Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18912 del 08/11/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18912 Anno 2018
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Sciotto Salvatore, nato a Gualtieri Sicaminò il 10/10/1951,

avverso l’ordinanza del 01/03/2017 del G.i.p. del Tribunale di Barcellona Pozzo di
Gotto;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
lette le richieste scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Piero Gaeta, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.11 sig. Salvatore Sciotto ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del
01/03/2017 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Barcellona
Pozzo di Gotto che, decidendo sulla richiesta di archiviazione del procedimento
penale iscritto a suo carico per il reato di cui all’art. 44, lett. b), d.P.R. n. 380 del
2001, ha ordinato la restituzione degli atti al pubblico ministero per lo
svolgimento, nei successivi novanta giorni, di ulteriori indagini (nello specifico

Data Udienza: 08/11/2017

una consulenza tecnica e ogni altro approfondimento che, all’esito, si rendesse
utile).
1.1.Con unico motivo, denunciando la abnormità del provvedimento
impugnato, eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b) e c), cod. proc. pen., la
violazione degli artt. 111, Cost. e 409, cod. proc. pen.. Lamenta, a tal fine, che
la disposta integrazione delle indagini non poteva riguardare persone estranee
alle indagini e riguardare fatti diversi da quelli inizialmente ipotizzati.

2.11 ricorso è inammissibile.

3.Secondo il costante orientamento di questa Corte, unico soggetto
legittimato ad impugnare il provvedimento del giudice per le indagini preliminari
che respinge la richiesta di archiviazione e dispone la formulazione
dell’imputazione è il pubblico ministero cui l’ordine è diretto e la cui eventuale
volontà di adeguarsi a tale ordine, nella sua veste di titolare esclusivo dell’azione
penale, non potrebbe in alcun modo essere pregiudicata dall’iniziativa di un
terzo, quale, nei rapporti che si instaurano tra pubblico ministero e giudice per le
indagini preliminari nel procedimento di archiviazione, deve considerarsi ogni
altro soggetto, ivi compresa la persona sottoposta a indagini, salvo che non si
tratti dell’esercizio di poteri e facoltà espressamente conferiti dalla legge (Sez. 3,
n. 15251 del 14/12/2’16, dep. 2017, De Bosini, Rv. 269649; Sez. 5, n. 6807 del
21/01/2015, Rv. 262688; Sez. 4, n. 10877 del 20/10/2012, Rossi, Rv. 251986;
Sez. 5, n. 6807 del 21/01/2015, Rv. 262688; Sez. 5, n. 29186 del 30/06/2010,
Malgarini, n.m.).
3.1.Nel corso della stesura della motivazione della presente sentenza,
questa Corte, con ordinanza n. 57598 del 27/12/2017, ha rimesso alle Sezioni
Unite penali il seguente quesito di diritto: «se sia ricorribile per cassazione,
dalla persona sottoposta ad indagine, il provvedimento del giudice per le indagini
preliminari che, non accogliendo l’archiviazione, disponga ai sensi dell’art. 409,
comma 5, cod. proc. pen., che il pubblico ministero formuli l’imputazione per un
reato diverso da quello oggetto della richiesta di archiviazione». La questione è
circoscritta alla sola eventualità, del tutto diversa da quella odierna, che la cd.
“imputazione coatta” riguardi un fatto diverso da quello oggetto di richiesta. Ne
consegue che l’indirizzo sin qui unanimemente seguito dalla giurisprudenza di
questa Corte (e richiamato anche dal PG nella sua requisitoria scritta) resta
fermo ove vi sia identità tra il fatto oggetto di richiesta di archiviazione e quello
oggetto del provvedimento del giudice chiamato a pronunciarsi.

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CONSIDERATO IN DIRITTO

3.2.Tale indirizzo può essere esteso, per identità di “ratio”, anche al caso in
cui il G.i.p. indichi al pubblico ministero le ulteriori indagini da compiere ai sensi
dell’art. 409, comma 4, cod. proc. pen., sopratutto quando, come nel caso di
specie, tali indagini riguardano anche la persona sottoposta alle indagini e lo
specifico fatto ad essa ascritto. In ogni caso, il ricorrente non è certamente
legittimato a impugnare il provvedimento nella parte che non lo riguarda
direttamente.
3.3.Nel caso in esame, il giudice ha motivato la necessità degli ulteriori

profili di possibile rilevanza penale della vicenda, non solo per il reato ipotizzato
nei confronti dell’odierno indagato, ma anche per converso, la possibilità che
degli elementi penalmente rilevanti rivestano l’operato di altri soggetti coinvolti,
trattandosi di accadimenti di notevole complessità valutativa, protratti per un
significativo lasso temporale; ciò determina non solo l’utilità ma la necessità di
una consulenza tecnica che possa fornire un contributo di apprezzamento per la
sua ricognizione, non potendosi, allo stato, esprimere un giudizio di assoluta
insufficienza degli elementi disponibili per l’eventuale sostenibilità dell’accusa in
giudizio».
3.4.Appare chiaro che i ‘profili di possibile rilevanza penale della vicenda’
riguardano anche il reato di cui all’art. 44, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001
ipotizzato a carico dell’odierno ricorrente ed in ordine al quale il giudice afferma
con chiarezza come sia impossibile esprimere un giudizio di attuale insostenibilità
dell’accusa. La decisione impugnata è dunque del tutto fisiologica e in linea con il
potere di controllare l’inazione del pubblico ministero attribuito al giudice dall’art.
409, cod. proc. pen. e del quale l’ordinanza impugnata costituisce legittima
manifestazione. Ogni ulteriore divagazione sulle ragioni di fatto a sostegno della
mancata condivisione, nel merito, della decisione impugnata, esula dalla
cognizione di questa Corte non appartenendo all’economia delle questioni
deducibili in sede di legittimità.
3.5.E’ affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità
e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ma
anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si
esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni
ragionevole limite. L’abnornnità dell’atto processuale può riguardare tanto il
profilo strutturale, allorché l’atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del
sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando
esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e
l’impossibilità di proseguirlo (Sez. U, n. 17 del 10/12/1997 – dep. 1998 – Di
Battista; Sez. U, n. 26 del 24/11/1999 – dep. 2000 – Magnani).

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incombenti istruttori dando atto della «sussistenza di numerosi e complessi

3.6.Ne consegue che, al di là della legittimazione del ricorrente, il
provvedimento impugnato non può comunque essere definito abnorme.

4.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod.
proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente
(C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento
nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che
si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di C

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 08/11/2017.

2.000,00.

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