sinteticamente)

d’urgenza dalla polizia giudiziaria, la cui mancanza è causa di nullità che si
riverbera in via mediata sul decreto successivamente disposto dal giudice.
Peraltro, il Tribunale di Palermo ha ritenuto di rigettare l’eccezione aderendo ad
un orientamento giurisprudenziale contrapposto a quello cui aveva fatto richiamo
la difesa, senza dar conto delle ragioni di questa scelta.
2.2.Con il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 606, lett.

b), cod.

proc. pen., in riferimento all’art. 321, cod. proc. pen.
Il GIP aveva utilizzato un modulo pre-stampato contenente vuote, ed
incolmabili, formule di stile. In particolare, mentre per il fumus aveva adottato

omesso ogni motivazione.
2.3. Con il terzo motivo denunzia violazione dell’art. 606, lett. b), cod. proc.
pen., in riferimento all’art. 191 cod. proc. pen..
Il decreto, sostiene il ricorrente, fonda il suo percorso argomentativo su una
nota informativa della polizia giudiziaria alla quale era allegata una relazione
tecnica di sopralluogo congiunto, non utilizzabile perché redatta da un privato
geometra che non rivestiva la qualifica di organo di polizia giudiziaria, né di
consulente tecnico del PM. Il giudice – conclude il ricorrente – può fondare il
proprio convincimento solo su dati oggettivi costituiti da rilievi eseguiti
esclusivamente dalla polizia giudiziaria. La non utilizzabilità endoprocedimentale
della suddetta nota fa venir meno la sussistenza del fumus.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Sono infondati il primo ed il terzo motivo di ricorso; è fondato il secondo.
3.1. Quanto al primo motivo di ricorso, questa Corte non può che ribadire
quanto già recentemente affermato con sentenza di questa stessa Sezione, n.
45321 del 17/10/2013, Messina, secondo la quale «in materia di sequestro
preventivo, non sussiste l’obbligo di dare previo avviso al difensore di fiducia
circa l’esecuzione del sequestro, né quello di avvertire l’indagato della facoltà di
farsi assistere da un difensore di fiducia, posto che le norme di cui agli artt. 356
e 364 cod. proc. pen. e 114 disp. att. cod. proc. pen. riguardano esclusivamente
il sequestro probatorio e non possono essere estese al preventivo, data la
diversità delle esigenze presidiate». Deve in ogni caso essere qui ribadito,
ricordando quanto già riportato nella motivazione della sentenza testé citata e la
giurisprudenza in essa richiamata, che «nel giudizio di riesame del sequestro
preventivo eseguito d’urgenza dalla polizia giudiziaria, non possono proporsi
questioni relative all’avvenuta convalida, in quanto oggetto esclusivo del riesame
è il provvedimento di sequestro emesso dal giudice, l’unico che legittima la
misura cautelare, perché una volta che il G.I.P. abbia ritenuto sussistere gli

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una motivazione per relationem, con riferimento al periculum aveva totalmente

estremi per l’emissione del decreto di sequestro preventivo, ogni questione
relativa alla convalida di quello disposto in via d’urgenza risulta priva di attualità
essendo, quest’ultimo, un provvedimento precario, destinato o ad essere
implicitamente caducato ovvero ad essere sostituito dal decreto del giudice (cfr.
Sez. 3, n. 11671, 23 marzo 2011; SS.UU. n. 21334, 7 giugno 2005). L’avviso
previsto dall’art. 114 disp. att. c.p.p. ha lo scopo di consentire all’indagato, pur
nell’imminenza di atti urgenti di polizia giudiziaria, di usufruire dell’assistenza di
un difensore e non ha dunque alcuna correlazione con il decreto di sequestro
preventivo oggetto di riesame perché riguarda quella fase precedente che la

