Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18913 del 10/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 18913 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
MARTORANA ALFONSO nato il 06/02/1964, avverso l’ordinanza del
25/10/2012 del Tribunale di Caltanissetta;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona della dott.ssa Maria Giuseppina
Fodaroni che ha concluso per il rigetto;
udito il difensore avv.to Giuseppe Panepinto che ha concluso per
l’accoglimento
FATTO
1. Con ordinanza del 01/10/2012, il g.i.p del tribunale di
Caltanissetta applicava a MARTORANA Alfonso la misura della custodia
cautelare in carcere in quanto indagato per i delitti di frode informatica
aggravata ex u.c. 640 ter cod. pen., nonché di peculato ex art. 314 cod.
pen., nell’ambito di un più ampio procedimento per il quale si
procedeva, nei confronti di altri coimputati, anche per il reato di cui
all’art. 416 bis cod. pen,

Data Udienza: 10/04/2013

2. A seguito di istanza di riesame proposta dall’indagato, l’adito
tribunale di Caltanissetta, con ordinanza del 25/10/2012, annullava
l’ordinanza di custodia cautelare limitatamente al capo

XIX)

dell’imputazione (art. 314 cod. pen.) e sostituiva, relativamente al
custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari.
3. Avverso la suddetta ordinanza, l’indagato a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti
motivi:
3.1.

VIOLAZIONE DELL’ART.

640

TER COD. PEN.:

sostiene il ricorrente

che, in relazione al suddetto reato, gli indizi a suo carico non sarebbero
sufficienti. Egli, infatti, aveva escluso di avere mai avuto alcuna
conoscenza dell’elusione da parte del concessionario della quota di
giocate in favore dei Monopoli di Stato. Inoltre, le alterazioni apportate
alle apparecchiature sequestrate non consentono semplicisticamente di
ritenere che l’alterazione comporti automaticamente che
l’apparecchiatura, una volta modificata, possa rientrare nel novero di
quelle disciplinate dal comma sesto del TULPS. Piuttosto, secondo il
ricorrente, rientravano in quella di azzardo che non avrebbero mai
potuto ottenere l’omologazione del Ministero non presentando i requisiti
di cui all’art. 110/6 TULPS: dal che conseguiva che nessun danno la
suddetta truffa avrebbe mai potuto cagionare allo Stato. Da qui
l’erroneità della contestata aggravante di cui all’art. 640 ter/2 cod. pen.
3.2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

274

COD. PROC. PEN..

sostiene il ricorrente

che non sussistevano le esigenze cautelari in quanto: a) essendo stati
gli apparecchi elettronici sequestrati ed affidati ad un Amministratore
giudiziario, la condotta non avrebbe potuto essere reiterata; b) la
misura applicata era eccessiva anche in considerazione del fatto che ad
altri gestori, per la stessa situazione, era stata applicata la più blanda
misura della interdizione; c) la circostanza che esso ricorrente si era
mostrato solidale con l’attività illecita gestita dagli Allegro, era il frutto di
un’interpretazione malevola e distorta delle intercettazioni; d) esso
ricorrente si era mostrato collaborativo e nessuna rilevanza poteva

2

restante capo d’imputazione (artt. 640 ter cod. pen.), la misura della

rivestire il precedente per frode nell’esercizio del commercio; e) le
indagini erano quasi ultimate.
DIRITTO
640 TER COD. PEN.: la censura è infondata.

In punto di fatto, il tribunale, ha ricostruito la vicenda
processuale nei seguenti termini: ««Preliminarmente, al fine di meglio

inquadrare la condotta in contestazione, occorre osservare come il Tulps
preveda, all’art. 110, due distinte categorie di apparecchi da gioco: la
prima, di cui al comma 6°, relativa ad apparecchi da gioco che
producono vincite, per i quali è prevista l’emissione, da parte
dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, di nulla asta alla
distribuzione e alla messa in esercizio, nonché un collegamento
telematica che consenta all’Amministrazione di rilevare il volume di
gioco e determinarne la tassazione; la seconda, prevista dal comma 7 0,
riguarda invece apparecchi senza premi, incentrati sull’abilità del
giocatore e assoggettati ad imposte versate forfettariamente. Le
macchine sequestrate erano essenzialmente di tre tipologie:

slot

machine, distributori di chewing gum e chioschi net shop. All’interno di

ognuno di tali apparecchi sono state rinvenute schede che consentivano
due distinte tipologie di giochi: gioco di abilità, con cui la macchina si
avviava automaticamente (corrispondente ai giochi ricom presi nella
categoria di cui al comma 7 0 tulps per la quale gli apparecchi erano
regolarmente autorizzati) e slot machine irregolare, che si avviava solo
dopo la pressione di una combinazione di tasti che variava da
apparecchio ad apparecchio (e che rientrerebbe nella diversa categoria
di cui al comma 6° tulps). In ordine alle slot il consulente del p.m.
accertava che tutte le macchine non corrispondevano ai requisiti di cui
al comma 7°, art. 110 tulps bensì rientravano nella diversa tipologia di
cui al comma 6°. Tuttavia, pur corrispondendo alle caratteristiche di cui
al comma 60 del citato articolo, trattandosi di apparecchi manomessi
ovviamente le macchine non rispettavano neppure i criteri di regolarità
prescritti dal diverso comma 6°, mancando del tutto il collegamento ai