324 c.p.p.>>.
Il contrario orientamento cui fa riferimento il ricorrente fonda su due soli
precedenti (Sez. 3, n. 36597 del 04/04/2012, Giarletta; Sez. 3, n. 20168 del
27/04/2005, Fazzio) che, tuttavia, non considerano che, in ipotesi, l’eventuale
nullità della fase pre-cautelare reale comporterebbe la nullità, derivata, del solo
decreto di convalida del giudice, non anche del successivo decreto di sequestro
preventivo. Quest’ultimo, come ogni misura cautelare (personale o reale)
emessa dal giudice a seguito di convalida di provvedimento pre-cautelare, non si
pone in relazione di connessione essenziale con la fase antecedente ed è dotato
di propria autonomia, funzionale e strutturale, che lo rende impermeabile alle
vicende precedenti ma scrutinabile solo in relazione ai presupposti legittimanti la
sua emissione (sussistenza, secondo gradi di crescente gravità indiziaria, del
reato e delle esigenze cautelari reali o personali). L’eventuale nullità degli atti
assunti di iniziativa dalla polizia giudiziaria, infatti, può comportare la non
convalida dell’atto, ma non potrebbe mai incidere sul successivo provvedimento
di competenza del giudice (cfr. sul punto, Sez. U, n. 17 del 14/07/1999,
Salzano).
Il presidio posto dall’art. 114, disp. att. cod. proc. pen., alle garanzie
difensive dell’indagato in caso di (solo) sequestro probatorio eseguito d’iniziativa
dalla polizia giudiziaria, si spiega, dunque, con il fatto che – diversamente da
quanto accade in caso di sequestro preventivo – il decreto di convalida del
pubblico ministero è sufficiente a mantenere il vincolo reale sul bene, non
essendo necessaria l’adozione di ulteriori provvedimenti. Ed infatti, in questi casi,
è lo stesso legislatore a prevedere la possibilità, per l’interessato, di sottoporre
direttamente a riesame il decreto di convalida del PM e di far valere, in quella
sede, eventuali nullità relative alla fase della convalida.
3.2. Infondato è anche il terzo motivo di ricorso.
E’ sufficiente rilevare che, in un sistema processuale che ripudia le prove
legali quale mezzo esclusivo di conoscenza del giudice ed è piuttosto ispirato al
principio della loro atipicità, la rappresentazione descrittiva di un fatto, perché
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menzionata giurisprudenza ritiene sottratta al procedimento disciplinato dall’art.

possa assumere portata evocativa in sede processuale e poiché destinata a
trasformarsi in prova testimoniale (quando non documentale), non
necessariamente deve provenire da un agente o ufficiale di polizia giudiziaria.
Chiunque, anche il quisque de populo, può eseguire rilievi fotografici e
descrittivi di luoghi, cose e persone ed essere chiamato a testimoniare su quanto
oggetto della sua percezione, né l’art. 234 cod. proc. pen. fa eccezioni di sorta a
seconda che il rilievo descrittivo e fotografico sia contenuto in un documento
formato dal privato piuttosto che dalla polizia giudiziaria.

tecnica proveniente da persona che abbia le relative competenze, tanto più se,
come nel caso in esame, si tratta addirittura di un ausiliario di polizia giudiziaria
e se la sua nota sia stata redatta congiuntamente alla stessa polizia giudiziaria.
3.3. E’ invece fondato il secondo motivo di ricorso.
Va preliminarmente ricordato che avverso le ordinanze emesse a norma
degli artt. 322-bis e 324 cod. proc. pen., il ricorso per Cassazione è ammesso
solo per violazione dì legge.
Come già spiegato da questa Corte «in tema di riesame delle misure
cautelari reali, nella nozione di “violazione di legge” per cui soltanto può essere
proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen.,
rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione
meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme
processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di
legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla
lett. e) dell’art. 606 stesso codice>> (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004; si vedano
anche, nello stesso senso, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, e Sez. U,
n. 5 del 26/02/1991, Bruno, nonchè, tra le più recenti, Sez. 5, n. 35532 del
25/06/2010, Ange(ini; Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, Chiesi; Sez. 6, n. 20816
del 28/02/2013, Buonocore).
Motivazione assente (o materiale) è quella che manca fisicamente (Sez. 5,
n. 4942 del 04/08/1998, Seana; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini) o
che è graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, Buzi);
motivazione apparente, invece è solo quella che «non risponda ai requisiti
minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è
fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in
relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti>> (Sez. 1, n. 4787 del
10/11/1993, Di Giorgio), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o
moduli a stampa (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994, Ca(daras; Sez. 4, n. 520 del
18/02/1999, Reítano; Sez. 1, n, 43433 dell’8/11/2005, Costa; Sez. 3, n. 20843,
del 28/04/2011, Saitta) o di ricorso a clausole di stile (Sez. 6, n. 7441 del
13/03/1992, Bonati; Sez. 6, n. 25361 del 24/05/2012, Piscopo) e, più in
5

Ne consegue che certamente può essere pienamente utilizzata una relazione

generale, quando la motivazione dissimuli la totale mancanza di un vero e
proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la
decisione.
Al riguardo va osservato che, soggezione dei giudici soltanto alla legge (art.
101, comma 2, Cost.), esercizio della funzione giurisdizionale da parte di
magistrati autonomi e indipendenti (artt. 102, 104 e 106 Cost.), attuazione della
giurisdizione mediante il giusto processo regolato per legge (art. 111, comma 1,
Cost.), obbligo di motivazione di tutti i provvedimenti giurisdizionali (art. 111,
comma 6, Cost.), controllo esercitabile dalla Corte di cassazione su tutte le

pronunciati dagli organi giurisdizionali (art. 111, comma 7, Cost.), sono valori
che qualificano, sul piano processuale, il quomodo della giurisdizione, e che sono
posti, sul piano sostanziale, a presidio e garanzia del principio di legalità e, con
specifico riferimento alla materia penale, del principio di riserva assoluta di legge
(art. 25, comma 2, Cost.), nonché dell’inviolabilità della libertà personale (art.
13 Cost.), del domicilio (art. 14 Cost.), della libertà e segretezza della
corrispondenza (art. 16 Cost.), del diritto di difesa (art. 24 Cost.).
In questo contesto, la motivazione assolve all’onere di chiarire se, e come,
la regola generale e astratta (la legge, in senso lato) sia stata esattamente
applicata al caso concreto e di evitare, attraverso il controllo di merito e, infine,
di legittimità, che essa non affondi le sue radici in una volontà diversa da quella
della legge cui il giudice è soggetto; essa assolve all’onere di spiegare perché il
diritto inviolabile ha potuto esser compresso, se ed in che modo sia stato
rispettato il diritto di difesa, se ed in che modo l’esercizio di tale diritto abbia
potuto contribuire a confezionare la regola del caso concreto.
In questo senso, la finta motivazione è l’abdicazione del giudice al suo
dovere principale, é la negazione della sua funzione di garanzia, connaturale alla
sua indispensabile terzietà, è una porta chiusa frapposta a ogni tipo di controllo,
che non consente di ripercorrere la via che collega la regola astratta al fatto
esaminato.
Date queste premesse, si è coerentemente affermato che «la motivazione
“per relationem” di un provvedimento giudiziale è da considerare legittima
quando: 1)- faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto
del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di
giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2)- fornisca la
dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle
ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti
con la sua decisione; 3)- l’atto di riferimento, quando non venga allegato o
trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall’interessato o
almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio
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sentenze e su tutti i provvedimenti che incidono sulla libertà personale

della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e,
conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o
dell’impugnazione>> (Sez. U, nr. 17 del 21/06/2000).
Perché dunque possa parlarsi di motivazione “per relationem” è necessario
che il giudice abbia comunque svolto un controllo effettivo delle ragioni di fatto e
diritto che giustificano l’adozione del suo provvedimento e che quest’ultimo rechi
le tracce intellegibili del suo reale apporto intellettivo.
Non importa come ciò possa avvenire; non vi sono formule minime la cui
osservanza possa preservare sempre e comunque il provvedimento da vizio di

provvedimento si possa affermare che un controllo v’è stato, giusto o sbagliato
che sia.
Tanto è rilevante l’onere motivazionale, quale momento pregnante della
giurisdizione ed atto esclusivo del giudice che la deve redigere, che, quando la
motivazione manchi del tutto, il tribunale del riesame non può sanare l’atto
viziato integrandolo con la propria motivazione, ma deve semplicemente
prendere atto della irrimediabile nullità (Sez. 3, n. 33753 del 15/07/2010, Lteri
Lulzim; Sez. 6, n. 25631 del 24/05/2012, Piscopo).
Nel caso in esame il decreto di sequestro preventivo risulta redatto su
modulo prestampato che non indica affatto, nemmeno in modo sintetico, le
ragioni per le quali il Giudice per le indagini preliminari ha ritenuto di accogliere
la richiesta del Pubblico Ministero, essendosi limitato ad un generico, quanto
apodittico, rinvio agli atti di indagine e non avendo affatto indicato le ragioni del
periculum.
Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio
essendo nullo anche l’originario decreto di sequestro preventivo.
Dall’annullamento derivano gli adempimenti di cui all’art. 626, cod. proc.
pen..

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nonché il decreto di sequestro
preventivo emesso dal GIP in data 9/09/2013 e ordina la restituzione di quanto
in sequestro in favore dell’avente diritto.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 cod. proc. pen..
Così deciso il 25/02/2014

totale mancanza di motivazione. Quel che conta è che dall’esame del

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