3

1. VIOLAZIONE DELL’ART.

,M1t3 ,1

71

3T.1

IF7A1,

Monopoli di Stato (obbligatorio per tali tipi di macchine, proprio al fine di
garantire il controllo da parte dell’AAMS sul numero di giocate e sulla
percentuale di vincite destinate allo Stato) e non rispettando nella gran
parte la percentuale di vincite da erogare agli utenti, pari per legge al
quindi che la maggior parte delle macchine, anziché riprodurre giochi di
abilità con costo per partita non superiore a 50 centesimi di euro,
raffiguravano slot machine con rulli virtuali, giochi caratterizzati da
completa aleatorietà e, quindi, non correlati all’abilità del giocatore,
nonché con erogazione delle vincite in maniera esterna alla macchina,
atteso che i punti vinti venivano convertiti in denaro ed annotati nei
quaderni pure oggetto dei sequestri o in foglietti di carta trovati
all’interno degli apparecchi. Inoltre, il numero di partite per ciascun
giocatore risultava illimitato con possibilità di vincite di molto superiori a
quelle consentite per legge. Pertanto, è indubbio che gli apparecchi di
proprietà dell’Allegro Matteo e dallo stesso affidati in gestione ai diversi
esercizi nisseni fossero stati modificati così da non rispettare i requisiti
di cui all’art. 110, comma 7 0 del tulps, bensì riproducendo una categoria
di giochi che rientrerebbero nella categoria di cui al comma 6° del
medesimo articolo, in questo caso, però, venendo meno il necessario
collegamento delle macchine con la rete dell’AAMS, funzionale a
garantire il controllo da parte dello Stato del flusso e del numero
effettivo di giocate e di vincite totalizzate, al fine di verificare che il
titolare della concessione versi allo Stato la percentuale dovuta a titolo
di imposta (PREU), pari al 13,5 % delle somma giocate. Tale
collegamento in rete consente, pertanto, di monitorare l’attività di gioco
che lo Stato affida a terzi in concessione, e di riscontrare le tasse
effettivamente versate all’Erario».
Il ricorrente, come si è visto, innanzitutto, contesta di avere
avuto la consapevolezza dell’elusione da parte del concessionario della
quota di giocate in favore dei Monopoli di Stato: il che, però, mal si
concilia con l’affermazione del tribunale secondo il quale «in sede di

interrogatorio di garanzia il Martorana ha sostanzialmente ammesso di
essere stato consapevole che le macchinette di proprietà dello Allegro

4

75% su un ciclo di 140.000 partite. […] Da quanto analizzato è emerso

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Matteo […] consentivano a lui stesso e al gestore maggiori guadagni,
sottratti alla quota di vincita che doveva essa devoluta al giocatore
cfr pag. 1 ordinanza.
Il ricorrente, poi, contesta la configurabilità del reato con la

Al che va replicato che, nella presente fase cautelare, è richiesta
la sola sussistenza dei sufficienti indizi di colpevolezza e non la prova
piena della colpevolezza. Sul punto, la motivazione del tribunale è
amplissima, trova un sicuro riscontro nella giurisprudenza di questa
Corte di legittimità (Cass. 27135/2010), sicchè la problematica sollevata
dal ricorrente, anche perché involge delle quaestio facti, allo stato, deve
ritenersi inconferente.

2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

274

COD. PROC. PEN.:

la suddetta censura è

fondata.
Il Tribunale ha desunto la sussistenza del rischio di reiterazione
di reati della medesima specie, dalla condotta pregressa e dal fatto che
«continua ad operare nel settore merceologico che ha reso possibile la
realizzazione del delitto contestato» essendo «concreto ed attuale il
pericolo che egli possa entrare in collegamento con altri soggetti
operanti nel medesimo settore dei giochi [.„]».
In punto di diritto, va innanzitutto, rammentato che «Il principio
di proporzionalità, al pari di quello di adeguatezza, opera come
parametro di commisurazione delle misure cautelari alle specifiche
esigenze ravvisabili nel caso concreto, tanto al momento della scelta e
della adozione del provvedimento coercitivo, che per tutta la durata
dello stesso, imponendo una costante verifica della perdurante idoneità
della misura applicata a fronteggiare le esigenze che concretamente
permangano o residuino, secondo Il principio della minor compressione
possibile della libertà personale»: SSUU 16085/2011 Rv. 249324.
Applicando il suddetto principio alla concreta fattispecie, la
motivazione del Tribunale va stigmatizzata per le ragioni di seguito
indicate.

5

motivazione illustrata nella presente parte narrativa.

917111,7^

Il pericolo di reiterazione del reato è una prognosi negativa sul
futuro comportamento che il giudice presume l’indagato continuerà a
tenere: di conseguenza, il comportamento pregresso dell’indagato non
può assumere una valenza di per sé esclusiva in mancanza di altri

Il tribunale, ben conscio del suddetto principio, ha, però,
aggiunto che il ricorrente, continuando ad operare nello stesso settore
merceologico, pur non avendo più rapporti con i coindagati, tuttavia
potrebbe «entrare in collegamento con altri soggetti operanti nel
medesimo settore dei giochi […]»: l’osservazione, in sé e per sé, è

corretta, ma manca di ogni riscontro sia pure a livello indiziarlo, avendo
il tribunale espresso un’opinione del tutto apodittica senza fornire alcuna
spiegazione. Il che rende la motivazione manifestamente illogica sicchè,
sul punto, l’ordinanza, dev’essere annullata con rinvio al tribunale per
nuovo esame sul punto.

PQM
ANNULLA
Il provvedimento impugnato limitatamente alle esigenze cautelari con
rinvio al tribunale di Caltanissetta per nuovo giudizio sul punto
RIGETTA
nel resto
Roma 10/04/2013

ulteriori elementi fattuali che corroborino la negativa prognosi.

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